Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 26226 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 26226 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 04/10/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del PG COGNOME ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento impugnato, il Tribunale di sorveglianza di Roma ha rigettato il reclamo proposto da NOME COGNOME avverso l’ordinanza con cui il Magistrato di sorveglianza aveva rigettato la domanda di permesso premio.
A ragione osserva che il condannato è evaso durante uno dei permessi premio accordatigli nell’anno 2016 ed ha ripreso l’esecuzione della pena detentiva ne 2020 a seguito di estradizione, durante la successiva carcerazione si è re responsabile negli anni 2020 e 2021 di tre illeciti disciplinari e che sia la Direz della Casa di reclusione dove sta scontando la pena sia gli operatori nella relazio di sintesi aggiornata al marzo 2023 hanno evidenziato lo stato embrionale del
processo di revisione critica e la necessità di proseguire l’osservazi inframuraria
Ricorre il condannato per il tramite del difensore di fiducia, deducendo un unico motivo con cui lametta violazione dell’art. 30 ter Ord. pen. e vizio motivazione
Lamenta che il benefico sia stato negato in assenza di una valutazione attualizzata dei presupposti.
Il provvedimento impugnato ha preso in esame elementi risalenti senza compiere un’approfondita istruttoria sul comportamento più recente tenuto in costanza di restrizione della libertà personale. In tal modo ha frustrato la dell’istituto premiale ignorando la sua funzione rieducativa esaltata anche dal Corte costituzionale in alcune pronunce analiticamente richiamate.
Il difensore di NOME COGNOME ha depositato, in replica alle conclusioni del Procuratore generale di questa Corte di cassazione, memoria con cui ribadisce la fondatezza delle censure dedotte.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
L’art. 30-ter Ord. pen. consente la concessione di permessi premio al detenuto che abbia tenuto una regolare condotta, manifestando costante senso di responsabilità e correttezza nel comportamento personale e nelle attivit trattamentali, e a condizione che egli non risulti persona socialmente pericolos Quest’ultima condizione, che rimanda alla probabilità che l’autore di un reat commetta nuove violazioni della legge penale, presuppone, in sede di valutazione da parte del magistrato di sorveglianza, una accurata indagine personologica volta a contestualizzare i reati per cui è condanna e a verificare il venir meno de condizioni, personali o socio-ambientali, in cui essi erano stati commessi ovvero l possibilità di attivare risorse individuali o sociali in grado di fungere da adeg fattori protettivi rispetto al verificarsi di eventuali ricadute.
Nel caso in esame, valutate, in maniera niente affatto illogica, le risultan dell’osservazione della personalità e rilevata l’assenza di un processo, sia embrionale, di revisione critica nel detenuto, i Giudici di merito hann correttamente ritenuto, stante l’attualità di profili di pericolosità socia medesimo, che non ricorressero le condizioni per l’accesso al beneficio invocato, anche tenuto conto dell’esito fortemente negativo deli benefici concessi i precedenza (il condannato era evaso durante la fruizione di un permesso premio
e della non regolarità della condotta penitenziaria negli anni 2020 e 2021 in cui erano state inflitte sanzioni disciplinari).
Non sussiste il lamentato difetto di attualizzazione della prognosi pericolosità ed inadeguatezza del beneficio richiesto. Al contrario, le relazion sintesi sono aggiornate all’osservazione compiuta fino ad epoca ravvicinata all’istanza e alla decisione, mentre le doglianze sull’omessa considerazione elementi favorevoli più recenti è estremamente generica non avendo la difesa indicato elementi concreti non valutati.
Sulla base delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile.
Alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la p abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della caus di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonch quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in 3.000,00 euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in Roma 12 Marzo 2024.