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Permesso premio: la condotta regolare è decisiva

La Corte di Cassazione conferma il diniego di un permesso premio a un detenuto. La decisione si basa sulla valutazione della condotta carceraria, ritenuta non regolare a causa di sanzioni disciplinari recenti, e sulla mancata prova di un reale distacco dai legami con la criminalità organizzata. Il ricorso del detenuto è stato respinto anche per un vizio formale, non avendo allegato i documenti necessari a sostegno delle proprie tesi.

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Pubblicato il 24 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Permesso premio: la Cassazione ribadisce l’importanza della condotta

La concessione del permesso premio rappresenta un passo fondamentale nel percorso di reinserimento sociale del detenuto, ma è subordinata a requisiti stringenti. Con la sentenza n. 22249 del 2024, la Corte di Cassazione ha confermato la decisione del Tribunale di Sorveglianza di negare tale beneficio a un condannato, sottolineando come la regolarità della condotta e l’assenza di pericolosità sociale siano elementi imprescindibili per una prognosi favorevole.

I fatti del caso

Un detenuto si era visto rigettare l’istanza di permesso premio sia dal Magistrato di Sorveglianza sia, in sede di reclamo, dal Tribunale di Sorveglianza. Le ragioni del diniego si fondavano su più elementi:

1. Collegamenti con la criminalità organizzata: Il tribunale aveva rilevato un’intensa corrispondenza epistolare del detenuto con altri due soggetti appartenenti alla criminalità organizzata, uno dei quali considerato un elemento di spicco.
2. Condotta non regolare: Nonostante una relazione di sintesi positiva, il detenuto aveva ricevuto quattro sanzioni disciplinari in anni recenti (tra il 2017 e il 2021).
3. Revisione critica insufficiente: Il percorso di revisione critica delle proprie condotte criminali e di empatia verso le vittime era stato giudicato ancora embrionale e superficiale.

Il condannato ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che il Tribunale avesse ignorato gli aspetti positivi della sua condotta e avesse travisato la natura della sua corrispondenza, descrivendola come legata a una relazione affettiva e a un rapporto con un ex compagno di detenzione.

La valutazione del permesso premio secondo la Corte

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso infondato, confermando la correttezza della decisione del Tribunale di Sorveglianza. La sentenza chiarisce i tre pilastri su cui si deve basare la concessione del permesso premio ai sensi dell’art. 30-ter dell’ordinamento penitenziario:

* Regolare condotta del detenuto.
* Assenza di pericolosità sociale.
* Funzionalità del permesso a coltivare interessi affettivi, culturali o di lavoro.

Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto che la valutazione del Tribunale di merito fosse logica e ben motivata.

Le motivazioni della decisione

La Cassazione ha smontato punto per punto le argomentazioni del ricorrente. Anzitutto, ha stabilito che la presenza di quattro provvedimenti disciplinari recenti costituisce un elemento valido e prevalente per giudicare la condotta non regolare, nonostante una relazione di sintesi che esprimesse un parere positivo. Il tribunale, secondo la Corte, non ha agito in modo illogico nel dare maggior peso a episodi concreti di infrazione piuttosto che a una valutazione generale.

In secondo luogo, riguardo ai presunti legami con la criminalità organizzata, la Corte ha dichiarato inammissibili le giustificazioni del detenuto. Il ricorso, infatti, mancava del requisito dell’autosufficienza: il ricorrente non aveva allegato alcun documento che provasse la natura puramente affettiva o amicale delle sue corrispondenze. In assenza di prove contrarie, la valutazione del Tribunale, che vedeva in quegli scambi epistolari un indice di pericolosità, non poteva essere censurata.

Infine, anche la presunta empatia verso le vittime è stata ritenuta una mera dichiarazione verbale, non supportata da un reale e profondo percorso di revisione critica. Di conseguenza, la prognosi sulla cessazione dei legami con l’ambiente criminale e sull’assenza di pericolo di un loro ripristino è rimasta negativa.

Le conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio cardine nell’esecuzione della pena: i benefici come il permesso premio non sono un diritto automatico, ma il risultato di un percorso di risocializzazione effettivo e dimostrabile. La regolarità della condotta non può essere messa in discussione da recenti infrazioni disciplinari, e l’assenza di pericolosità sociale deve essere accertata attraverso una valutazione complessiva che include l’analisi dei contatti del detenuto. La decisione sottolinea anche l’importanza del principio di autosufficienza del ricorso, un onere processuale che impone al ricorrente di fornire alla Corte tutti gli elementi necessari per valutare le proprie doglianze, senza che il giudice debba ricercare d’ufficio atti non allegati.

Perché è stato negato il permesso premio nonostante una relazione di sintesi positiva?
La Corte ha ritenuto che la valutazione del Tribunale di Sorveglianza fosse logica, in quanto ha dato prevalenza a quattro sanzioni disciplinari ricevute dal detenuto negli ultimi anni. Questi episodi concreti sono stati considerati un indice di non regolarità della condotta più significativo rispetto al giudizio positivo contenuto nella relazione.

Quali sono i requisiti essenziali per ottenere un permesso premio?
Secondo l’art. 30-ter dell’ordinamento penitenziario, i requisiti sono tre: la regolare condotta del detenuto, l’assenza di pericolosità sociale e la finalità del permesso, che deve essere mirato a coltivare interessi affettivi, culturali o di lavoro.

Perché le spiegazioni del detenuto sulla sua corrispondenza non sono state accolte?
Le sue spiegazioni sono state ritenute inammissibili perché il ricorso mancava del requisito di ‘autosufficienza’. Il detenuto non ha allegato alcun documento a sostegno delle sue affermazioni (ad esempio, prove della relazione affettiva o della natura dei rapporti con l’altro detenuto), impedendo alla Corte di Cassazione di verificare la fondatezza delle sue argomentazioni.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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