Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 14107 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 14107 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 23/01/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a NETTUNO il 26/05/1969
avverso l’ordinanza del 22/11/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 22/11/2024, il Tribunale di sorveglianza di Roma ha respinto il reclamo proposto da NOME COGNOME avverso il provvedimento del Magistrato di sorveglianza di Roma in data 12/09/2024, che ha rigettato la sua istanza di permesso premio.
COGNOME sta espiando una pena di 7 anni e 4 mesi per un tentato omicidio commesso il 29/07/2020. La condotta, descritta come una spedizione punitiva, si era caratterizzata per la particolare gravità delle conseguenze, mettendo in pericolo di vita la vittima, ricoverata in terapia intensiva per circa venti giorni. Dopo un periodo trascorso agli arresti domiciliari a decorrere dal 02/01/2021, COGNOME era stato poi condotto in carcere il 18/05/2023.
Una precedente richiesta di permesso premio, motivata dalla volontà di rinsaldare i legami familiari, era stata rigettata il 15/04/2024, in ragione dell’assenza di una piena revisione critica del reato.
Secondo i giudici di merito, il detenuto, pur avendo superato la fase iniziale di sterile minimizzazione, mostrava ancora un atteggiamento centrato sui propri interessi personali e familiari, senza manifestare resipiscenza nŁ alcuna considerazione per la vittima.
A ciò si aggiungevano il comportamento processuale negativo e l’assenza di risarcimento del danno.
Con il reclamo depositato il 17/09/2024, la difesa aveva sottolineato la condotta regolare del detenuto, l’assenza di pendenze e altri precedenti, l’impegno lavorativo esterno assunto ai sensi
dell’art. 21 ord. pen. e la volontà di coltivare i legami familiari con la compagna e la figlia neonata.
Il Tribunale ha rigettato il reclamo, condividendo le valutazioni già espresse dal giudice di prime cure, perchØ, pur avendo avviato un percorso volto a rientrare in famiglia e vivere in modo ‘sano’, COGNOME non ha ancora pienamente compreso il ruolo svolto nell’azione punitiva e le ripercussioni del reato sulla vittima.
Si evidenzia nel provvedimento che la revisione critica del detenuto, pur non dovendo necessariamente coincidere con una completa resipiscenza, deve rappresentare un passaggio obbligato per accedere a benefici premiali. Considerate la gravità del reato, il periodo ancora lungo di pena da espiare e l’esperienza intramuraria limitata, il Tribunale ha ritenuto necessario proseguire l’osservazione all’interno dell’istituto.
2.Avverso la predetta ordinanza ha proposto ricorso il difensore del condannato, articolando un unico motivo, con il quale denuncia violazione dell’art. 606, comma 1 lett. b) ed e), cod. proc. pen. in relazione all’art. 30-ter ord. pen. e all’art. 27, comma 3, della Costituzione, e lamentando mancanza, contraddittorietà e illogicità della motivazione.
Secondo la difesa, l’ordinanza Ł contraddittoria poichØ, pur riconoscendo un progresso nella revisione critica del condannato, non valorizza adeguatamente il percorso trattamentale, il comportamento corretto e partecipativo mantenuto in quattro anni di detenzione, nØ il beneficio del lavoro esterno già concesso su proposta della Direzione dell’Istituto.
La difesa sottolinea che il beneficio richiesto rispetta il criterio della gradualità nella risocializzazione e rappresenta un elemento fondamentale del percorso di rieducazione previsto dall’art. 27 della Costituzione.
Evidenzia inoltre che il Tribunale ha omesso di considerare il parere favorevole dell’equipe del carcere e ha dato un peso eccessivo alla gravità del reato, contrariamente ai principi sanciti dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 253/2019, secondo cui la sola valutazione della gravità del fatto non può giustificare il diniego di un beneficio senza una bilanciata valutazione del progresso trattamentale. La difesa richiede quindi l’annullamento, anche senza rinvio, dell’ordinanza impugnata.
Il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME intervenuta con requisitoria scritta, ha chiesto il rigetto del ricorso.
Alla requisitoria scritta ha replicato con proprie memorie il difensore del ricorrente, contestandone gli argomenti e insistendo nei propri motivi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il ricorso Ł infondato per le ragioni di seguito esposte.
Deve premettersi che «ai fini della concessione del permesso premio, ai sensi dell’art. 30-ter ord. pen., oltre al requisito della regolare condotta Ł necessaria l’assenza di pericolosità sociale del detenuto, da valutarsi con maggiore rigore nei casi di soggetti condannati per reati di particolare gravità e con fine pena lontana nel tempo, in relazione ai quali rileva, in senso negativo, anche la mancanza di elementi indicativi di una rivisitazione critica del pregresso comportamento deviante» (Sez. 1, n. 5505 del 11/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 269195 – 01). Se Ł pur vero, come Ł stato affermato, che ai fini della concessione del permesso premio «non costituisce elemento ostativo, ai fini del giudizio prognostico circa la realizzazione delle prospettive cui Ł finalizzato
l’istituto, il mancato completamento del processo di revisione critica del vissuto criminale», e ciò perchØ può «ritenersi sufficiente che tale processo abbia avuto inizio in modo significativo» (Sez. 1, n. 26557 del 10/05/2023, COGNOME, Rv. 284894 – 01), tuttavia rimane necessario che il giudice di sorveglianza possa apprezzare in base a specifici elementi che un tale significativo avvio ci sia; tanto piø, come sopra si Ł già rilevato, se il reato si apprezza per la particolare gravità e il fine pena sia lontano nel tempo.
Nel caso di specie il Tribunale di sorveglianza, che risulta essersi ispirato a questi principi, sottolinea anche il fatto che ancora limitati sono i periodi in cui Ł stato possibile svolgere osservazione intramuraria e quindi acquisire elementi sufficientemente rassicuranti sul livello raggiunto dall’opera di risocializzazione.
La difesa insiste sull’erroneità della valutazione del Tribunale di sorveglianza che non avrebbe apprezzato indicatori certi della resipiscenza, da ricavarsi dall’ammissione al beneficio del lavoro all’esterno ai sensi dell’art. 21 ord. pen.
Orbene «nella valutazione della richiesta di permesso premio presentata da un detenuto già ammesso al “lavoro esterno”, il magistrato di sorveglianza, pur in assenza di un rapporto di necessaria implicazione tra i due istituti, non può omettere di considerare, nel contesto della verifica dell’attuale pericolosità sociale dell’interessato e della corrispondenza del permesso a esigenze di risocializzazione, il modo in cui il detenuto ha fruito degli spazi di libertà già concessi per effetto del provvedimento emesso ai sensi dell’art. 21 ord. pen.» (Sez. 1, n. 36456 del 09/04/2018, Corrias, Rv. 273609 – 01)
E tuttavia il provvedimento impugnato non manca di tenere conto del modo con il quale il detenuto fruisce e intende fruire in futuro degli spazi di libertà, rispetto ai suoi propositi di dedicarsi al lavoro e alla famiglia; tuttavia, nella consapevolezza dell’assenza di un rapporto di implicazione necessaria tra permesso premio e lavoro esterno, svolge ampie valutazioni sull’atteggiamento di Miozzi rispetto alla grave condotta da lui tenuta e alle conseguenze prodotte sulla vittima, ritenendosi egli semmai vittima di una risposta sanzionatoria a suo avviso non proporzionata e continuando a minimizzare la portata della sua partecipazione ad una deprecabile azione violenta.
Il ricorso, pertanto, si risolve in una richiesta di dare una diversa valutazione degli elementi già specificamente e partitamente apprezzati nel provvedimento impugnato, senza fare emergere effettive fratture logiche o deviazioni rispetto ai principi richiamati.
SicchŁ il provvedimento impugnato risulta del tutto immune dai vizi denunciati.
Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato; ne consegue ex lege la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 23/01/2025.
Il Presidente NOME COGNOME