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Permesso premio: la revisione critica del reato è decisiva

Un detenuto, condannato per tentato omicidio, si è visto negare un permesso premio. Nonostante la buona condotta e un lavoro esterno, i giudici hanno ritenuto insufficiente il suo percorso di revisione critica del reato. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione, sottolineando che, per reati gravi, è indispensabile un’autentica comprensione della propria condotta per escludere la pericolosità sociale e concedere il beneficio del permesso premio.

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Pubblicato il 6 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Permesso Premio: La Revisione Critica del Reato è Decisiva

Il percorso di un detenuto verso il reinserimento sociale è scandito da tappe importanti, tra cui la possibilità di ottenere un permesso premio. Questo beneficio, tuttavia, non è un automatismo legato solo alla buona condotta. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: per i reati gravi, è necessaria una profonda e sincera revisione critica del proprio passato criminale. Analizziamo insieme il caso per capire meglio i criteri applicati dai giudici.

I Fatti del Caso

Un uomo, condannato a una pena di 7 anni e 4 mesi per un grave tentato omicidio, ha presentato istanza per ottenere un permesso premio. Il suo obiettivo era quello di rinsaldare i legami con la famiglia, in particolare con la compagna e la figlia neonata. La sua richiesta era supportata da una condotta carceraria regolare e dall’ammissione al lavoro esterno, ai sensi dell’art. 21 dell’ordinamento penitenziario.

Tuttavia, sia il Magistrato di Sorveglianza prima, sia il Tribunale di Sorveglianza poi, hanno respinto la richiesta. La ragione principale del diniego risiedeva nella valutazione del percorso interiore del detenuto. Secondo i giudici, pur avendo superato una fase iniziale di minimizzazione del reato, l’uomo mostrava ancora un atteggiamento concentrato sui propri interessi personali e familiari, senza una reale presa di coscienza della gravità delle sue azioni e delle conseguenze subite dalla vittima. In sostanza, mancava una sufficiente revisione critica del reato commesso.

La Decisione della Corte di Cassazione sul Permesso Premio

La difesa del detenuto ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che la decisione del Tribunale fosse contraddittoria. A suo avviso, i giudici non avevano valorizzato adeguatamente i progressi compiuti, il comportamento corretto e il beneficio del lavoro esterno già concesso. La Corte di Cassazione, però, ha rigettato il ricorso, ritenendo la decisione del Tribunale di Sorveglianza corretta e ben motivata.

La Suprema Corte ha chiarito che il lavoro esterno e il permesso premio sono due istituti diversi. L’ammissione al primo non comporta automaticamente il diritto al secondo. Per concedere un permesso premio, specialmente in casi di reati così gravi e con una lunga pena ancora da scontare, è necessario un esame più approfondito sulla personalità del condannato.

Le Motivazioni: Revisione Critica e Pericolosità Sociale

Il cuore della decisione risiede nella distinzione tra comportamento esteriore e maturazione interiore. La Cassazione ha ribadito che, ai fini della concessione del permesso premio, non basta la “regolare condotta”. È indispensabile accertare l’assenza di “pericolosità sociale” del detenuto. Questa valutazione diventa tanto più rigorosa quanto più grave è il reato e lontana la data di fine pena.

Un elemento chiave per valutare la pericolosità è proprio la “revisione critica del pregresso comportamento deviante”. I giudici hanno specificato che non è necessario un completamento di questo percorso, ma deve essere riscontrabile un suo “inizio in modo significativo”.

Nel caso specifico, il Tribunale aveva correttamente evidenziato come l’atteggiamento del detenuto fosse ancora ambivalente. Egli continuava a minimizzare la sua partecipazione all’azione violenta e a percepirsi quasi come vittima di una sanzione sproporzionata, senza mostrare empatia o considerazione per la persona offesa. Questo, secondo la Corte, dimostra che il percorso di risocializzazione, seppur avviato, non era ancora a un punto tale da fornire sufficienti garanzie per la concessione del beneficio.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza invia un messaggio chiaro: la concessione di un permesso premio non è una mera formalità burocratica basata sul tempo trascorso e sulla buona condotta formale. È il risultato di una valutazione complessa che pone al centro il cambiamento interiore del condannato. Per i crimini di particolare gravità, dimostrare di aver avviato un serio percorso di riflessione sul male commesso diventa un passaggio obbligato. Il percorso rieducativo, finalizzato al reinserimento sociale, richiede non solo un comportamento impeccabile, ma anche una reale e tangibile evoluzione della coscienza.

Qual è il requisito fondamentale, oltre alla buona condotta, per ottenere un permesso premio per un reato grave?
È l’assenza di pericolosità sociale, che viene valutata accertando che il detenuto abbia iniziato un processo significativo di ‘revisione critica’ del proprio passato criminale, dimostrando di aver compreso la gravità delle sue azioni e le loro conseguenze.

Essere ammessi al lavoro esterno dà automaticamente diritto a un permesso premio?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che si tratta di due benefici distinti con presupposti diversi. Sebbene il comportamento durante il lavoro esterno sia un elemento di valutazione, non implica automaticamente che il detenuto sia pronto per un permesso premio, il quale richiede un’analisi più approfondita della sua maturazione interiore e della sua pericolosità sociale.

Il permesso premio può essere negato basandosi esclusivamente sulla gravità del reato commesso?
No, la decisione non può basarsi solo sulla gravità del reato. Tuttavia, la serietà del crimine e la lunga pena residua impongono ai giudici una valutazione più rigorosa e attenta del percorso di rieducazione. La decisione deve bilanciare la gravità del fatto con gli effettivi progressi compiuti dal detenuto nel suo percorso di revisione critica.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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