Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 436 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 436 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 29/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a Bronte il 28/06/1969
avverso l’ordinanza del 04/05/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di PERUGIA udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
Ritenuto in fatto
Con ordinanza del 4 maggio 2023 il Tribunale di sorveglianza di Perugia ha respinto il reclamo contro il decreto del magistrato di sorveglianza di Spoleto del 24 agosto 2022 che ha respinto l’istanza di permesso premio presentata dal condannato NOME COGNOME
Il condannato è in espiazione della pena dell’ergastolo.
Il magistrato di sorveglianza aveva respinto l’istanza di permesso premio ritenendo che la stessa fosse corredata da mere asserzioni relative all’allontanamento del condannato dall’ambiente criminale di riferimento e che la relazione di sintesi dell’istituto penitenziario non consentiva di far emergere l’evidenza di una riflessione critica significativa circa i reati commessi.
Il Tribunale di sorveglianza, invece, ha respinto il reclamo con diversa motivazione, in quanto ha ritenuto che ad esso si dovessero applicare le disposizioni sopravvenute del d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito dalla I. 30 dicembre 2022, n. 199, che impongono che l’istanza introduttiva presenti una serie di requisiti che erano assenti in quella che fu proposta a suo tempo dall’interessato, e che non è stata integrata in alcun modo in sede di reclamo o nelle more dell’udienza. Il Tribunale ha aggiunto che l’interessato potrà proporre al magistrato di sorveglianza una nuova istanza di permesso premio eventualmente con le allegazioni richieste dalla normativa sopravvenuta.
Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso il condannato, per il tramite del difensore, che, con unico motivo, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari ai sensi dell’art. 173′ comma 1, disp. att. cod. proc. pen., deduce che, trattandosi di istanza di permesso premio presentata prima del d.l. n. 162 del 2022, ad essa sarebbe applicabile il precedente regime normativo.
Inoltre, aggiunge che il Tribunale di sorveglianza avrebbe dovuto verificare se il detenuto durante la vita carceraria aveva perseverato nel reato o in comportamenti tali da destare l’ulteriore allarme prefigurato dalla norma ed avrebbe dovuto verificare che il condannato non compare in nessun altro procedimento diverso da quelli per cui ha riportato condanna; mancano, infatti, elementi fattuali e sintomatici idonei ad evidenziare l’attualità del pericolo di collegamenti del condannato con la criminalità organizzata; d’altronde l’associazione criminale cui il condannato ha aderito in passata non è più operante sul territorio di appartenenza, in quanto parte degli imputati sono diventati collaboratori di giustizia ed altri sono stati condannati all’ergastolo.
Con requisitoria scritta, il Procuratore Generale, dr. NOME COGNOME ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.
Considerato in diritto
1. Il ricorso è infondato.
L’ordinanza impugnata ha motivato il rigetto del reclamo con l’applicazione della normativa sopravvenuta del d.l. n. 162 del 2022 e con la mancanza nell’istanza del condannato, e nello stesso reclamo del suo difensore, dell’allegazione dei nuovi presupposti per la concessione del permesso premio richiesti dalla norma.
Il ricorso attacca l’ordinanza impugnata deducendo che, poiché l’istanza di permesso era stata presentata prima dell’entrata in vigore del d.l. n. 162 del 2022, ad essa dovrebbe essere applicato il regime previgente.
L’argomento è infondato.
La giurisprudenza di legittimità si è già pronunciata sull’applicabilità o meno della normativa del d.l. n. 162 del 2022 alle istanze di permesso premio presentate prima dell’entrata in vigore del decreto ed ha ritenuto che “in tema di concessione del permesso premio a soggetto condannato per reati ostativi cd. “di prima fascia” che non abbia collaborato con la giustizia, sono applicabili ai procedimenti in corso le modifiche apportate all’art. 4-bis ord. pen. con d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199, in ragione della natura processuale delle norme inerenti ai benefici penitenziari, che, in assenza di una specifica disciplina transitoria, soggiacciono al principio del “tempus regit actum” (Sez. 1, Sentenza n. 38278 del 20/04/2023, COGNOME, Rv. 285203).
Nello stesso senso si è pronunciata anche Sez. 1, Sentenza n. 31565 del 05/05/2023, COGNOME, n.m., che ha affrontato un caso del tutto analogo a quello oggetto di questo ricorso, di entrata in vigore della novella nel corso del giudizio di reclamo, ed ha ritenuto, in motivazione, che “per quanto sopra osservato con riguardo alla natura devolutiva del reclamo, correttamente il Tribunale di sorveglianza di Sassari, in virtù del principio tempus regit actum e del fatto che l’istanza dovesse considerarsi ancora pendente nonostante il provvedimento reclamato, ha ritenuto applicabile il nuovo regime giuridico introdotto dal d. I. 31 ottobre 2022, n. 162, che ha previsto all’art. 1, comma 1, lett. a), n. 2), l’integrale sostituzione del comma 1 -bis dell’art. 4-bis ord. pen”.
Ne consegue che l’ordinanza impugnata, che ha ritenuto di applicare il nuovo regime normativo, e di ritenere, pertanto, carente l’istanza di permesso per la mancanza delle allegazioni necessarie, ha fatto corretta applicazione del sistema processuale, e resiste alla critica che le è stata rivolta.
Il ricorso attacca l’ordinanza impugnata anche sostenendo che essa avrebbe dovuto verificare la totale assenza, nella situazione del condannato, di elementi fattuali e sintomatici idonei ad evidenziare l’attualità del pericolo di collegamenti attuali tra questi e la criminalità organizzata.
L’argomento è inammissibile per difetto di specificità.
La deduzione è, infatti, inconferente con il percorso logico dell’ordinanza impugnata, che ha respinto il reclamo non motivando sul giudizio di attuale pericolosità del condannato, ma per la mancanza di allegazioni sull’adempimento delle obbligazioni civili e degli obblighi di riparazione pecuniaria conseguenti alla condanna, o l’assoluta impossibilità di tale adempimento, sulla partecipazione del
detenuto al percorso rieducativo, sulla sussistenza di iniziative dell’interessato a favore delle vittime, sia nelle forme risarcitorie che in quelle della giustizi riparativa previste dall’art. 1 d.I n. 162 del 2022.
In definitiva, il ricorso è nel complesso infondato.
Ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., alla decisione consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 29 novembre 2023.