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Permesso premio: la Cassazione conferma il rigetto

La Corte di Cassazione ha confermato il rigetto di un’istanza di permesso premio presentata da un detenuto. La decisione si fonda sulla mancata allegazione, da parte del ricorrente, di elementi concreti idonei a superare la presunzione di pericolosità sociale legata al reato ostativo commesso. Secondo la Corte, né la buona condotta carceraria né l’esiguità della pena residua sono di per sé sufficienti a tal fine, confermando la corretta applicazione dei principi stabiliti dalla Corte Costituzionale.

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Pubblicato il 25 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Permesso Premio: la Cassazione conferma il rigetto per mancato superamento della pericolosità

L’ottenimento di un permesso premio rappresenta un passo fondamentale nel percorso di risocializzazione di un detenuto. Tuttavia, quando si tratta di reati considerati ‘ostativi’, la strada è più complessa. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito i rigorosi criteri che il condannato deve soddisfare per superare la presunzione di pericolosità sociale, anche in presenza di una pena residua molto breve. Vediamo nel dettaglio la vicenda e i principi di diritto applicati.

I Fatti del Caso: Il percorso del diniego

Un detenuto presentava un’istanza per la concessione di un permesso premio ai sensi dell’art. 30 ter dell’ordinamento penitenziario. La sua richiesta veniva però respinta prima dal Magistrato di Sorveglianza e, successivamente, anche in sede di reclamo dal Tribunale di Sorveglianza.

Il Tribunale basava la sua decisione negativa sulla valutazione complessiva della posizione del condannato. Nonostante alcuni elementi positivi, come il parere favorevole del direttore del carcere, il giudice riteneva che non fossero stati forniti elementi sufficienti a vincere la presunzione di pericolosità sociale. Questa presunzione è legalmente collegata alla tipologia di reato per cui era stata inflitta la condanna (un ‘reato ostativo’).

I Motivi del Ricorso in Cassazione: Perché il permesso premio andava concesso?

Il difensore del condannato ha presentato ricorso in Cassazione, contestando la decisione del Tribunale di Sorveglianza per violazione di legge e vizio di motivazione. I principali argomenti a sostegno del ricorso erano:

1. Errata valutazione degli elementi: La difesa sosteneva che il Tribunale avesse fondato la sua decisione su elementi non documentati, come la presunta commissione di un altro delitto in passato e l’incontro con pregiudicati.
2. Ignoranza di fattori positivi: Il ricorso evidenziava come il giudice non avesse dato il giusto peso al parere favorevole del direttore carcerario e alla relazione in atti, entrambi positivi riguardo al rilascio del permesso.
3. Pena residua esigua: Un punto centrale della difesa era che la pena per il reato ostativo fosse quasi interamente espiata e che il residuo, di circa otto mesi, fosse pienamente compatibile con la concessione del beneficio.

In sostanza, secondo la difesa, il Tribunale aveva operato una valutazione errata, non bilanciando correttamente gli elementi a favore e contro il detenuto.

Le Motivazioni della Suprema Corte sul permesso premio

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso infondato, confermando la decisione del Tribunale di Sorveglianza. Il ragionamento della Corte si è basato su un principio cardine, richiamando la sentenza della Corte Costituzionale n. 20 del 2022.

Il punto cruciale è che, in presenza di un reato ostativo, spetta al condannato fornire la prova del superamento della presunzione di pericolosità sociale. Il giudice della sorveglianza, nel caso specifico, ha correttamente evidenziato la ‘mancata allegazione di elementi idonei a superare’ tale presunzione.

La Corte ha specificato che la decisione impugnata era congrua e ben motivata. Il Tribunale aveva considerato non solo la mancanza di prove positive fornite dal ricorrente, ma anche ‘ulteriori elementi pure emersi’ che deponevano in senso contrario alla concessione del permesso premio. Pertanto, le censure della difesa, anche tenendo conto dell’esiguo residuo di pena, non sono state ritenute fondate. Il semplice avvicinarsi della fine della pena non è, da solo, un elemento sufficiente a dimostrare il venir meno della pericolosità sociale.

Le Conclusioni

La sentenza riafferma un principio fondamentale in materia di benefici penitenziari per reati ostativo: la responsabilità di dimostrare un reale cambiamento e il superamento dei legami con l’ambiente criminale ricade interamente sul detenuto. Non basta una buona condotta intramuraria o l’approssimarsi della scarcerazione per ottenere un permesso premio. È necessario fornire al giudice elementi concreti e specifici che attestino un percorso di revisione critica e di allontanamento dal passato criminale. La decisione della Corte di Cassazione, pertanto, sottolinea il rigore valutativo richiesto al magistrato di sorveglianza in queste delicate situazioni.

Avere una pena residua breve è sufficiente per ottenere un permesso premio per un reato ostativo?
No, secondo la sentenza, l’esiguità della pena residua non è di per sé un elemento sufficiente a superare la presunzione di pericolosità sociale e a fondare la concessione del permesso.

Cosa deve dimostrare un condannato per un reato ostativo per accedere a un permesso premio?
Il condannato deve allegare e provare elementi idonei a superare la presunzione di pericolosità sociale. La Corte sottolinea che la semplice buona condotta o la vicinanza della fine della pena non bastano, ma occorrono prove concrete di un effettivo cambiamento.

Il parere favorevole del direttore del carcere è vincolante per il giudice?
No, il parere del direttore del carcere, sebbene importante, è solo uno degli elementi che il giudice valuta. La decisione finale spetta al magistrato, che deve considerare tutti gli elementi disponibili, inclusi quelli che possono contraddire il parere favorevole.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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