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Permesso Premio e Valutazione Attuale: La Cassazione

La Corte di Cassazione ha annullato la decisione di un Tribunale di sorveglianza che negava un permesso premio basandosi su una relazione vecchia di anni. La sentenza afferma il principio secondo cui il giudice del reclamo deve effettuare una valutazione completa e aggiornata della situazione del detenuto, acquisendo d’ufficio nuove informazioni se necessario, soprattutto alla luce delle recenti modifiche normative introdotte dalla Corte Costituzionale.

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Pubblicato il 17 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Permesso Premio: la Cassazione ribadisce l’obbligo di una valutazione aggiornata

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sent. n. 496/2024) ha riaffermato un principio fondamentale in materia di esecuzione della pena: la valutazione per la concessione di un permesso premio deve essere sempre basata su dati attuali e completi. La Corte ha annullato un’ordinanza del Tribunale di sorveglianza che aveva negato il beneficio a un detenuto fondando la propria decisione su una relazione di sintesi risalente a oltre cinque anni prima. Questo intervento chiarisce i doveri del giudice in sede di reclamo, specialmente alla luce delle evoluzioni normative e giurisprudenziali.

I Fatti del Caso

Un detenuto, condannato per gravi reati tra cui associazione di tipo mafioso, si era visto respingere la richiesta di permesso premio dal Magistrato di sorveglianza. La decisione si basava sulla presunta incompletezza dell’osservazione scientifica della personalità e sulla ritenuta pericolosità sociale del soggetto. Il detenuto ha presentato reclamo al Tribunale di sorveglianza, il quale ha confermato il rigetto, facendo riferimento a una relazione del Gruppo di Osservazione e Trattamento (GOT) di oltre cinque anni prima, ritenendola da aggiornare ma senza procedere in tal senso. Contro questa decisione, il detenuto ha proposto ricorso per cassazione, lamentando che il Tribunale avesse deciso sulla base di dati di fatto errati e non attualizzati, ignorando il percorso trattamentale successivo.

La Decisione della Cassazione sul Permesso Premio

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando l’ordinanza impugnata e rinviando il caso al Tribunale di sorveglianza per un nuovo giudizio. La decisione si fonda sulla violazione dei principi che regolano il procedimento di reclamo e la valutazione dei presupposti per la concessione dei benefici penitenziari.

Le Motivazioni

La sentenza si articola attorno a due pilastri argomentativi cruciali.

Il Ruolo Sostitutivo e Devolutivo del Tribunale di Sorveglianza

In primo luogo, la Corte ricorda che il procedimento di reclamo dinanzi al Tribunale di sorveglianza non è una mera revisione formale della decisione del magistrato. Al contrario, ha carattere devolutivo e sostitutivo. Questo significa che il Tribunale ha il pieno potere di decidere nuovamente sulla domanda, valutando tutti gli argomenti e le prove disponibili al momento della sua decisione. Le decisioni in materia penitenziaria sono sempre emesse “allo stato degli atti”, il che impone al giudice di considerare ogni sviluppo della vicenda, anche successivo al primo provvedimento. Di conseguenza, il Tribunale non può limitarsi a constatare che la documentazione è datata, ma ha il dovere di attivarsi, anche d’ufficio, per acquisire tutte le informazioni aggiornate necessarie per una decisione corretta.

L’Impatto della Sentenza Costituzionale n. 253/2019 e l’Obbligo di Valutazione Aggiornata

Il secondo punto, ancora più rilevante, riguarda la necessità di una valutazione “attualizzata” alla luce delle modifiche normative. La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 253 del 2019, ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 4-bis dell’ordinamento penitenziario nella parte in cui prevedeva una presunzione assoluta di pericolosità per i condannati per reati “ostativi” (come quelli di mafia) che non collaboravano con la giustizia, precludendo loro l’accesso al permesso premio. A seguito di tale pronuncia, è possibile concedere il beneficio anche a questi detenuti, a condizione che vengano acquisiti elementi tali da escludere l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata e il pericolo di un loro ripristino.

Il Tribunale di sorveglianza, nel caso di specie, ha completamente ignorato questa fondamentale evoluzione. Avrebbe dovuto disporre d’ufficio l’acquisizione di informazioni aggiornate dal Procuratore nazionale antimafia e dalle altre autorità competenti per verificare concretamente la sussistenza di tali collegamenti. Invece, si è limitato a basare la sua decisione su una relazione obsoleta, commettendo un errore procedurale e di merito.

Conclusioni

La sentenza in esame rappresenta un importante monito per la magistratura di sorveglianza. La valutazione per un permesso premio non può essere un atto burocratico basato su carte impolverate. Deve essere un giudizio dinamico, approfondito e, soprattutto, attuale, che tenga conto del percorso del detenuto e delle evoluzioni del quadro normativo. Il giudice ha un ruolo attivo nel reperire le informazioni necessarie, garantendo che ogni decisione sia fondata su una conoscenza completa e aggiornata della situazione, nel rispetto dei principi di rieducazione della pena sanciti dalla Costituzione.

Qual è il dovere principale del Tribunale di sorveglianza quando decide su un reclamo contro il diniego di un permesso premio?
Il Tribunale deve condurre una nuova e completa valutazione della richiesta, basandosi sulla situazione attuale del detenuto (“allo stato degli atti”). Non può limitarsi a una revisione della decisione precedente, ma deve, se necessario, acquisire d’ufficio tutte le informazioni aggiornate per decidere nel merito.

Una decisione su un permesso premio può essere basata su informazioni vecchie di diversi anni?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che fondare una decisione su una relazione di sintesi risalente a oltre cinque anni prima costituisce un vizio. La valutazione della pericolosità e del percorso del detenuto deve essere basata su dati attuali e concreti.

Come ha inciso la sentenza della Corte Costituzionale n. 253/2019 sulla concessione del permesso premio per reati di mafia?
Ha eliminato la presunzione assoluta di pericolosità per i detenuti condannati per tali reati che non collaborano con la giustizia. Ora possono accedere al beneficio, a patto che il giudice, tramite un’istruttoria approfondita che includa informazioni dalle procure antimafia, accerti l’assenza di collegamenti attuali con la criminalità organizzata e il rischio che questi possano essere ripristinati.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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