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Permesso premio: la prova dei contatti non basta

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un detenuto per un reato ostativo a cui era stato negato un permesso premio. La Corte ha stabilito che la semplice presentazione di un elenco dei colloqui telefonici e visivi avuti in carcere non costituisce una prova sufficiente e decisiva per dimostrare l’assenza di attuali collegamenti con la criminalità organizzata, confermando così la decisione del Tribunale di sorveglianza.

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Pubblicato il 17 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Permesso Premio e Reati Ostativi: La Prova dei Contatti in Carcere Non È Decisiva

La concessione di un permesso premio a un detenuto per reati ostativi rappresenta un nodo cruciale nel diritto penitenziario, bilanciando la finalità rieducativa della pena con le esigenze di sicurezza pubblica. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sent. n. 432/2024) ha offerto chiarimenti fondamentali sull’onere della prova a carico del condannato che intende dimostrare l’assenza di legami con la criminalità organizzata. Vediamo nel dettaglio il caso e le conclusioni dei giudici.

I Fatti del Caso

Un detenuto, condannato per un reato considerato “ostativo” alla concessione di benefici penitenziari, presentava un’istanza per ottenere un permesso premio. Tale richiesta veniva respinta prima dal Magistrato di sorveglianza e, successivamente, in sede di reclamo, dal Tribunale di sorveglianza. La ragione del diniego risiedeva nel fatto che il condannato non aveva fornito elementi sufficienti a dimostrare la rottura dei collegamenti con l’ambiente della criminalità organizzata, un presupposto essenziale per accedere al beneficio.

Il Ricorso in Cassazione: Prove Omesse e Nuova Normativa

Contro la decisione del Tribunale, il condannato proponeva ricorso in Cassazione attraverso il suo difensore, basandolo su due motivi principali:

1. Errata applicazione della normativa transitoria: Secondo la difesa, il Tribunale non avrebbe correttamente applicato una recente norma (art. 3 del d.l. n. 162/2022) che, per i reati commessi prima della sua entrata in vigore, richiederebbe unicamente la verifica dell’inesistenza di legami attuali con la criminalità organizzata.
2. Omessa valutazione di prove documentali: La difesa lamentava che il Tribunale non avesse considerato dei documenti depositati in udienza, specificamente un elenco dei colloqui visivi e telefonici intrattenuti dal detenuto nel corso del 2022. Tali documenti, secondo il ricorrente, erano finalizzati a dimostrare l’assenza di contatti con ambienti criminali.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso infondato, rigettandolo sulla base di un’analisi puntuale di entrambi i motivi sollevati.

L’irrilevanza della nuova norma transitoria

Riguardo al primo punto, la Corte ha osservato che l’argomento era inconferente. Il Tribunale di sorveglianza aveva motivato il diniego del permesso premio proprio sull’esito negativo della verifica circa l’esistenza di collegamenti attuali del detenuto con la criminalità organizzata o del pericolo di un loro ripristino. Questa verifica è esattamente ciò che la norma invocata dalla difesa richiede. Pertanto, il Tribunale aveva agito in conformità con il principio di diritto applicabile, rendendo il richiamo alla nuova normativa non pertinente a scalfire la correttezza della decisione.

La non decisività della documentazione prodotta

Il secondo motivo di ricorso, relativo all’omessa valutazione dell’elenco dei colloqui, è stato giudicato il punto centrale ma ugualmente infondato. La Corte, pur potendo accedere agli atti del processo data la natura del vizio lamentato, ha ritenuto che la documentazione prodotta non fosse decisiva.

I giudici hanno spiegato che un semplice elenco di colloqui, con i nominativi delle persone contattate, è un dato di per sé neutro. Da esso non è possibile desumere automaticamente l’assenza di rapporti attuali con la criminalità organizzata. Per attribuire un rilievo decisivo a un argomento difensivo non considerato, la giurisprudenza di legittimità richiede che il ricorrente dimostri la “concreta idoneità scardinante” del documento rispetto alla decisione impugnata. In altre parole, è necessario provare che quel documento, se fosse stato esaminato, avrebbe portato a una conclusione diversa. Nel caso di specie, l’elenco dei contatti non possedeva tale forza probatoria.

Le Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio fondamentale: per i condannati per reati ostativi, l’onere di dimostrare l’assenza di legami con la criminalità organizzata è rigoroso. Non è sufficiente produrre prove generiche o non univoche, come un elenco di telefonate e visite. È necessario fornire elementi specifici e concreti che consentano al giudice di escludere con certezza la persistenza di tali collegamenti e il pericolo di un loro ripristino. La decisione conferma che il giudice non ha un potere istruttorio autonomo per sopperire alle carenze allegatorie dell’istante. Di conseguenza, il ricorso è stato rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Per ottenere un permesso premio per un reato ostativo, è sufficiente presentare l’elenco dei colloqui avuti in carcere per dimostrare l’assenza di legami con la criminalità organizzata?
No, secondo la Corte di Cassazione, un semplice elenco dei colloqui visivi e telefonici sostenuti dal condannato non è un dato da cui è possibile desumere l’esistenza o meno di rapporti attuali con la criminalità organizzata e non è considerato una prova decisiva.

Quale onere ha il ricorrente quando lamenta l’omesso esame di un documento da parte del giudice?
Il ricorrente deve dimostrare la concreta idoneità del documento o della memoria omessa a scardinare la pronuncia impugnata, evidenziando il collegamento tra tale documento e specifici profili di carenza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione del giudice.

La nuova normativa transitoria (d.l. n. 162 del 2022) ha alleggerito i presupposti per la concessione del permesso premio nel caso in esame?
No, nel caso specifico la Corte ha ritenuto l’argomento non pertinente, poiché anche la nuova norma invocata richiede la verifica dell’assenza di collegamenti attuali con la criminalità organizzata, che era proprio il presupposto che il Tribunale di sorveglianza aveva ritenuto non provato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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