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Permesso premio: la valutazione deve essere attuale

La Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza di un Tribunale di Sorveglianza che aveva negato un permesso premio a un detenuto. La decisione era basata su una relazione trattamentale vecchia di quasi cinque anni. La Suprema Corte ha stabilito che la valutazione per la concessione del permesso premio deve essere fondata su informazioni attuali e complete, sottolineando l’obbligo del giudice di acquisire d’ufficio documentazione aggiornata per valutare il percorso riabilitativo del condannato.

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Pubblicato il 17 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Permesso premio: non si nega sulla base di una relazione vecchia

Il percorso di riabilitazione di un detenuto è un processo dinamico e in continua evoluzione. Per questo motivo, la valutazione per la concessione di un permesso premio deve basarsi su elementi attuali e non su informazioni datate. Con la sentenza n. 450/2024, la Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale: il giudice ha il dovere di acquisire una documentazione aggiornata per decidere, non potendosi limitare a una vecchia relazione che non rispecchia più la situazione del condannato.

I Fatti del Caso

Un detenuto si era visto negare un permesso premio sia dal Magistrato di Sorveglianza sia, in sede di reclamo, dal Tribunale di Sorveglianza. La decisione di rigetto si fondava principalmente su due elementi: la natura del reato per cui era detenuto (un reato ostativo di seconda fascia) e, soprattutto, una relazione dell’équipe trattamentale risalente a quasi cinque anni prima. Secondo tale relazione, il detenuto non aveva ancora avviato un percorso di revisione critica del proprio passato criminale e, pertanto, non era pronto per un’esperienza all’esterno del carcere.

Il difensore del detenuto ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che il Tribunale avesse errato nel fondare la propria decisione su una relazione palesemente non attuale, senza richiedere un aggiornamento. Il ricorrente, infatti, aveva nel frattempo compiuto passi concreti nel suo percorso riabilitativo, come l’offerta di un risarcimento alle parti civili e dichiarazioni confessorie, elementi che la vecchia relazione non poteva ovviamente considerare.

La Decisione della Corte di Cassazione sul permesso premio

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando la decisione del Tribunale di Sorveglianza e rinviando il caso per un nuovo giudizio. I giudici di legittimità hanno affermato che il tribunale non può limitarsi a valutare la situazione esistente al momento della prima decisione, ma deve apprezzare la legittimità della richiesta alla luce di tutti gli elementi disponibili, inclusi quelli nuovi forniti dall’interessato o acquisiti d’ufficio.

Il fulcro della sentenza risiede nell’obbligo del giudice di acquisire informazioni adeguate e attuali. Affidarsi a una relazione di sintesi redatta quattro anni e sette mesi prima della decisione è un errore procedurale, poiché è verosimile che nel frattempo l’atteggiamento e la condotta del detenuto siano cambiati.

Le Motivazioni

La Corte ha specificato che la concessione del permesso premio richiede una valutazione sulla regolarità della condotta e sull’assenza di pericolosità sociale. Sebbene il mancato completamento di un percorso di revisione critica possa essere un elemento negativo, specialmente per reati gravi, il giudizio deve basarsi su dati concreti e recenti. Il Tribunale avrebbe dovuto, come minimo, richiedere una nuova relazione di sintesi all’équipe trattamentale del carcere.

La normativa (in particolare gli articoli 666 e 678 del codice di procedura penale) conferisce al giudice il potere-dovere di chiedere alle autorità competenti documenti e informazioni. Nel caso di specie, queste informazioni erano indispensabili per una corretta valutazione, non potendo il Tribunale dare per certo che una relazione così datata riflettesse ancora la realtà. L’errore del giudice di merito è stato quello di non essersi attivato per ottenere un quadro aggiornato, scaricando di fatto sul detenuto le conseguenze di una carenza informativa che era suo compito colmare.

Le Conclusioni

Questa sentenza rafforza un principio di garanzia fondamentale nell’ordinamento penitenziario: le decisioni che incidono sulla libertà personale e sul percorso rieducativo del condannato devono essere fondate su una valutazione completa e attuale. Negare un beneficio come il permesso premio sulla base di informazioni obsolete non solo è illegittimo, ma contraddice la finalità stessa della pena, che mira al reinserimento sociale del reo. Il giudice della sorveglianza assume un ruolo attivo, non potendo essere un mero spettatore, ma dovendo procurarsi tutti gli elementi necessari per una decisione giusta e ponderata, nel rispetto dei principi stabiliti dalla legge e dalla giurisprudenza.

Un giudice può negare un permesso premio basandosi su una relazione trattamentale non aggiornata?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che è illegittimo negare un permesso premio basandosi su una relazione datata, poiché la valutazione deve fondarsi su elementi attuali che riflettano l’effettivo percorso riabilitativo del detenuto.

Qual è il dovere del Tribunale di Sorveglianza quando esamina un reclamo per un permesso premio?
Il Tribunale di Sorveglianza non deve limitarsi agli atti già esaminati dal primo giudice, ma ha l’obbligo di apprezzare la situazione attuale del detenuto. Questo include il dovere di acquisire d’ufficio informazioni e documenti aggiornati, come una nuova relazione di sintesi, per fondare la propria decisione.

Cosa deve dimostrare un detenuto per ottenere un permesso premio?
Ai sensi dell’art. 30-ter dell’Ordinamento Penitenziario, il detenuto deve dimostrare di aver mantenuto una condotta regolare e di non essere socialmente pericoloso. La valutazione tiene conto anche dell’avvio di un processo di revisione critica del proprio passato criminale, che deve essere valutato su elementi concreti e attuali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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