Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 22249 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 22249 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 17/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a Turbigo il DATA_NASCITA
avverso la ordinanza del 12/10/2023 del TRIBUNALE DI SORVEGLIANZA DI L’AQUILA
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
Ritenuto in fatto
Con ordinanza del 12 ottobre 2023 il Tribunale di sorveglianza di L’Aquila ha respinto il reclamo contro il decreto del 10 settembre 2023, con cui il magistrato di sorveglianza di L’Aquila ha rigettato l’istanza di permesso premio presentata dal condanNOME NOME COGNOME.
Il Tribunale di sorveglianza ha respinto il reclamo, in quanto ha ritenuto di non poter formulare prognosi favorevole in ordine alla insussistenza di collegamenti attuali con la RAGIONE_SOCIALE organizzata di appartenenza ed alla insussistenza di un pericolo di ripristino degli stessi, atteso che il condanNOME ha avuto negli ultimi due anni un intenso scambio epistolare, consistente in più di 10
lettere, con altri due detenuti appartenenti alla RAGIONE_SOCIALE organizzata salentina, uno dei quali anche considerato un elemento di spicco della stessa (condanNOME all’ergastolo con isolamento diurno); inoltre, difetta nella situazione del condanNOME anche il presupposto necessario di concedibilità del beneficio della regolarità della condotta, infatti lo stesso ha ricevuto quattro sanzioni disciplinari in carcere in anni recenti tra il 2017 del 2021; inoltre, è anche incompleta la revisione critica delle condotte criminali effettuata dal condanNOME, ed è ancora embrionale il percorso compiuto dallo stesso nei confronti delle vittime del reato, non essendo sufficiente un mero distacco a parole dai crimini commessi; in definitiva, la fruizione del permesso premio appare prematura.
Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso il condanNOME, per il tramite del difensore, che, con unico motivo, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari ai sensi dell’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., deduce violazione di legge e vizio di motivazione, in quanto il Tribunale di sorveglianza ha pretermesso il contenuto fortemente positivo della relazione di sintesi del 21 giugno 2023, che evidenzia la regolare condotta intramuraria tenuta dal condanNOME, la predisposizione dello stesso al confronto, le buone capacità introspettive, nonché l’espressione di sentimenti di empatia nei confronti delle vittime. Il Tribunale ha, inoltre, valorizzato in modo eccessivo la corrispondenza che l’imputato ha con due persone, di cui una è una donna, in detenzione domiciliare per stupefacenti, con cui il condanNOME ha una sorta di relazione affettiva a distanza, ed il secondo è semplicemente un ex compagno di detenzione.
Con requisitoria scritta, il Procuratore Generale, NOME COGNOME, ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
Considerato in diritto
1. Il ricorso è infondato.
L’art. 30-ter, comma 1, primo periodo, ord. pen. dispone che “ai condannati che hanno tenuto regolare condotta ai sensi del successivo comma 8 e che non risultano socialmente pericolosi, il magistrato di sorveglianza, sentito il direttore dell’istituto, può concedere permessi premio di durata non superiore ogni volta a quindici giorni per consentire di coltivare interessi affettivi, culturali o di lavoro” Dal tenore letterale dell’art. 30-ter emerge, pertanto, che il giudice, in tema di permessi-premio, debba accertare la sussistenza di tre requisiti, che sono presupposto logico-giuridico della concedibilità del beneficio: la regolare condotta
del detenuto; l’assenza di pericolosità sociale dello stesso; la funzionalità del permesso premio alla coltivazione di interessi affettivi, culturali e di lavoro.
Nel caso in esame, dalla motivazione della ordinanza impugnata si ricava che vi è questione sia sulla regolare condotta del detenuto che sulla sussistenza del requisito dell’assenza di pericolosità sociale del detenuto, che il giudice del merito ha ricavato sia dall’assenza di un processo di rivisitazione critica delle proprie condotte pregresse che dai contatti con altri esponenti della RAGIONE_SOCIALE organizzata.
Il ricorso deduce che l’ordinanza impugnata non ha tenuto conto della relazione di sintesi che evidenzia la regolare condotta intramuraria tenuta dal condanNOME, la predisposizione dello stesso al confronto, le buone capacità introspettive.
L’argomento è infondato. L’ordinanza impugnata ha motivato il proprio giudizio di inesistenza del requisito della regolare condotta del condanNOME sulla base dei quattro provvedimenti disciplinari ricevuti dallo stesso negli ultimi anni, che in modo non illogico sono stati ritenuti un elemento di valutazione prevalente della regolarità o meno della condotta del condanNOME rispetto al giudizio formulato nella relazione di sintesi.
Il ricorso deduce che si tratta di soli quattro episodi durante una lunghissima detenzione durata venti anni, ma l’argomento è infondato, in quanto l’ordinanza ha valorizzato la circostanza che si tratta di provvedimenti ricevuti per comportamenti tenuti negli ultimi anni, che non è, pertanto, illogico aver assunto come indice di attuale non regolarità della condotta.
Il ricorso deduce che non è stato considerato che la relazione di sintesi esprime, inoltre, un giudizio positivo sulla capacità del condanNOME di provare empatia nei confronti delle vittime dei reati, ma si tratta di considerazione non sufficiente a viziare il percorso logico dell’ordinanza che ha rilevato in modo non illogico che, quanto all’empatia nei confronti delle vittime dei reati, il condanNOME non è mai andato oltre le parole.
Il ricorso deduce che la prognosi di non insussistenza di collegamenti attuali con la RAGIONE_SOCIALE organizzata di appartenenza e di non insussistenza di un pericolo di ripristino degli stessi è stata fondata su scambi epistolari del tutto inoffensivi per gli interessi tutelati dalla norma dell’art. 30-ter ord. pen., in quanto derivano l’uno da un rapporto affettivo a distanza con altra persona in detenzione domiciliare e l’altro da un pregresso periodo di detenzione in comune con altro detenuto in regime di art. 41-bis ord. pen., ma le deduzioni del ricorso sulla natura dei rapporti con le due persone con cui il condanNOME ha corrispondenza epistolare sono inammissibili, in quanto proposte in difetto del requisito clell’autosufficienza del ricorso (Sez. 2, Sentenza n. 20677 del 11/04/ 2017, Schioppo, rv. 270071;
Sez. 4, n. Sentenza n. 46979 del 10/11/2015, RAGIONE_SOCIALE, rv. 265053; Sez. 2, Sentenza n. 26725 del 01/03/2013, COGNOME, rv. 256723), perché non è allegato al ricorso nessun atto da cui emerga il rapporto affettivo con NOME COGNOME, o la circostanza che, all’atto del trasferimento in altro istituto, NOME COGNOME abbia lasciato propri beni al ricorrente ed abbia bisogno di comunicare con lui con riferimento ad essi.
Il ricorso è, pertanto, nel complesso, infondato.
Ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., alla decisione consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso il 17 aprile 2024.