Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 32375 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 32375 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato in Senegal DATA_NASCITA;
avverso la ordinanza del Tribunale di sorveglianza di Genova del 05/03/2025;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la ordinanza indicata in epigrafe il Tribunale di sorveglianza di Genova ha respinto il reclamo presentato da NOME avverso il rigetto della sua richiesta di permesso premio ex art. 30-ter Ord., disposto dal magistrato di sorveglianza della stessa città con decreto del 17 dicembre 2024.
In particolare, il Tribunale di sorveglianza ha osservato che, in considerazione della natura dei precedenti penali e del reato (violazione della legge stupefacenti) per il quale si trova in espiazione della pena, il detenuto non si sia distaccato dall’utilizzo di fonti illecite per il proprio sostentamento e che, inoltre, egli non serbato regolare condotta in carcere; per tali ragioni, quindi, il Tribunale ha evidenziato la necessità di una prosecuzione della osservazione inframuraria al fine di valutare l’affidabilità esterna del condannato.
Avverso tale ordinanza COGNOME, per mezzo dell’AVV_NOTAIO, ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, di seguito riprodotto nei limiti di cui all’art. 173 disp. att. cod. proc. pen., insiste per il suo annullamento.
Egli lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, e), cod. proc. pen., la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione ed osserva che il Tribunale di sorveglianza non ha tenuto conto delle ragioni poste a fondamento della richiesta (effettuare un incontro con il figlio) e che i suoi precedenti sono risalenti nel tempo. Inoltre, deduce che il primo degli episodi di natura disciplinare (l’utilizzo di un telefono cellulare in carcere) era dì scarsa gravità tanto che, i sede di cognizione, era stata riconosciuta l’ipotesi prevista dall’art. 131-bis cod. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e, pertanto, deve essere respinto.
Come è noto i permessi premio, ai sensi dell’art. 30-ter I. n. 354 del 1975, possono essere concessi ai detenuti che abbiano tenuto una regolare condotta durante la detenzione e che non risultino socialmente pericolosi.
2.1. Nel caso di specie, il Tribunale di Sorveglianza di Genova ha tra l’altro rilevato, con motivazione adeguata ed esente da vizi logici, che l’odierno ricorrente non ha sempre mantenuto regolare condotta in carcere tanto da essere stato sanzionato disciplinarmente (5 giorni di esclusione dalle attività in comune) per il possesso non consentito di un telefono cellulare. La circostanza che, nel giudizio di cognizione, sia stata riconosciuta l’ipotesi prevista dall’art. 131-bis cod. pen. non assume rilevanza in questa sede poiché ai fini della concessione dei benefici penitenziari, la valutazione della magistratura di sorveglianza in ordine al presupposto della regolare condotta (uno dei requisiti indispensabili per il permesso premio), in caso di condotte di rilievo penale tenute dal detenuto nel corso dell’esecuzione della pena, costituisce oggetto di un apprezzamento autonomo rispetto alla differente valutazione di tale condotte da parte del giudice della cognizione, con l’unico limite dell’accertamento dell’insussistenza del fatto o della sua mancata commissione da parte dell’istante (Sez. 1, n. 2380 del 11/10/2018, dep. 2019, Rv. 274870 – 01).
2.2. Pertanto, tralasciando le altre valutazioni contenute nella ordinanza impugnata, il Tribunale di sorveglianza ha coerentemente escluso la sussistenza del requisito della regolare condotta, mentre il ricorrente sollecita apprezzamenti di merito estranei al giudizio di legittimità e denuncia vizi motivazionali in realtà inesistenti.
Al rigetto del ricorso segue la condanna, ai sensi dell’ art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma, il 15 luglio 2025.