LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Permesso premio: la Cassazione sui reati ostativi

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un detenuto contro il diniego di un permesso premio. La sentenza sottolinea che, specialmente in caso di reati ostativi e assenza di collaborazione con la giustizia, il ricorso non può limitarsi a contestare singoli aspetti della motivazione, ma deve confrontarsi con la valutazione complessiva del giudice, che include la mancanza di una revisione critica del passato criminale e la prova della rescissione dei legami con la criminalità organizzata.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 2 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Permesso premio per reati ostativi: la Cassazione ribadisce il rigore nella valutazione

Il permesso premio rappresenta uno strumento cruciale nel percorso di risocializzazione del detenuto. Tuttavia, la sua concessione è subordinata a una rigorosa valutazione da parte della magistratura di sorveglianza, specialmente quando il richiedente sconta una pena per reati di particolare gravità. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sent. n. 26584/2024) ha ribadito l’importanza di una valutazione completa e non frammentaria della posizione del condannato, dichiarando inammissibile il ricorso di un detenuto che aveva contestato solo parzialmente le motivazioni del diniego.

Il caso: la richiesta di permesso premio negata

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un detenuto, in espiazione di una lunga pena anche per reati ostativi, che si era visto rigettare la richiesta di permesso premio prima dal Magistrato e poi dal Tribunale di Sorveglianza. Quest’ultimo aveva motivato il diniego sulla base della necessità di un ulteriore periodo di osservazione per verificare la solidità del percorso di revisione critica del proprio passato criminale e l’effettiva volontà riparatoria.

Il ricorrente, tramite il suo difensore, ha impugnato tale decisione sostenendo che fosse contraddittoria e basata su una lettura parziale della documentazione. In particolare, si lamentava che il Tribunale avesse ignorato le parti delle relazioni in cui si suggeriva che proprio i permessi premio potessero costituire un valido banco di prova per l’affidabilità e l’autodeterminazione del condannato.

La decisione della Cassazione sul permesso premio

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici di legittimità hanno evidenziato come la censura del ricorrente fosse parziale e non si confrontasse con l’intera e complessa motivazione del provvedimento impugnato. Il Tribunale di Sorveglianza, infatti, non si era limitato a citare la necessità di ulteriore osservazione, ma aveva fondato la sua decisione su una pluralità di ragioni (le cosiddette plurime rationes decidendi).

Le motivazioni: i rigidi requisiti per i reati ostativi

La motivazione della Cassazione si articola su un punto fondamentale: per ottenere un permesso premio, non basta una condotta carceraria formalmente regolare. È necessario un accertamento su tre fronti: la regolarità della condotta, l’assenza di pericolosità sociale e la finalità del permesso (coltivare interessi affettivi, culturali o di lavoro).

Nel caso di specie, il detenuto era stato condannato per reati ostativi, non aveva collaborato con la giustizia né si era dissociato. In questi casi, la valutazione della pericolosità sociale diventa ancora più stringente. Il Tribunale di Sorveglianza aveva correttamente valorizzato elementi sfavorevoli, quali:

* La carenza di prova su iniziative riparatorie concrete.
* L’assenza di un’effettiva e profonda revisione critica del passato criminale.
* La mancanza di elementi sufficienti a escludere il pericolo di ripristino dei collegamenti con la criminalità organizzata.
* La gravità dei reati commessi, la giovane età all’epoca dei fatti e le condotte illecite tenute anche durante la detenzione.

Il ricorso del detenuto è stato quindi ritenuto inammissibile perché, concentrandosi su un presunto travisamento di un singolo documento, non ha scalfito il nucleo centrale e più solido della motivazione del diniego, basato su una valutazione complessiva e negativa del percorso trattamentale e del profilo di pericolosità del soggetto.

Le conclusioni: implicazioni pratiche della sentenza

Questa sentenza conferma che l’onere della prova per i detenuti che richiedono benefici penitenziari, soprattutto se non collaboranti e condannati per reati ostativi, è particolarmente elevato. Non è sufficiente contestare singoli aspetti della valutazione del giudice di sorveglianza. È necessario, invece, fornire elementi concreti e specifici che dimostrino un cambiamento profondo e l’effettiva rescissione dei legami con l’ambiente criminale di provenienza. La decisione del giudice deve basarsi su un’analisi olistica, che tenga conto di tutti gli elementi disponibili, e non può essere messa in discussione da censure parziali che non affrontano il cuore della ratio decidendi.

Quali sono i requisiti generali per ottenere un permesso premio?
Per ottenere un permesso premio, l’art. 30-ter dell’Ordinamento Penitenziario richiede la sussistenza di tre presupposti: la regolare condotta del detenuto, l’assenza di pericolosità sociale e la funzionalità del permesso alla coltivazione di interessi affettivi, culturali o di lavoro.

Perché la Cassazione ha ritenuto inammissibile il ricorso del detenuto?
La Cassazione ha ritenuto il ricorso inammissibile perché la censura era parziale. Il ricorrente ha contestato solo un aspetto della motivazione del provvedimento impugnato, senza confrontarsi con le altre e più ampie ragioni della decisione (plurime rationes decidendi), come la carenza di prova sulla revisione critica, sulle iniziative riparatorie e sull’assenza di collegamenti con la criminalità organizzata.

Cosa deve dimostrare un detenuto per reati ostativi, non collaborante, per ottenere un permesso premio?
Un detenuto per reati ostativi che non collabora con la giustizia deve fornire elementi specifici e concreti per superare la presunzione di pericolosità. Deve dimostrare non solo la regolare condotta carceraria, ma anche l’effettiva rescissione dei collegamenti con la criminalità organizzata, un percorso di revisione critica del proprio passato e, ove possibile, l’adempimento delle obbligazioni civili e iniziative a favore delle vittime.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati