Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 47254 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 47254 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a NAPOLI il 04/05/1967
avverso l’ordinanza del 24/06/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di NAPOLI udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
letternentite le conclusioni del PG
Letta la requisitoria del dott. NOME COGNOME Sostituto Procuratore generale dell Repubblica presso la Corte di cassazione, con cui è stata chiesta la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di sorveglianza di Napoli ha dichiarato inammissibile l’istanza formulata nell’interesse di NOME COGNOME volta alla concessione d permesso premio previo accertamento della condotta di collaborazione in concreto inesigibile, impossibile o irrilevante.
Avverso tale pronuncia propone ricorso per cassazione, tramite il proprio difensore, NOME COGNOME che censura il provvedimento impugnato per violazione del combinato disposto degli artt. 4 – bis e 58 – ter I. 26 luglio 1975, n. 354 (Ord. pen.).
La difesa lamenta che il Tribunale di sorveglianza di Napoli omette di confrontarsi sull’attualità della collaborazione richiesta alla COGNOME. Evidenzia, a tale riguardo, co l’accertamento dei fatti in espiazione fosse stato integrale e, pertanto, non fosse possibil un’utile collaborazione della sua assistita, peraltro concernente soggetti ancora, quasi tutti, stato di detenzione. Osserva che la COGNOME è stata condannata alla pena di anni 6 di reclusione per partecipazione ad associazione finalizzata al narcotraffico ex art. 74 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche in considerazione del suo ruolo marginale. Aggiunge che detta limitata partecipazione, circoscritta ad un arco temporale ristretto e risalente nel tempo, dall’ottobre 2009 al settembre 2010, e l’integrale accertamento dei fatti e delle responsabilità rendono impossibile un’util collaborazione con la giustizia. Rileva che l’ordinanza fa leva su una serie di provvedimenti a carico dei componenti del clan COGNOME che non implicano la conoscenza dei fatti da parte della Marigliano e la possibilità della stessa di riferire sul clan. Osserva che a seguito della sentenz della Corte costituzionale del 4 dicembre 2019 n. 253 la mancata collaborazione del condannato determina una presunzione solo relativa della sussistenza dei legami con l’organizzazione criminale di appartenenza e che nel caso in esame, considerata per quanto evidenziato l’impossibilità della collaborazione, la condannata non può essere ritenuta persona radicata nel crimine organizzato e perciò socialmente pericolosa. Il difensore insiste, quindi, per l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
Con sentenza n. 253 del 2019 la Corte costituzionale ha affermato l’illegittimità costituzionale dell’intera previsione contenuta nel comma 1 dell’art. 4-bis Ord. pen. nella parte in cui non prevedeva la concessione dei permessi premio ai condannati dei delitti ivi previsti anche in assenza della collaborazione con la giustizia a norma dell’art. 58-ter Ord. pen., allorché fossero stati acquisiti elementi tali da escludere sia l’attualità dei collegamenti co criminalità organizzata, sia il pericolo del ripristino di tali collegamenti.
Attraverso detta decisione è stata, quindi, rimossa la presunzione assoluta di pericolosità che era alla base del divieto di accesso al permesso premio penitenziario, prevista nei confronti dei soggetti detenuti per uno dei reati espressamente elencati, in caso di non collaborazione con la giustizia.
La Corte costituzionale ha evidenziato che tale presunzione di carattere assoluto, anziché relativo, era lesiva dei principi di ragionevolezza e della finalità rieducativa della pena, poi la sua assolutezza – basata su una generalizzazione che può, invece, essere contraddetta, a determinate e rigorose condizioni, da allegazioni contrarie – impedisce alla magistratura di sorveglianza di valutare in concreto e secondo criteri individualizzanti il percorso carcerario de condannato, ai fini dell’ammissione al permesso premio, che ha una peculiare funzione pedagogico- propulsiva.
Il dispositivo della sentenza n. 253, dunque, menziona espressamente le due proposizioni probatorie della “attualità dei collegamenti” e del “pericolo del loro ripristino” con port additiva, tale da determinare la costruzione di un sistema differenziato quanto alle valutazioni giurisdizionali posteriori alla decisione di incostituzionalità.
Come questa Corte – Sez. 1, n. 5553 del 28/01/2020, COGNOME, Rv. 279783; in senso conforme Sez. 5, n. 19536 del 28/02/2022, COGNOME, Rv. 283096 – ha precisato: – «la decisione della Corte costituzionale non riguarda, pertanto, le disposizioni in tema di collaborazione impossibile o inesigibile (tenute espressamente al di fuori dell’oggetto del giudizio) che non solo restano vigenti ma che continuano ad avere una portata precettiva concreta, sia in ragione della diversità parziale delle regole dimostrative della assenza d pericolosità (profilo strettamente normativo), sia in ragione di una percepibile differenz ontologica, posto che l’accertamento in positivo della impossibilità o inesigibilità del collaborazione consente di qualificare in termini univoci (e non connotati da alcun minimo disvalore) la scelta del detenuto di non fornire informazioni alla autorità giudiziaria»; deriva, quanto all’esame delle ricadute, che non può certo dirsi – specie in ragione della segnalata differenza di oggetto della prova – abrogata per incompatibilità la previsione di legge (art. 4 bis, comma 1-bis) in tema di collaborazione impossibile o inesigibile»; – «in presenza di simile accertamento positivo (spettante ex lege al Tribunale) la scelta di non prestare collaborazione assume un significato del tutto neutro, il che nella logica proposta dalla Corte costituzionale – consente di circoscrivere la dimostrazione probatoria al parametro della esclusione di attualità dei collegamenti».
A seguito di detta pronuncia è comunque intervenuto il d. I. 31 ottobre 2022, n. 162, che ha previsto all’art. 1, comma 1, lett. a), n. 2), l’integrale sostituzione del comma 1-bis dell’art. 4-bis Ord. pen.
Alla luce del nuovo regime giuridico, i benefici penitenziari per reati ostativi di ‘pr fascia’ possono essere concessi “anche in assenza di collaborazione con la giustizia”, purché l’istante dimostri l’adempimento delle obbligazioni civili e degli obblighi di riparazi pecuniaria conseguenti alla condanna o l’assoluta impossibilità di tale adempimento e alleghi elementi specifici, diversi e ulteriori rispetto alla regolare condotta carceraria, partecipazione del detenuto al percorso rieducativo e alla mera dichiarazione di dissociazione dall’organizzazione criminale di eventuale appartenenza; elementi, questi, che devono consentire di escludere l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristic eversiva e con il contesto nel quale il reato è stato commesso, nonché il pericolo di ripristino d tali collegamenti, anche indiretti o tramite terzi, tenuto conto delle circostanze personal ambientali, delle ragioni eventualmente dedotte a sostegno della mancata collaborazione, della revisione critica della condotta criminosa e di ogni altra informazione disponibile.
Tanto premesso, il ricorso non merita accoglimento.
L’ordinanza impugnata, invero, premette che la Marigliano risulta essere stata condannata in via definitiva alla pena di anni sei di reclusione, così ridotta la pena inflitta in primo per la concessione delle circostanze attenuanti generiche in ragione della rinuncia al gravame, per il delitto di cui all’art. 74 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (partecipazione ad associazio finalizzata al traffico di stupefacenti composta da più di dieci persone) aggravato ex art. 7 I. luglio 1991, n. 203, con il riconoscimento del ruolo specifico di gestire, unitamente a NOME COGNOME ci., 1977 e ad NOME COGNOME, per volere del boss NOME COGNOME e quindi al fine di favorire le attività illecite del clan al medesimo riconducibile, la piazza di spaccio di INDIRIZZO
Evidenzia detto provvedimento che già il Tribunale del riesame, nel confermare integralmente il titolo cautelare per il fatto di cui alla summenzionata condanna a carico dell Marigliano, ne poneva in risalto il ruolo nella gestione della medesima, investita direttamente da NOME COGNOME.
Aggiunge che nei confronti della medesima con decreto emesso in data 26 aprile 2016 veniva disposta anche la sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel comune di residenza.
Rileva che l’organizzazione camorristica COGNOME, cui è risultata appartenere la Marigliano, è tuttora pienamente operativa nel quartiere di San Giovanni a Teduccio e nei limitrofi territor di San Giorgio a Cremano e Portici, come da recente ordinanza di custodia cautelare (del ’19 gennaio 2023) nei confronti altresì di NOME COGNOME cl. 1977, indagato per aver collaborato con i vertici del clan alla commissione di azioni armate, estorsioni, distribuzione della sostanza stupefacente alle piazze di spaccio e riscossione delle quote dei gestori.
Alla luce di tali premesse, l’ordinanza passa ad esaminare la richiesta di accertamento di collaborazione impossibile formulata nell’interesse della Marigliano, osservando che, attesi i legami di quest’ultima e dei componenti della sua famiglia con il capo del sodalizio, nonché il ruolo rivestito all’interno dell’associazione, la suddetta avrebbe potuto disvelare certamente utili informazioni circa i canali di approvvigionamento della sostanza stupefacente acquistata dall’organizzazione, nonché in ordine ai proventi delle cessioni, ai soggetti a cui venivano affidate le somme incassate per celarne la provenienza e, più in generale, in ordine ai canali di investimento e reimpiego dei proventi dell’associazione.
Conclude, anche alla luce della corposa relazione della DDA di Napoli, per l’assenza di una seria volontà della donna di scissione dal clan, ma anche per la potenziale capacità della predetta di rendere ancora delle informazioni tali per cui la collaborazione, in qualsiasi del sue forme, potrebbe essere attuata.
Il motivo di ricorso, di contro, si rivela infondato, ai limiti dell’inammissibilità, ins sul ruolo marginale rivestito dalla Marigliano, quale sarebbe reso evidente dalla concessione delle circostanze attenuanti generiche ad opera della sentenza di appello, senza confrontarsi con il rilievo dell’ordinanza secondo cui tale concessione avveniva per la rinuncia nel giudizio di appello ai motivi sulla responsabilità penale e con l’opposta affermazione dello svolgimento di un ruolo di gestione di una piazza di spaccio con un complice tuttora attivo nel narcotraffico e nelle attività illecite del clan. E insistendo, altresì, sull’integrale accertamento dei fatti di cui alla condanna, senza contrastare il rilievo circa la possibilità di fornire da parte dell’imput notizie utili nei termini di cui sopra e la valorizzazione della mancata allegazione di circostan dimostrative di una seria volontà di scissione dal clan.
Al rigetto consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna della ricorrente a pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 12 novembre 2024.