Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 20910 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 20910 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato in MOLDAVIA il 26/3/1987
avverso l’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza di Roma del 5/12/2024
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 5.12.2024, il Tribunale di Sorveglianza di Roma ha provveduto su un reclamo avverso il rigetto da parte del Magistrato di Sorveglianza di Frosinone di un permesso premio chiesto da NOME COGNOME detenuto in espiazione pena per i reati di omicidio e vilipendio di cadavere commessi nel 2012 (con fine pena al 24.4.2032).
L’ordinanza premette che rispetto al precedente rigetto, fondato sull’insufficiente revisione critica, il reclamo lamenta che non si sia tenuto conto del parere favorevole del direttore del carcere e dell’approvazione da parte del Magistrato di Sorveglianza del programma di trattamento, che prevedeva il
beneficio premiale in considerazione della regolare condotta del detenuto e della sua partecipazione all’attività d’istituto con una proficua frequenza degli studi.
Al riguardo, il Tribunale di Sorveglianza osserva che la relazione di sintesi, pur sottolineando la regolarità della condotta e la partecipazione all’attività interna del detenuto, evidenzia un’insufficiente revisione critica, in quanto COGNOME riferisce del reato commesso con superficialità, sicché v’è necessità di stimolare un lavoro introspettivo rispetto al disvalore e alla gravità dell’accaduto: infatti, la narrazione manca dell’espressione di emotività e il detenuto giustifica il reato con l’assenza di una figura paterna e la frequentazione di coetanei con comportamenti antisociali.
Di conseguenza, l’ordinanza ritiene ancora sussistente la pericolosità sociale dell’istante e rigetta il reclamo.
Avverso la predetta ordinanza, ha presentato ricorso il difensore di COGNOME articolando due motivi.
2.1 Con il primo motivo, deduce la violazione dell’art. 30 -ter L. n. 354 del 1975.
Censura, in particolare, che la motivazione sia apodittica e manifestamente illogica, in quanto si è in presenza di una pluralità di indici suscettibili di positiva valutazione e in assenze di risultanze di segno contrario.
Il permesso premio ha una natura plurifunzionale, ovvero sia premiale che di risocializzazione del detenuto, quest’ultima particolarmente rilevante con riferimento alla detenzione di lunga durata. L’ordinanza impugnata, invece, afferma la persistenza della pericolosità sociale, ricavata dall’insufficiente revisione critica, e la necessità di una più prolungata osservazione, che si traduce in un indebito ostacolo al percorso di graduale apertura verso l’esterno.
2.2 Con il secondo motivo, deduce la manifesta illogicità della motivazione.
Il Tribunale di Sorveglianza non ha attribuito alcun rilievo alla adesione del detenuto al percorso trattamentale di studio e lavoro, né ha tenuto conto che i reati sono risalenti nel tempo.
Il mancato completamento del percorso di revisione critica, che il Tribunale ha valorizzato, non è elemento impeditivo della concessione del permesso premio, ai fini della quale è sufficiente che il processo abbia avuto inizio in modo significativo. Il rigetto si risolve in una valutazione non congruente e illogica delle risultanze disponibili, pur in presenza di una pluralità di indici suscettibili di positiva valutazione.
Peraltro, l’11.10.2024 il detenuto è stato destinatario di un provvedimento di encomio (depositato al Tribunale) in quanto distintosi per particolare impegno nello svolgimento del lavoro, a dimostrazione del fatto che il processo di revisione
del proprio vissuto si sta consolidando e potrebbe ricevere dal permesso premio un effetto propulsivo.
Con requisitoria scritta trasmessa il 4.2.2025, il Sostituto Procuratore Generale ha chiesto il rigetto del ricorso, osservando in diritto che per l’ottenimento di permessi premio è necessari a, tra gli altri elementi, una consolidata revisione critica in ordine alla condotta che ha determinato la condanna, mentre in fatto l’ordinanza è pienamente argomentata e l’obiezione difensiva secondo cui secondo cui il condannato ha iniziato ad assumere consapevolezza del disvalore del fatto è semmai la conferma della logicità di quanto sostenuto dal Tribunale circa l’incompiutezza del percorso di revisione critica e, conseguentemente, circa la sussistenza di una pericolosità sociale incompatibile con il permesso premio richiesto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
I permessi premio, ai sensi dell’art. 30 -ter L. n. 354 del 1975, possono essere concessi ai detenuti che abbiano tenuto una regolare condotta durante la detenzione e che non risultino socialmente pericolosi.
Nel caso di specie, il Tribunale di Sorveglianza di Roma ha dato atto che la relazione di sintesi assicuri la regolarità della condotta del ricorrente, ma ha al contempo ritenuto che sia tuttora sussistente la pericolosità sociale di COGNOME desumendola dalla mancata rivisitazione critica del suo passato.
È stato già affermato da questa Corte che, ai fini della concessione del permesso premio, l’assenza di pericolosità sociale del detenuto è da valutarsi con maggiore rigore nei casi di soggetti -come COGNOME -condannati per reati di particolare gravità e con fine pena lontana nel tempo, in relazione ai quali rileva, in senso negativo, anche la mancanza di elementi indicativi di una rivisitazione critica del pregresso comportamento deviante (Sez. 1, n. 5505 del l’ 11/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 269195 -01; Sez. 1, n. 9796 del 23/11/2007, dep. 2008, COGNOME, Rv. 239173 – 01).
Sotto questo profilo, il Tribunale di Sorveglianza di Roma, rifacendosi ai dati oggettivi tratti dalla stessa relazione di sintesi, ha ritenuto insufficiente la revisione critica del detenuto, con una motivazione non manifestamente illogica, né contraddittoria, che il ricorrente contrasta essenzialmente con la sollecitazione di una rivalutazione alternativa degli elementi di fatto già presi in considerazione dalla decisione impugnata.
Il ricorrente obietta che il mancato completamento di un processo di revisione critica già avviato in modo significativo non sia di ostacolo alla concessione del permesso premio.
Si tratta, peraltro, di principio correttamente ricavato dalla giurisprudenza di legittimità (Sez. 1, n. 26557 del 10/5/2023, COGNOME, Rv. 284894 – 01).
Il punto, tuttavia, è che, nel caso di specie, il Tribunale di Sorveglianza non ha rin venuto dati realmente indicativi dell’effettivo inizio di un percorso di revisione critica, avendo, al contrario, registrato che la relazione di sintesi contenga elementi dimostrativi di una sostanziale assenza di rivisitazione del pregresso comportamento omicidiario da parte del detenuto: COGNOME ne riferisce con superficialità e distacco, non ne ha approfondito il disvalore e tende a giustificarlo con il richiamo alla decisiva incidenza sul suo comportamento di responsabilità altrui.
Si può ritenere, pertanto, che la condotta intramuraria del richiedente, pur connotandosi per correttezza e partecipazione alle attività trattamentali, non denoti, invece, la volontà di intraprendere concretamente un processo di rivisitazione critica delle precedenti scelte delittuose.
A questo peculiare aspetto, l’ordinanza impugnata àncora adeguatamente il rigetto della istanza di permesso premio, così facendo corretta applicazione del principio secondo cui, in tema di permessi premio ex art. 30ter ord. pen., è necessaria, oltre al requisito della regolare condotta, l’assenza di pericolosità sociale del detenuto, sicché rileva, in senso negativo, la mancata rivisitazione critica del pregresso comportamento deviante (Sez. 1, n. 435 del 29/11/2023, dep. 2024, Barcella, Rv. 285567 – 01).
Ne consegue, quindi, che il ricorso deve essere rigettato, con la condanna del ricorrente, ex art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 19.3.2025