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Permesso Premio: La Cassazione sul riesame critico

Un detenuto, condannato per reati gravi, si è visto negare un permesso premio nonostante la buona condotta. Il Tribunale di Sorveglianza ha ritenuto la sua revisione critica dei crimini commessi superficiale e indicativa di una persistente pericolosità sociale. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione, stabilendo che per la concessione del beneficio non basta un comportamento corretto, ma è essenziale un percorso interiore di reale e approfondita riconsiderazione del proprio passato criminale.

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Pubblicato il 2 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Permesso Premio e Revisione Critica: Quando la Buona Condotta non Basta

Il percorso di un detenuto verso il reinserimento sociale è complesso e scandito da tappe fondamentali, tra cui la possibilità di ottenere un permesso premio. Questo beneficio, tuttavia, non è un automatismo legato alla sola buona condotta. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ribadisce un principio cruciale: senza una genuina e approfondita revisione critica dei reati commessi, la pericolosità sociale del condannato può essere ritenuta ancora presente, ostacolando così la concessione del permesso.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un detenuto, in espiazione di una lunga pena per omicidio e vilipendio di cadavere con fine pena previsto per il 2032. L’uomo aveva richiesto un permesso premio, facendo leva sulla sua condotta regolare in istituto, sulla partecipazione alle attività trattamentali e su pareri favorevoli, come quello del direttore del carcere.

Tuttavia, sia il Magistrato di Sorveglianza prima, sia il Tribunale di Sorveglianza in sede di reclamo poi, hanno respinto la sua richiesta. La ragione del diniego risiedeva in una valutazione negativa del suo percorso interiore. Secondo i giudici, il detenuto descriveva i gravi reati commessi con superficialità e distacco emotivo, giustificando le sue azioni con fattori esterni come l’assenza di una figura paterna e l’influenza di amicizie negative. Questa mancata elaborazione è stata interpretata come un’insufficiente revisione critica, sintomo di una pericolosità sociale ancora attuale.

Il Ricorso in Cassazione

Il difensore del detenuto ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione, lamentando principalmente due aspetti:

1. Violazione di legge e illogicità della motivazione: La difesa ha sostenuto che il Tribunale avesse ignorato una pluralità di elementi positivi (la condotta, gli studi, un encomio ricevuto per l’impegno nel lavoro), concentrandosi solo sulla presunta incompletezza della revisione critica.
2. Mancato completamento non ostativo: È stato inoltre argomentato che, per la concessione del permesso premio, è sufficiente che il processo di revisione critica sia iniziato in modo significativo, non che sia già concluso.

Le Motivazioni della Cassazione sul Permesso Premio

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso infondato, confermando la decisione del Tribunale di Sorveglianza. Il ragionamento dei giudici si fonda su punti chiari e rigorosi.

Il permesso premio, ai sensi dell’art. 30-ter della legge sull’ordinamento penitenziario, richiede due requisiti fondamentali e distinti: la regolare condotta e l’assenza di pericolosità sociale. Se il primo requisito era pacifico, il secondo è stato oggetto di un’attenta valutazione.

La Corte ha ribadito un proprio consolidato orientamento: nei casi di soggetti condannati per reati di particolare gravità e con pene lunghe, la valutazione sull’assenza di pericolosità sociale deve essere condotta con maggiore rigore. In questo contesto, la mancanza di elementi che indichino una seria rivisitazione critica del proprio passato deviante assume un peso decisivo in senso negativo.

Nel caso specifico, la narrazione del detenuto è stata giudicata superficiale, priva di approfondimento sul disvalore delle sue azioni e tendente a scaricare la responsabilità su fattori esterni. Tale atteggiamento, secondo la Corte, non dimostra un ‘effettivo inizio’ del percorso di revisione critica, ma piuttosto una sua sostanziale assenza. La correttezza e la partecipazione alle attività trattamentali, pur positive, non sono sufficienti a dimostrare la volontà di intraprendere concretamente questo processo interiore, essenziale per attestare il superamento della pericolosità sociale.

Le Conclusioni

La sentenza in esame offre un’importante lezione sulle condizioni per l’accesso al permesso premio. Dimostra che il beneficio non è una ricompensa automatica per il buon comportamento, ma uno strumento di risocializzazione che presuppone un cambiamento interiore nel condannato. Per chi sconta pene per reati gravi, non è sufficiente ‘rigare dritto’ durante la detenzione. È indispensabile intraprendere e dimostrare un percorso di consapevolezza e di critica autentica verso il proprio passato criminale. La magistratura di sorveglianza è chiamata a valutare la qualità e la profondità di questo percorso, poiché solo una genuina elaborazione del reato può essere considerata un indicatore affidabile del superamento della pericolosità sociale e, quindi, un passo concreto verso il reinserimento nella società.

La buona condotta in carcere è sufficiente per ottenere un permesso premio?
No, non è sufficiente. Oltre alla condotta regolare, la legge richiede l’assenza di pericolosità sociale. La sentenza chiarisce che quest’ultima viene valutata anche attraverso la genuinità e profondità della revisione critica che il detenuto ha fatto dei reati commessi.

Cosa si intende per ‘revisione critica’ ai fini della concessione del permesso?
Per revisione critica si intende un processo interiore autentico in cui il detenuto non si limita a descrivere i fatti, ma ne approfondisce il disvalore, riconosce pienamente la propria responsabilità senza attribuirla a fattori esterni, e dimostra di aver compreso la gravità delle sue azioni passate.

Perché per i reati più gravi la valutazione per il permesso premio è più severa?
La valutazione è più rigorosa perché la concessione del beneficio deve bilanciare le esigenze di risocializzazione del condannato con la tutela della sicurezza pubblica. Per reati di particolare gravità, l’assenza di pericolosità sociale deve essere accertata con maggiore certezza, e una mancata o superficiale rivisitazione critica del passato è considerata un forte indicatore negativo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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