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Permesso premio: negato se c’è pericolosità sociale

La Corte di Cassazione ha confermato il diniego di un permesso premio a un detenuto, ritenendo l’appello inammissibile. La decisione si fonda sulla valutazione della sua attuale pericolosità sociale, supportata da una passata evasione durante un precedente permesso, recenti illeciti disciplinari e l’assenza di un percorso di revisione critica. Secondo la Corte, la valutazione del giudice di merito è stata logica e basata su elementi aggiornati.

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Pubblicato il 1 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Permesso Premio Negato: La Cassazione Sottolinea l’Importanza della Pericolosità Sociale

La concessione di un permesso premio rappresenta un momento cruciale nel percorso di rieducazione di un detenuto, ma non è un diritto automatico. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito i rigorosi criteri che i giudici devono seguire, sottolineando come la valutazione della pericolosità sociale attuale del condannato sia un fattore determinante. Il caso in esame riguarda un detenuto che si è visto negare il beneficio a causa di una storia personale complessa, segnata da un’evasione e da recenti sanzioni disciplinari.

I Fatti del Caso

Un detenuto, attualmente in espiazione di pena, presentava una domanda per ottenere un permesso premio. Il Tribunale di Sorveglianza di Roma respingeva la sua richiesta. La decisione si basava su una serie di elementi negativi:
1. Evasione Precedente: Nel 2016, durante la fruizione di un altro permesso, il soggetto era evaso, riprendendo l’esecuzione della pena solo nel 2020 a seguito di un’estradizione.
2. Condotta Penitenziaria: Negli anni 2020 e 2021, si era reso responsabile di tre illeciti disciplinari.
3. Valutazione Comportamentale: Le relazioni degli operatori penitenziari, aggiornate a marzo 2023, evidenziavano uno “stato embrionale” del suo processo di revisione critica dei reati commessi.

Il detenuto, tramite il suo difensore, ha impugnato la decisione, sostenendo che il diniego si basasse su fatti ormai datati e non tenesse conto dei suoi comportamenti più recenti, frustrando così la funzione rieducativa della pena.

La Decisione della Corte sul permesso premio

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 26226/2024, ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando di fatto la decisione del Tribunale di Sorveglianza. Secondo la Suprema Corte, il provvedimento impugnato era immune da vizi logici o di violazione di legge. Il giudice di merito aveva correttamente bilanciato tutti gli elementi a disposizione per formulare un giudizio sulla persistente pericolosità sociale del richiedente.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha articolato il suo ragionamento partendo dai presupposti dell’art. 30-ter dell’Ordinamento Penitenziario. Per ottenere un permesso premio, il detenuto deve dimostrare una condotta regolare e un costante senso di responsabilità, ma soprattutto non deve essere considerato socialmente pericoloso. Quest’ultima condizione implica una prognosi sulla probabilità che commetta nuovi reati.

Nel caso specifico, i giudici hanno ritenuto che la valutazione del Tribunale fosse stata accurata e tutt’altro che illogica. Gli elementi considerati non erano affatto superati:
* L’evasione del 2016, sebbene non recente, rappresenta un fallimento grave e significativo nel patto di fiducia che il beneficio premiale instaura tra il detenuto e lo Stato.
* Le sanzioni disciplinari del 2020 e 2021 sono state ritenute indicatori di una non ancora avvenuta e stabile adesione alle regole della vita penitenziaria.
* Le relazioni di sintesi, aggiornate a ridosso della decisione, confermavano l’assenza di un percorso maturo di riflessione critica sul proprio passato criminale.

La Cassazione ha inoltre specificato che le lamentele del ricorrente sull’omessa valutazione di elementi favorevoli più recenti erano troppo generiche, poiché la difesa non aveva indicato quali specifici fatti concreti non sarebbero stati presi in considerazione. Pertanto, la prognosi di pericolosità sociale era stata correttamente formulata sulla base di un’analisi completa e aggiornata della personalità del detenuto.

Conclusioni

Questa sentenza offre un’importante lezione sulle condizioni per l’accesso al permesso premio. Non basta mantenere una condotta formalmente regolare per un certo periodo. È necessario un cambiamento interiore profondo e dimostrabile. Un passato negativo, specialmente se caratterizzato da un abuso di fiducia come un’evasione, continua a pesare significativamente sulla valutazione del giudice. Per superarlo, il detenuto deve fornire prove concrete e tangibili di un percorso di revisione critica e di un’adesione sincera e costante ai valori della legalità. In assenza di tali prove, il diniego del beneficio è pienamente legittimo per tutelare la sicurezza della collettività.

Un’evasione avvenuta anni prima può ancora impedire la concessione di un permesso premio?
Sì, un’evasione passata può essere un elemento determinante per negare un permesso premio, in quanto viene considerata un indicatore rilevante nella valutazione complessiva dell’attuale pericolosità sociale del detenuto, specialmente se corroborata da altri elementi negativi recenti.

Per negare un permesso premio, la valutazione del giudice deve basarsi solo sui comportamenti più recenti del detenuto?
No. La valutazione deve essere attuale, ma deve tenere conto dell’intera storia del detenuto, inclusi eventi passati significativi come evasioni e la condotta penitenziaria complessiva. Le relazioni di sintesi aggiornate servono a contestualizzare questi eventi e a formare un quadro completo della personalità.

Cosa deve dimostrare concretamente un detenuto per ottenere il beneficio nonostante un passato negativo?
Il detenuto deve dimostrare non solo una condotta regolare, ma anche di aver intrapreso un serio e maturo processo di revisione critica del proprio passato criminale. Le semplici affermazioni di miglioramento non sono sufficienti; servono elementi concreti che testimonino un reale cambiamento interiore e un costante senso di responsabilità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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