Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 38864 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 38864 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 27/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a IPSWICH (GRAN BRETAGNA) il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 20/02/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di TORINO udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto procuratore generale NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza emessa in data 20 febbraio 2024 il Tribunale di sorveglianza di Torino ha respinto il reclamo presentato avverso il diniego di concessione di un permesso premio da NOME COGNOME, detenuto condannato a trenta anni di reclusione per delitti ostativi ai sensi dell’art. 4 -bis, comma 1 -bis, Ord. pen. commessi sino al 2008, sostenendo di avere reciso i collegamenti con il gruppo criminale di appartenenza e di essere inesigibile la sua collaborazione.
Il magistrato di sorveglianza lo aveva ritenuto non meritevole del beneficio perché sottoposto a indagine per un reato commesso nel 2022. Il Tribunale, pur prendendo atto che egli è stato assolto da tale reato per non avere commesso il fatto, ha ugualmente respinto il reclamo, ritenendo non soddisfatti i requisiti oggi richiesti dal d.l. n. 162/2022, perché la sua dissociazione dal clan di appartenenza è stata solo affermata dal detenuto, ma non dimostrata con le specifiche allegazioni richieste dalla legge. Inoltre la DDA di Napoli ha affermato che non vi sono elementi da cui desumere il suo allontanamento dall’associazione di cui era partecipe, ed egli non risulta avere intrapreso alcuna iniziativa risarcitoria in favore delle vittime dei reati commessi.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso NOME COGNOME, per mezzo del suo difensore AVV_NOTAIO, articolando un unico motivo, con il quale denuncia l’erronea applicazione dell’art. 58 -ter Ord. pen.
Il Tribunale, benché affermi l’insussistenza dei presupposti per la concessione del permesso, di fatto li ha riconosciuti integrati, dal momento che ha rigettato il reclamo e non lo ha dichiarato inammissibile. L’ordinanza, peraltro, non tiene conto delle allegazioni relative al coinvolgimento del ricorrente nei singoli reati, sufficienti per dimostrare l’impossibilità di una uti collaborazione e costituenti, quindi, le allegazioni richieste dalla nuova normativa; non considera il parere favorevole della équipe carceraria, attestante l’inizio di una revisione critica del proprio passato e l’insussistenza di legami criminali; non tiene conto del fatto che l’allegazione relativa al provvedere il ricorrente stesso a mantenere la propria famiglia con i soli proventi del lavoro intramurario dimostra non solo l’impossibilità di far fronte alle obbligazioni pecuniarie e risarcitorie, ma anche l’assenza di collegamenti con l’associazione di appartenenza.
Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha chiesto il rigetto del ricorso.
AVV_NOTAIO ha depositato una memoria di replica, con la quale ribadisce i motivi del ricorso e la necessità di una valutazione del percorso trattamentale intramurario.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato, e deve essere rigettato.
Deve ribadirsi, in applicazione dei principi stabiliti da questa Corte, che la normativa introdotta dal d.l. n. 162/2022, convertito con modificazioni dalla legge n. 199/2022, è immediatamente applicabile, anche alle istanze presentate antecedentemente alla sua entrata in vigore e ai soggetti detenuti per l’espiazione di condanne riportate in precedenza, stante la natura processuale delle norme inerenti ai benefici penitenziari (Sez. 1, n. 38278 del 20/04/2023, Rv. 285203). La recente sentenza di questa Corte, Sez. 1, n. 33386 del 12/04/2024, COGNOME, n.m., citata dal ricorrente nella sua memoria di replica, ha ribadito tale orientamento precisando solo che, nel caso di una domanda presentata prima del 31 ottobre 2022 e perciò priva dei contenuti richiesti dalla nuova formulazione dell’art. 4-bis, comma 1-bis, Ord. pen., deve essere consentita al detenuto l’integrazione della stessa, al fine di soddisfare gli oneri di allegazione introdotti dalla predetta normativa. Nel presente caso tale possibilità è stata offerta al ricorrente, il quale afferma di avere allegato già nell’istanza originaria, presentata secondo la disciplina elaborata a seguito della sentenza n. 253/2019 della Corte costituzionale, e poi nel reclamo proposto al Tribunale di sorveglianza, gli elementi richiesti anche dalla nuova normativa, e non deduce un vizio procedurale di tale natura. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
L’ordinanza impugnata si è conformata al predetto principio, valutando il reclamo del detenuto alla luce dell’art. 4-bis, comma 1-bis, Ord. pen. come modificato dall’art. 1 del d.l. n. 162/2022, escludendo esplicitamente la sussistenza dei requisiti che consentono l’applicazione della normativa transitoria stabilita dal suo art. 3, comma 2, operante nel caso in cui i reati ostativi siano stati commessi in data anteriore al 31/10/2022. Ha, perciò, ritenuto necessario che il detenuto non collaborante, quale è il ricorrente, dimostri l’avvenuto adempimento delle obbligazioni civili e degli obblighi risarcitori, o la sua impossibilità, e soprattutto alleghi «elementi specifici, diversi e ulteriori rispett alla regolare condotta carceraria, alla partecipazione del detenuto al percorso rieducativo e alla mera dichiarazione di dissociazione dall’organizzazione criminale di eventuale appartenenza, che consentano di escludere l’attualità di
collegamenti con la criminalità organizzata … nonché il pericolo di ripristino di tal collegamenti». Ha, quindi, valutato insussistenti tali requisiti, in particolare per non avere il detenuto allegato alcun elemento da cui dedurre l’assenza di simili collegamenti o il pericolo del loro ripristino, e che contrasti, pertanto, l’accertamento negativo riferito dalla DDA di Napoli circa la mancanza di elementi che consentano un simile giudizio.
Il ricorrente lamenta l’illegittimità della decisione, per non avere il Tribunale proceduto all’approfondimento istruttorio che era stato richiesto, e che era finalizzato sia a rispettare la complessa procedura stabilita dall’art. 4-bis, comma 2, Ord. pen., sia ad integrare, con i poteri istruttori attribuiti al tribunal sorveglianza dalla norma stessa, le sue allegazioni in merito alla impossibilità della collaborazione e alla incapacità di soddisfare le obbligazioni civili e risarcitorie per le scarse disponibilità economiche, elementi idonei a dimostrare anche l’assenza di legami con l’associazione criminale di appartenenza, in particolare perché egli non riceverebbe emolumenti da questa.
Il Tribunale, però, ha respinto il reclamo stigmatizzando l’omesso adempimento dell’istante al suo onere di allegazione, con riferimento agli elementi che consentano di escludere l’attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata o il pericolo di un loro ripristino. Il ricorso non confronta adeguatamente con tale motivazione, perché sostiene di avere adempiuto a tale onere indicando il contenuto delle sentenze di merito circa il suo coinvolgimento nei reati commessi, indicazione che pur essendo diretta a dimostrare l’impossibilità della sua collaborazione costituirebbe anche la ragione della mancanza di questa, e riferendo l’omesso mantenimento, durante la sua carcerazione, da parte del clan di appartenenza. L’art. 4-bis, comma 1-bis, Ord. pen., nella sua attuale formulazione, stabilisce però che gli elementi che il detenuto istante deve allegare devono essere «diversi e ulteriori» rispetto alla regolare condotta carceraria e alla generica affermazione di dissociazione, e devono essere tali da consentire di escludere sia l’attualità dei collegamenti, sia il pericolo del loro ripristino. Gli elementi indicati dal ricorrente non soddisfano tali requisiti, essendo del tutto inidonei a dimostrare una effettiva e definitiva recisione dei rapporti con il clan di appartenenza, tanto da non essere stati neppure indicati specificamente per fornire tale dimostrazione.
L’insufficienza dell’allegazione del ricorrente, sul punto, impedisce di superare l’affermazione della DDA di Napoli circa la mancanza di elementi da cui dedurre il suo allontanamento dagli ambienti della criminalità organizzata. Logicamente, pertanto, il Tribunale ha preso atto di tale accertamento ed ha valutato sufficiente, per il rigetto della domanda, la mancata acquisizione di elementi «tali da escludere l’attualità di collegamenti con la criminalità
organizzata». Questo, infatti, costituisce il requisito fondamental ineliminabile per consentire l’accesso ai benefici da parte del detenuto collaborante, condannato per reati ostativi ‘di prima fascia’. La mancanza di requisito esclude la necessità, per il Tribunale, di svolgere ulteriore a istruttoria, essendo in ogni caso preclusa la concedibilità del beneficio richie
Sulla base delle considerazioni che precedono il ricorso deve, pertant essere respinto, e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle sp processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processual
Così deciso il 27 settembre 2024
Il Consigliere estensore
esidente