Permesso Premio e Legami Mafiosi: La Decisione della Cassazione
La concessione di un permesso premio a un detenuto che sconta una lunga pena rappresenta un momento cruciale nel percorso di rieducazione. Tuttavia, quando il condannato ha un passato legato alla criminalità organizzata, la valutazione diventa estremamente complessa. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato proprio questo tema, negando il beneficio a un ergastolano a causa della mancata prova di una rottura definitiva con il suo ambiente criminale di origine.
I Fatti del Caso
Il caso riguarda un detenuto in espiazione della pena dell’ergastolo dal 1994, condannato per reati di associazione mafiosa e omicidio. Dopo decenni di detenzione caratterizzati da una condotta intramuraria sempre regolare, l’uomo aveva richiesto un permesso premio. Il Tribunale di Sorveglianza, tuttavia, aveva respinto la sua istanza.
Contro questa decisione, il detenuto ha presentato ricorso in Cassazione. A suo sfavore, però, pesavano elementi significativi. In particolare, una nota della Direzione Distrettuale Antimafia segnalava un’ordinanza di custodia cautelare emessa nei confronti di stretti familiari del ricorrente (fratelli, cugini e cognato), considerati esponenti di spicco della cosca di appartenenza, tuttora pienamente operativa nel territorio di origine. Sebbene il detenuto si dichiarasse innocente per l’omicidio e ammettesse le sue responsabilità per gli altri reati, delimitandole nel tempo, le autorità giudiziarie hanno ritenuto che non vi fosse prova di un reale distacco dal sodalizio criminale.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Prima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la decisione del Tribunale di Sorveglianza. La Corte ha stabilito che il materiale probatorio a disposizione del giudice dell’impugnazione deve essere lo stesso su cui si è basato il provvedimento impugnato, e su tale base, il diniego del beneficio era corretto.
Le Motivazioni: Perché è Stato Negato il Permesso Premio?
La motivazione centrale della sentenza risiede nella valutazione del persistente legame tra il detenuto e l’organizzazione mafiosa. Secondo la Corte, non è sufficiente una lunga detenzione e una condotta regolare per ottenere il permesso premio, specialmente per reati di tale gravità. È necessario che emerga un dato concreto e significativo che dimostri l’avvenuta rescissione dei legami con la ‘Ndrangheta.
Nel caso specifico, tale prova mancava. Anzi, gli elementi raccolti andavano in direzione opposta. La Direzione Nazionale Antimafia aveva evidenziato che la cosca omonima del detenuto non solo era ancora attiva, come dimostrato da indagini recenti, ma vedeva anche il coinvolgimento di familiari strettissimi in ruoli di vertice. Questo fatto è stato interpretato come un forte indizio della persistenza di un vincolo, rendendo impossibile escludere il pericolo di un riallaccio con l’ambiente criminale durante un’eventuale uscita dal carcere. La semplice dissociazione verbale o la buona condotta carceraria non sono state ritenute sufficienti a superare la presunzione di pericolosità legata all’attualità operativa della cosca di appartenenza.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale nell’ambito dell’ordinamento penitenziario: per i condannati per reati di criminalità organizzata, la concessione di benefici è subordinata a una prova rigorosa del completo e definitivo allontanamento dal contesto criminale. La valutazione non si limita al comportamento del singolo detenuto, ma si estende all’analisi dei suoi legami familiari e all’operatività attuale del sodalizio di provenienza. Di conseguenza, per un ergastolano con un passato mafioso, dimostrare di aver reciso ogni legame diventa un onere probatorio particolarmente gravoso, la cui assenza preclude l’accesso a misure come il permesso premio, anche dopo decenni di reclusione impeccabile.
Perché è stato negato il permesso premio nonostante la buona condotta del detenuto?
Il permesso premio è stato negato perché non è stata fornita alcuna prova concreta che il detenuto avesse interrotto i suoi legami con l’organizzazione mafiosa di appartenenza. Al contrario, la continua operatività della cosca e il recente arresto di suoi stretti familiari sono stati considerati indicatori di un legame ancora esistente.
La protesta di innocenza per uno dei reati ha influito sulla decisione?
No, la Corte ha specificato che la protesta di innocenza per il reato di omicidio non è di per sé incompatibile con la concessione dei permessi. La decisione si è basata esclusivamente sulla valutazione dei legami con l’ambiente criminale.
Quale tipo di prova è stata considerata determinante per negare il beneficio?
Sono state determinanti le note della Direzione Nazionale e Distrettuale Antimafia, che attestavano la perdurante operatività della cosca del detenuto e il coinvolgimento di suoi parenti stretti in attività criminali recenti, elementi che hanno fondato la presunzione di mancata rescissione dei legami con l’organizzazione.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 30018 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 30018 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 23/05/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
NOME COGNOME
Sent. n. sez. 1833/2025 CC – 23/05/2025
R.G.N. 11543/2025
– Relatore –
ha pronunciato la seguente
sul ricorso proposto da:
nel procedimento a carico di:
avverso l’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza de L’Aquila del 25/2/2025
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
1.Con ordinanza in data 25.2.2025, il Tribunale di Sorveglianza de L’Aquila ha provveduto su un reclamo presentato da NOME COGNOME detenuto in espiazione della pena dell’ergastolo (con decorrenza dal 23.5.1994), in materia di permesso premio.
Quanto al trattamento intramurario, la condotta Ł stata sempre regolare nella lunghissima detenzione. Il condannato ha terminato di espiare la pena relativa al reato associativo e si dichiara innocente per l’omicidio, ma la protesta di innocenza – osserva il tribunale – non Ł incompatibile con la concessione dei permessi. Quanto al reato associativo e agli altri reati, COGNOME ammette le proprie responsabilità, delimitandole nel tempo.
A questo proposito, il ricorso richiama una nota della D.D.A. di Reggio Calabria del 3 marzo 2025, dalla quale risulta che il 29 maggio 2024 il g.i.p. del tribunale di Reggio Calabria ha applicato un’ordinanza di custodia cautelare per il reato di cui all’art. 416bis cod. pen. a carico di due fratelli e di due cugini di COGNOME nonchØ di suo cognato, in quanto ritenuti esponenti della cosca armata di ‘ndrangheta che opera nel quartiere di Sambatello di Reggio Calabria.
Il ricorso Ł infondato per le ragioni che di seguito si esporranno.
Il materiale cognitivo in riferimento al quale può essere esercitato il sindacato del giudice dell’impugnazione, dunque, deve essere lo stesso posto a base dell’ordinanza impugnata.
– la nota della Direzione nazionale antimafia, dopo avere ripercorso l’appartenenza del condannato alla ‘ndrangheta negli anni ’90 ed avere richiamato una nota della Direzione distrettuale antimafia circa la perdurante operatività delle cosca COGNOME, conclude che non vi Ł ‘alcun dato concreto in qualche modo significativo del fatto che l’COGNOME abbia rescisso i propri legami con la Ndrangheta’, fondando essenzialmente tale affermazione sul fatto che la omonima cosca ‘costituisce articolazione fondamentale pienamente operativa’ come comprovato da indagini svolte nel 2016;
Ne consegue il rigetto del ricorso.
Rigetta il ricorso.
Il Consigliere estensore NOME COGNOME