Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 24654 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 24654 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 23/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
DI COGNOME NOME nato a PESCARA il 08/09/1984
avverso l’ordinanza del 31/01/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
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RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Sorveglianza di Roma con ordinanza del 31 gennaio 2024 respingeva il reclamo proposto da COGNOME NOME COGNOME avverso il rigetto del Magistrato di Sorveglianza di Frosinone di concessione di permesso premio.
Avverso detta ordinanza proponeva ricorso COGNOME tramite il difensore, lamentando violazione di legge, in particolare degli artt. 4 bis, 30 ter e 58 ter OP e vizio di motivazione.
L’impugnata ordinanza non avrebbe tenuto in debito conto le affermazioni del detenuto, essendosi limitato l’esame del Tribunale di Sorveglianza a quanto delibato dal magistrato di sorveglianza.
La motivazione non avrebbe considerato il probabile esito assolutorio del citato procedimento pendente a carico del COGNOME, né la relazione positiva della Casa Circondariale di Frosinone che aveva espresso parere favorevole alla concessione del beneficio.
Nonostante il percorso intramurario positivo, infatti, sarebbe stato dato maggiore rilievo ad alcuni rapporti disciplinari che, però avevano dato vita a procedimenti penali conclusisi con assoluzioni; non sarebbe stata valutata, poi, la circostanza della recisione dei legami con la criminalità organizzata.
Rilevava come anche ai detenuti per reati ostativi sia dato accesso ai benefici penitenziari e come, a tal fine, sia nevralgico che la Magistratura di Sorveglianza svolga una valutazione attuale e concreta sulla personalità del condannato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Il Tribunale di Sorveglianza nel motivare il rigetto del reclamo ha sottolineato lo spessore criminale del detenuto, evincibile non solo dei precedenti per reati molto gravi, ma anche dalla pendenza di altro procedimento per traffico di sostanze stupefacenti.
Si è dato atto, nell’impugnato provvedimento, del forte impegno profuso dal detenuto in svariati programmi trattamentali, cui però hanno fatto da contraltare rapporti disciplinari, ritenuti manifestazione dell’indole violenta già estrinsecatasi nei reati in espiazione.
Pertanto, pur a fronte del profuso impegno del detenuto nelle attività intramurarie, il Tribunale dava atto di zone d’ombra che necessitano di approfondita indagine, poiché il Di COGNOME parrebbe soggetto che non abbia ancora realmente introitato il percorso di crescita e ancora in difficoltà nel gestire gli aspetti più vilenti della sua indole, in uno con la convinzione che l’adesione ai
programmi sia sottesa ad una sorta di pretesa sinallagmatica del detenuto di ottenimento del premesso premio.
Quanto alla condotta tenuta dal detenuto, a fronte della assenta assoluzione del ricorrente da alcuni addebiti, nel provvedimento impugnato si dà atto di altro
rapporto disciplinare per un fatto del 2022 che gli ha fruttato delle sanzioni disciplinari.
Circa, poi, l’asserita intervenuta prescrizione del fatto per cui vi è ancora una pendenza penale, si rileva che si tratta di reato p e p dall’art. 73 DPR 309/90
commesso nel 2011 quindi ben lontano dalla prescrizione.
La giurisprudenza di questa Corte ritiene che, ai fini della concessione del permesso premio di cui all’art. 30-ter ord. pen., oltre al requisito della regolare
condotta, il giudizio sull’assenza di pericolosità sociale del detenuto debba essere particolarmente rigoroso per i condannati per reati gravi e con lontano fine pena,
e che in senso negativo all’assenza di pericolosità depone anche la mancanza di elementi indicativi di una rivisitazione critica del pregresso comportamento
deviante (Sez. 1, Sentenza n. 5505 del 11110/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv.
269195; conforme Sez. 1, Sentenza n. 9796 del 23/11/2007, dep. 2008, COGNOME, Rv. 239173).
Proprio in ragione di tale principio, i dubbi palesati dalla magistratura di sorveglianza circa la effettiva interiorizzazione del percorso critico da parte del detenuto sono più che sufficienti a fondare il rigetto della istanza, in ragione anche della condotta non sempre regolare del medesimo e della gravità dei fatti per cui è stato condannato.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e – alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186 della Corte costituzionale e in mancanza di elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità» – della somma di euro tremila a favore della cassa delle ammende, tenuto conto dell’evidente inammissibilità dei motivi di impugnazione
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 23/05/2024