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Permesso premio: condotta e valutazione autonoma

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso di un detenuto a cui era stato negato un permesso premio a causa di una sanzione disciplinare per possesso di un telefono cellulare. La Corte ha stabilito che la valutazione sulla “regolare condotta” da parte del Tribunale di Sorveglianza è autonoma e non è vincolata dalla qualificazione del medesimo fatto come di “particolare tenuità” da parte del giudice penale. La mancanza del requisito della regolare condotta è sufficiente a giustificare il diniego del beneficio.

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Pubblicato il 12 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Permesso Premio e Condotta: l’Autonoma Valutazione del Giudice

La concessione di un permesso premio rappresenta un momento cruciale nel percorso di rieducazione del condannato. Tuttavia, i requisiti per ottenerlo sono stringenti e la valutazione del giudice di sorveglianza è caratterizzata da un’ampia autonomia. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: una sanzione disciplinare può precludere il beneficio, anche se il fatto alla base della stessa è stato considerato di lieve entità in sede penale.

I fatti del caso: la richiesta di permesso premio negata

Un detenuto, in espiazione di pena per reati legati agli stupefacenti, presentava un’istanza per ottenere un permesso premio al fine di incontrare il proprio figlio. La richiesta veniva rigettata sia dal Magistrato che, in sede di reclamo, dal Tribunale di Sorveglianza. Le ragioni del diniego si fondavano su due pilastri: la natura dei reati per cui era stato condannato, che faceva dubitare del suo distacco da fonti di sostentamento illecite, e, soprattutto, la mancanza di una “regolare condotta” in carcere. In particolare, al detenuto era stata inflitta una sanzione disciplinare di cinque giorni di esclusione dalle attività in comune per il possesso non autorizzato di un telefono cellulare.

Il ricorso in Cassazione: le ragioni del detenuto

Contro la decisione del Tribunale di Sorveglianza, il detenuto proponeva ricorso per cassazione. La difesa lamentava la mancanza e la manifesta illogicità della motivazione. Sosteneva che i suoi precedenti penali erano risalenti nel tempo e che l’episodio disciplinare del telefono cellulare era di scarsa gravità. A riprova di ciò, evidenziava come, nel separato giudizio penale per lo stesso fatto, gli era stata riconosciuta la causa di non punibilità per “particolare tenuità del fatto” ai sensi dell’art. 131-bis del codice penale.

La valutazione della condotta e il permesso premio

L’articolo 30-ter dell’Ordinamento Penitenziario stabilisce che i permessi premio possono essere concessi ai detenuti che non risultano socialmente pericolosi e che hanno tenuto una regolare condotta durante l’esecuzione della pena. Questo secondo requisito è essenziale e la sua valutazione è di competenza esclusiva della magistratura di sorveglianza, che deve basarsi sul comportamento complessivo del detenuto all’interno dell’istituto.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso infondato, confermando la decisione del Tribunale di Sorveglianza. Il punto centrale della motivazione risiede nella netta separazione tra la valutazione del giudice della cognizione penale e quella del giudice di sorveglianza.

La Corte ha chiarito che il riconoscimento della “particolare tenuità del fatto” in sede penale non ha alcuna rilevanza ai fini della valutazione della “regolare condotta” per la concessione del permesso premio. La valutazione della magistratura di sorveglianza è un apprezzamento autonomo, finalizzato a verificare l’adesione del detenuto al percorso trattamentale e il rispetto delle regole carcerarie. Un comportamento, pur penalmente irrilevante o di minima entità, può comunque costituire un’infrazione disciplinare grave e sintomatica di una mancata revisione critica e di un’inaffidabilità del soggetto.

In altre parole, mentre il giudice penale valuta il disvalore del reato, il giudice di sorveglianza valuta il significato di quel comportamento nel contesto del percorso rieducativo. L’unico limite a questa autonomia si ha quando il giudice della cognizione accerta l’insussistenza del fatto o la sua non attribuibilità al detenuto, cosa che non era avvenuta nel caso di specie.

Le conclusioni: implicazioni pratiche della sentenza

La sentenza ribadisce la centralità del requisito della regolare condotta e l’ampia discrezionalità del Tribunale di Sorveglianza nel valutarla. La decisione insegna che anche un singolo episodio disciplinare, se ritenuto significativo, può essere sufficiente a escludere la concessione di un permesso premio. Gli operatori del diritto e i detenuti devono essere consapevoli che la valutazione della condotta penitenziaria segue logiche e finalità proprie, distinte da quelle del processo penale. L’affidabilità del condannato e la sua adesione al trattamento rieducativo sono gli unici parametri che contano ai fini dell’accesso ai benefici.

Un’infrazione disciplinare in carcere, considerata di lieve entità dal giudice penale, può impedire la concessione di un permesso premio?
Sì. La Corte di Cassazione ha chiarito che la valutazione del Tribunale di Sorveglianza sulla “regolare condotta” del detenuto è autonoma e indipendente. Anche se il fatto è considerato di “particolare tenuità” in sede penale, può comunque integrare un’infrazione disciplinare che dimostra la mancanza del requisito della regolare condotta, giustificando il diniego del permesso.

Quali sono i requisiti fondamentali per ottenere un permesso premio menzionati nella sentenza?
La sentenza ribadisce i due requisiti essenziali previsti dall’art. 30-ter dell’Ordinamento Penitenziario: il detenuto deve aver tenuto una regolare condotta durante la detenzione e non deve risultare socialmente pericoloso.

Il giudizio del Tribunale di Sorveglianza sulla condotta del detenuto è insindacabile?
Non è del tutto insindacabile, ma il controllo della Corte di Cassazione è limitato alla verifica di vizi logici o di violazioni di legge nella motivazione. La Corte non può entrare nel merito della valutazione discrezionale fatta dal Tribunale di Sorveglianza, che resta sovrano nell’apprezzare se la condotta del detenuto sia stata o meno “regolare”.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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