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Permesso premio: negato se la rielaborazione è parziale

La Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un detenuto contro il diniego di un permesso premio. La Corte ha ritenuto corretta la decisione del Tribunale di Sorveglianza, basata sulla persistente pericolosità sociale del soggetto, nonostante alcuni progressi. La gravità dei reati e una rielaborazione critica solo parziale sono stati elementi decisivi per negare il beneficio.

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Pubblicato il 8 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Permesso Premio Negato: La Cassazione Sottolinea l’Importanza della Rielaborazione Critica

Il permesso premio rappresenta uno strumento fondamentale nel percorso rieducativo del condannato, un ponte tra la detenzione e il graduale reinserimento nella società. Tuttavia, la sua concessione non è automatica ma subordinata a una valutazione complessa e approfondita della personalità del detenuto. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito questo principio, confermando il diniego di un permesso a un detenuto per reati di grave entità, nonostante alcuni progressi comportamentali. L’analisi della Corte chiarisce come la rielaborazione critica del proprio passato criminale e il superamento della pericolosità sociale siano requisiti imprescindibili.

I Fatti del Caso

Un uomo, detenuto per omicidio e tentato omicidio, presentava reclamo al Tribunale di Sorveglianza avverso il diniego di un permesso premio. In sua difesa, sosteneva che la decisione fosse prematura e non tenesse conto della sua evoluzione positiva, evidenziata anche dalla concessione di permessi temporanei per gravi eventi familiari. Secondo il ricorrente, il giudice si era concentrato unicamente sulla gravità dei reati commessi in passato, ignorando i progressi nel percorso di trattamento.

Il Tribunale di Sorveglianza, tuttavia, aveva respinto il reclamo. Nella motivazione, pur riconoscendo un miglioramento nella capacità di gestire gli impulsi aggressivi, sottolineava come il percorso di rielaborazione critica non fosse ancora giunto a un livello tale da escludere la concreta pericolosità sociale del soggetto. Di fronte a questa decisione, il detenuto proponeva ricorso per cassazione, lamentando un’erronea applicazione della legge e un vizio di motivazione.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo la motivazione del Tribunale di Sorveglianza non solo adeguata ma anche immune da vizi logici o giuridici. La Cassazione ha chiarito che il ricorso del detenuto mirava a una rivalutazione dei fatti, un’operazione preclusa in sede di legittimità.

La Valutazione Complessiva e il Rischio di Recidiva

Il punto centrale della decisione è che la valutazione per la concessione del permesso premio non può limitarsi a constatare l’assenza di infrazioni disciplinari recenti o alcuni progressi. Deve, invece, essere un giudizio complessivo che bilanci diversi fattori. Nel caso specifico, il Tribunale aveva correttamente ponderato:

1. La particolare gravità dei fatti: I reati di omicidio e tentato omicidio costituiscono un punto di partenza ineludibile nella valutazione della pericolosità.
2. La rielaborazione critica parziale: Era emerso che i profili di autocritica del detenuto erano ancora parziali e in fase di evoluzione, non ancora consolidati.
3. L’impulsività residua: Il contesto di accentuata impulsività del soggetto rappresentava un ulteriore elemento di rischio.

La Corte ha quindi affermato che il giudizio del Tribunale si basava correttamente sugli esiti dell’osservazione scientifica della personalità, e non era pertanto sindacabile in Cassazione.

La Gradualità del Percorso Trattamentale

Richiamando un suo costante orientamento, la Corte ha ribadito un principio fondamentale in materia di benefici penitenziari: l’emersione di singoli indici di ravvedimento non è, di per sé, sufficiente a giustificare la concessione di un beneficio. Ciò che conta è la progressività e la gradualità dei risultati del trattamento. Un percorso rieducativo è, per sua natura, un processo lungo e non lineare. Una concessione prematura del permesso, senza un’adeguata maturazione e una profonda revisione critica del proprio vissuto criminale, potrebbe compromettere il percorso stesso e creare un rischio per la collettività.

Le Conclusioni

La sentenza in commento consolida l’interpretazione rigorosa dei presupposti per la concessione del permesso premio. La decisione non è un mero automatismo legato alla buona condotta, ma il risultato di una prognosi complessa sulla residua pericolosità sociale del condannato. La Corte di Cassazione, dichiarando inammissibile il ricorso, ha confermato che la gravità dei reati e una rielaborazione critica non ancora completa sono elementi sufficienti a giustificare un diniego, anche in presenza di alcuni segnali positivi. La sicurezza della collettività e la necessità di un percorso rieducativo effettivo e graduale rimangono i pilastri su cui si fonda la valutazione del giudice di sorveglianza.

È sufficiente mostrare un progresso nel comportamento per ottenere un permesso premio?
No, la sentenza chiarisce che la sola emersione di indici di ravvedimento non è di per sé determinante. È necessario valutare la progressività e la gradualità dei risultati del percorso di rieducazione nel suo complesso.

Perché il ricorso del detenuto è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché tendeva a una nuova valutazione dei fatti, operazione non consentita in sede di Cassazione. La Corte ha ritenuto che la motivazione del Tribunale di Sorveglianza fosse completa e logica, e non presentasse vizi di legge.

Quali elementi ha considerato il Tribunale per negare il permesso premio?
Il Tribunale ha basato la sua decisione su una valutazione complessiva che includeva la particolare gravità dei reati commessi (omicidio e tentato omicidio), l’emersione di profili di autocritica solo parziali e ancora in evoluzione, e un contesto di accentuata impulsività, ritenendo che il percorso di rielaborazione critica non fosse ancora giunto a un livello tale da escludere la pericolosità sociale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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