Permesso Premio: la Cassazione Chiarisce i Limiti di Pena Scontata
Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è intervenuta su un caso relativo alla concessione del permesso premio, un importante strumento di risocializzazione per i detenuti. La pronuncia chiarisce la distinzione fondamentale tra i requisiti temporali per accedere al beneficio, come l’aver scontato una soglia minima di pena, e le diverse questioni legate alla collaborazione con la giustizia, precedentemente affrontate dalla Corte Costituzionale. Questa decisione ribadisce la legittimità delle soglie di pena previste dalla legge, anche alla luce dei recenti interventi della Consulta.
I Fatti del Caso
Un detenuto si vedeva respingere la richiesta di permesso premio dal Tribunale di Sorveglianza. La motivazione del diniego era chiara: il reato per il quale stava scontando la pena rientrava in una delle categorie ostative previste dall’art. 4bis, comma 1ter, dell’ordinamento penitenziario. Questa norma stabilisce che per determinati reati, l’accesso al beneficio è subordinato all’espiazione di almeno metà della pena.
Contro tale decisione, il detenuto proponeva ricorso in Cassazione, sostenendo due argomenti principali. In primo luogo, riteneva che il Tribunale avrebbe dovuto applicare i principi enunciati dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 85/2024, estendendoli al suo caso. In secondo luogo, chiedeva alla stessa Cassazione di sollevare una questione di legittimità costituzionale sull’art. 30, comma 4, dell’ordinamento penitenziario, nella parte in cui impone un limite di pena scontata anche per i detenuti non soggetti ai divieti specifici dell’art. 4bis.
La Decisione della Corte di Cassazione sul permesso premio
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito della richiesta del detenuto, ma si ferma a un gradino precedente, rilevando l’incapacità del ricorso di superare le barriere procedurali e di fondatezza necessarie per un esame approfondito. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma alla Cassa delle ammende.
Le Motivazioni
La Corte di Cassazione ha basato la sua decisione su una motivazione netta e precisa. Il ricorso è stato giudicato carente perché non si confrontava adeguatamente con l’argomento centrale della decisione del Tribunale di Sorveglianza. Inoltre, la questione di legittimità costituzionale sollevata è stata ritenuta ‘manifestamente infondata’.
Il punto cruciale della motivazione risiede nella distinzione tra due situazioni giuridiche differenti:
1. Gli interventi della Corte Costituzionale: Le sentenze della Consulta, come la n. 85/2024 citata dal ricorrente, sono intervenute per restituire un ambito di discrezionalità al giudice nella valutazione della condotta dei detenuti per reati ostativi (art. 4bis) che non avevano collaborato con la giustizia. L’obiettivo era superare l’automatismo che legava la mancata collaborazione al diniego dei benefici.
2. Il caso di specie: La preclusione all’accesso al permesso premio nel caso esaminato non derivava dalla mancata collaborazione, ma dal mancato raggiungimento di una ‘soglia minima di pena scontata’. Si tratta di un presupposto oggettivo, previsto dalla legge, che è del tutto diverso dal tema della collaborazione con la giustizia. La Corte Costituzionale, secondo la Cassazione, non si è mai occupata di questo specifico presupposto temporale, che quindi rimane pienamente legittimo.
In sintesi, il ricorrente ha tentato impropriamente di applicare principi giurisprudenziali nati per risolvere una problematica (quella della collaborazione) a una fattispecie completamente diversa (quella del requisito temporale di pena espiata).
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame consolida un importante principio: i requisiti previsti dalla legge per l’accesso ai benefici penitenziari, come il permesso premio, devono essere analizzati singolarmente. La giurisprudenza costituzionale che ha mitigato gli automatismi legati alla collaborazione con la giustizia non può essere utilizzata per scardinare altri presupposti normativi, come le soglie minime di pena da scontare. Questa decisione offre un chiaro orientamento per i detenuti e i loro difensori, sottolineando la necessità di fondare i ricorsi su argomentazioni pertinenti alla specifica ragione del diniego, senza operare estensioni analogiche di principi affermati in contesti giuridici differenti.
Perché è stato negato inizialmente il permesso premio al detenuto?
Il permesso premio è stato negato perché il reato per cui era in carcere rientrava nell’art. 4bis, comma 1ter, della legge sull’ordinamento penitenziario, che impone di aver scontato almeno metà della pena prima di poter accedere al beneficio, condizione che il detenuto non aveva ancora soddisfatto.
È possibile applicare i principi della sentenza n. 85/2024 della Corte Costituzionale per superare il requisito della pena minima scontata?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che quella sentenza e altre simili riguardano la valutazione della collaborazione con la giustizia per i detenuti sottoposti al regime dell’art. 4bis. Il requisito di aver scontato una soglia minima di pena è una questione completamente diversa e non è stato toccato da tali pronunce.
Qual è stata la decisione finale della Corte di Cassazione?
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Ha ritenuto che le argomentazioni del ricorrente non affrontassero il punto centrale della decisione impugnata e che la questione di costituzionalità sollevata fosse manifestamente infondata. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 742 Anno 2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Data Udienza: 28/11/2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 742 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME
– Relatore –
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a CALTANISSETTA il 08/07/1977
avverso l’ordinanza del 07/06/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di Caltanissetta dato avviso alle parti;
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
Esaminato il ricorso proposto avverso l’ordinanza in data 7 giugno 2024, con la quale il Tribunale di sorveglianza di Caltanissetta ha respinto il reclamo avverso il provvedimento di diniego di permesso premio, richiesto da NOME COGNOME ex art. 30 ter ord. pen., in quanto il reato per il quale sta scontando la pena rientra tra quelli di cui all’art. 4 bis , comma 1 ter , ord. pen. e l’accesso al beneficio Ł ammesso solo dopo avere scontato almeno metà della pena;
CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che con unico motivo il ricorrente lamenta che il Tribunale avrebbe dovuto tenere conto dei principi posti dalla sentenza n. 85/2024 della Corte Costituzionale, che possono estendersi al caso di specie, e chiede comunque a questa Corte di sollevare questione di legittimità costituzionale dell’art. 30, comma 4, ord. pen., nella parte in cui prevede un limite di pena scontata anche per i detenuti per i quali non operano i divieti di cui all’art. 4bis ord. pen.;
Ritenuto che il ricorso non si confronta con gli argomenti posti a fondamento della decisione impugnata che coglie il profilo decisivo per la risoluzione della questione e per apprezzare la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale sostanziale, unico oggetto dell’argomentare del ricorrente; gli interventi della Corte sono stati dovuti alla necessità di recuperare ambiti di valutazione discrezionale al legislatore in favore dei soggetti sottoposti al regime dell’art. 4 bis ord. pen., anche se non avevano collaborato con la giustizia, mentre nel caso di specie la preclusione Ł dovuta alla soglia minima di pena scontata, ipotesi di cui la Corte
Costituzionale non si Ł occupata e che Ł tutt’affatto diversa da quella oggetto delle censure di costituzionalità;
che per queste ragioni, il ricorso va dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così Ł deciso, 28/11/2024
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME