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Permesso premio: legami mafiosi ostacolano il beneficio

La Corte di Cassazione ha confermato il diniego di un permesso premio a un detenuto in regime di ergastolo. Nonostante la lunga detenzione e la regolare condotta, la Corte ha ritenuto non provata la rescissione dei legami con l’associazione mafiosa di appartenenza, considerata ancora operativa e con recenti coinvolgimenti di familiari stretti del detenuto.

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Pubblicato il 1 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Permesso Premio e Legami Mafiosi: La Decisione della Cassazione

La concessione di un permesso premio a un detenuto che sconta una lunga pena rappresenta un momento cruciale nel percorso di rieducazione. Tuttavia, quando il condannato ha un passato legato alla criminalità organizzata, la valutazione diventa estremamente complessa. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato proprio questo tema, negando il beneficio a un ergastolano a causa della mancata prova di una rottura definitiva con il suo ambiente criminale di origine.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un detenuto in espiazione della pena dell’ergastolo dal 1994, condannato per reati di associazione mafiosa e omicidio. Dopo decenni di detenzione caratterizzati da una condotta intramuraria sempre regolare, l’uomo aveva richiesto un permesso premio. Il Tribunale di Sorveglianza, tuttavia, aveva respinto la sua istanza.

Contro questa decisione, il detenuto ha presentato ricorso in Cassazione. A suo sfavore, però, pesavano elementi significativi. In particolare, una nota della Direzione Distrettuale Antimafia segnalava un’ordinanza di custodia cautelare emessa nei confronti di stretti familiari del ricorrente (fratelli, cugini e cognato), considerati esponenti di spicco della cosca di appartenenza, tuttora pienamente operativa nel territorio di origine. Sebbene il detenuto si dichiarasse innocente per l’omicidio e ammettesse le sue responsabilità per gli altri reati, delimitandole nel tempo, le autorità giudiziarie hanno ritenuto che non vi fosse prova di un reale distacco dal sodalizio criminale.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Prima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la decisione del Tribunale di Sorveglianza. La Corte ha stabilito che il materiale probatorio a disposizione del giudice dell’impugnazione deve essere lo stesso su cui si è basato il provvedimento impugnato, e su tale base, il diniego del beneficio era corretto.

Le Motivazioni: Perché è Stato Negato il Permesso Premio?

La motivazione centrale della sentenza risiede nella valutazione del persistente legame tra il detenuto e l’organizzazione mafiosa. Secondo la Corte, non è sufficiente una lunga detenzione e una condotta regolare per ottenere il permesso premio, specialmente per reati di tale gravità. È necessario che emerga un dato concreto e significativo che dimostri l’avvenuta rescissione dei legami con la ‘Ndrangheta.

Nel caso specifico, tale prova mancava. Anzi, gli elementi raccolti andavano in direzione opposta. La Direzione Nazionale Antimafia aveva evidenziato che la cosca omonima del detenuto non solo era ancora attiva, come dimostrato da indagini recenti, ma vedeva anche il coinvolgimento di familiari strettissimi in ruoli di vertice. Questo fatto è stato interpretato come un forte indizio della persistenza di un vincolo, rendendo impossibile escludere il pericolo di un riallaccio con l’ambiente criminale durante un’eventuale uscita dal carcere. La semplice dissociazione verbale o la buona condotta carceraria non sono state ritenute sufficienti a superare la presunzione di pericolosità legata all’attualità operativa della cosca di appartenenza.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale nell’ambito dell’ordinamento penitenziario: per i condannati per reati di criminalità organizzata, la concessione di benefici è subordinata a una prova rigorosa del completo e definitivo allontanamento dal contesto criminale. La valutazione non si limita al comportamento del singolo detenuto, ma si estende all’analisi dei suoi legami familiari e all’operatività attuale del sodalizio di provenienza. Di conseguenza, per un ergastolano con un passato mafioso, dimostrare di aver reciso ogni legame diventa un onere probatorio particolarmente gravoso, la cui assenza preclude l’accesso a misure come il permesso premio, anche dopo decenni di reclusione impeccabile.

Perché è stato negato il permesso premio nonostante la buona condotta del detenuto?
Il permesso premio è stato negato perché non è stata fornita alcuna prova concreta che il detenuto avesse interrotto i suoi legami con l’organizzazione mafiosa di appartenenza. Al contrario, la continua operatività della cosca e il recente arresto di suoi stretti familiari sono stati considerati indicatori di un legame ancora esistente.

La protesta di innocenza per uno dei reati ha influito sulla decisione?
No, la Corte ha specificato che la protesta di innocenza per il reato di omicidio non è di per sé incompatibile con la concessione dei permessi. La decisione si è basata esclusivamente sulla valutazione dei legami con l’ambiente criminale.

Quale tipo di prova è stata considerata determinante per negare il beneficio?
Sono state determinanti le note della Direzione Nazionale e Distrettuale Antimafia, che attestavano la perdurante operatività della cosca del detenuto e il coinvolgimento di suoi parenti stretti in attività criminali recenti, elementi che hanno fondato la presunzione di mancata rescissione dei legami con l’organizzazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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