Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 43362 Anno 2024
In nome del Popolo RAGIONE_SOCIALE
Penale Sent. Sez. 1 Num. 43362 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 15/11/2024
PRIMA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME
CC – 15/11/2024
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
NOME
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE della REPUBBLICA presso la Corte di Appello di L’AQUILA
nei confronti di COGNOME NOME nato a Palma di Montechiaro (AG) DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 23/07/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di L’AQUILA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, nella persona del AVV_NOTAIO procuratore generale NOME AVV_NOTAIO, con requisitoria scritta, l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza emessa in data 23 luglio 2024 il Tribunale di sorveglianza di L’Aquila ha respinto il reclamo proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di L’Aquila, avverso il decreto con cui il magistrato di sorveglianza di L’Aquila aveva concesso un permesso premio della durata di sei ore a NOME COGNOME, detenuto in espiazione della pena dell’ergastolo con isolamento diurno per un anno, e della reclusione di un anno, undici mesi e 21 giorni, ritenendo sussistere elementi che consentivano di escludere l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata e il pericolo di un loro ripristino.
Il Tribunale ha ritenuto che, nonostante la rinnovata operatività dell’associazione di appartenenza e il ruolo apicale rivestito in essa da due congiunti del detenuto, per quest’ultimo siano rilevanti la lunga detenzione sofferta, il ruolo secondario all’epoca ricoperto all’interno del clan, e il fatto che egli non risulti avere mai avuto rapporti con i predetti congiunti, cugini del suo defunto padre, mentre i suoi fratelli risiedono altrove e svolgono regolare attività lavorativa. Pur in assenza
di collaborazione, il Tribunale ha valutato significative, alla luce dell’art. 4bis , comma 1bis , Ord. pen. come novellato dal d.l. n. 162/2022, la spiegazione fornita in merito alla sua mancata collaborazione e la dedotta impossibilità assoluta di provvedere all’adempimento delle obbligazioni civili e degli obblighi di riparazione, adempimento che Ł stato perciò sostituito con la partecipazione a convegni pubblici sul giudice COGNOME, in cui egli ha raccontato la sua esperienza quale condannato per il suo omicidio e il suo percorso detentivo fino ad approdare a percorsi di giustizia riparativa. Le relazioni di sintesi dimostrano la sua buona condotta intramuraria e la piena adesione ai programmi trattamentali, anche se il direttore del carcere ha dato un parere negativo al permesso, visti i delitti in espiazione e il trattamento in corso, e l’osservazione della sua personalità dimostra una ben avviata revisione critica del proprio passato, tenendo egli comportamenti dimostrativi di una dissociazione dall’ambiente criminale di provenienza e della recisione dei legami con esso.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso il Procuratore generale presso la Corte di appello di L’Aquila, articolando un unico motivo, con il quale deduce la violazione di legge e la carenza della motivazione, per l’omessa valutazione dei pareri negativi emessi dalla RAGIONE_SOCIALE e dalla RAGIONE_SOCIALE, circa la rinnovata operatività dell’associazione di appartenenza del detenuto, associazione dalla quale egli non si Ł mai formalmente dissociato, e il pericolo di un ripristino dei suoi collegamenti con essa.
Le recenti informative delle due Direzioni riferiscono dell’elevato pericolo di ripristino dei collegamenti con gli ambienti criminali, visto l’elevatissimo spessore criminale del detenuto, desumibile dai gravissimi delitti compiuti, in ordine ai quali egli non ha mai offerto alcuna collaborazione, e visti i soggetti coinvolti nella ripresa di attività da parte dell’associazione criminale, tra i quali vi Ł il mafioso in concorso con il quale egli uccise il giudice COGNOME e che ha ripreso l’attività criminosa approfittando della semilibertà, e due suoi stretti congiunti, con i quali l’ordinanza sostiene che egli non abbia mai avuto rapporti, neppure associativi, senza precisare da quali atti tragga tale convinzione, del tutto contrastante con gli accertamenti della RAGIONE_SOCIALE e della DDA di RAGIONE_SOCIALE.
Il procuratore generale, con requisitoria scritta, ha chiesto l’annullamento del provvedimento impugnato, con rinvio per nuovo giudizio, per la carenza della motivazione.
Il difensore del ricorrente, in data 31/10/24, ha inviato una memoria in cui chiede il rigetto del ricorso e dichiara che il permesso contestato Ł stato fruito in data 06/08/24, e che in data successiva egli ha ottenuto un altro permesso, con provvedimento che non Ł stato impugnato dal procuratore.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł infondato, e deve essere rigettato.
Questa Corte ha affermato che «A seguito della declaratoria di parziale incostituzionalità dell’art. 4bis , comma 1, Ord. pen. – nella parte in cui, in difetto di collaborazione con la giustizia, escludeva il riconoscimento dei benefici ai detenuti per delitti ostativi di cd. prima fascia, anche allorchØ fossero stati acquisiti elementi che escludessero sia l’attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata che il pericolo di un loro ripristino – il giudice di sorveglianza, al fine di verificare la concedibilità di un permesso premio ex art. 30ter Ord. pen., Ł tenuto a compiere un
esame in concreto degli elementi “individualizzanti” che caratterizzano il percorso rieducativo del detenuto, dai quali si possa desumere la proiezione attuale a recidere i collegamenti criminali mafiosi e a non riattivarli in futuro» (Sez. 1, n. 19536 del 28/02/2022, Rv. 283096).
Tale principio deve essere ribadito alla luce della modifica dell’art. 4bis, comma 1bis , Ord. pen. introdotta dal d.l. n. 162/2022, convertito nella legge n. 199/2022. Il legislatore, infatti, ha stabilito che i benefici penitenziari di cui all’art. 4bis , comma 1, Ord. pen. possono essere concessi ai condannati per i reati elencati in quest’ultima norma, non collaboranti, «purchØ gli stessi dimostrino l’adempimento delle obbligazioni civili … o l’assoluta impossibilità di tale adempimento e alleghino elementi specifici, diversi e ulteriori rispetto alla regolare condotta carceraria, alla partecipazione del detenuto al percorso rieducativo e alla mera dichiarazione di dissociazione dall’organizzazione criminale di eventuale appartenenza, che consentano di escludere l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata … nonchØ il pericolo di ripristino di tali collegamenti».
L’ordinanza impugnata si Ł conformata al principio sopra indicato, ed ha valutato la richiesta di permesso premio alla luce della nuova normativa. Essa, infatti, ha motivato ampiamente l’asserita dissociazione di fatto e la revisione critica compiute dal detenuto, citando non solo le relazioni di sintesi ma anche comportamenti concreti e deducendo, da tali elementi, l’assenza di collegamenti attuali con il clan di appartenenza, nonostante la sua ripresa di operatività, e l’assenza di un concreto pericolo del loro ripristino. Inoltre ha preso atto della provata impossibilità di adempimento delle obbligazioni civili e risarcitorie, e della sua sostituzione con la partecipazione attiva a programmi di giustizia riparativa.
La censura del procuratore ricorrente, circa il non avere il Tribunale adeguatamente valutato i pareri negativi emessi dalla RAGIONE_SOCIALE e dalla RAGIONE_SOCIALE, non Ł fondata.
L’ordinanza impugnata esamina approfonditamente tali pareri, alla pagina 2, sottolineando che essi fondano il pericolo del ripristino di collegamenti con la criminalità organizzata solo sul fatto che l’associazione di appartenenza risulta essere tornata operativa, che di essa fanno parte due suoi familiari, che il detenuto intratterrebbe rapporti epistolari con un altro associato (rapporti negati dalla relazione di sintesi e che non risultano dall’estratto della corrispondenza). Tali elementi sono stati ritenuti non dimostrativi di tale pericolo, stante il ruolo secondario ricoperto dal detenuto in tale consorteria, all’epoca di commissione dei delitti per i quali Ł stato condannato, e l’assenza di rapporti con i predetti familiari, meri cugini del suo defunto padre. Tale pericolo viene, altresì, motivatamente escluso con il riferimento ai comportamenti tenuti dal detenuto negli ultimi anni, tutti diretti a sottolineare, pur in assenza di collaborazione, l’avvenuta dissociazione da ogni consorteria criminosa e il maturare di una effettiva rivisitazione critica dei propri trascorsi criminali.
La gravità dei delitti commessi dal condannato e la pericolosità sociale da lui manifestata in passato non vengono obliterati nØ sminuiti nell’ordinanza, che ricorda, anzi, i molti provvedimenti di rigetto di sue istanze dirette a far accertare l’avvenuta recisione dei collegamenti con la criminalità organizzata, al fine di poter accedere ai benefici penitenziari. La diversa valutazione della concedibilità di tali benefici Ł stata effettuata, quindi, con attenzione e con la consapevolezza dell’elevato spessore criminale del detenuto, ma tenendo conto sia della nuova formulazione dell’art. 4bis , comma 1bis , Ord. pen., sia dell’attuale osservazione della sua personalità e dei comportamenti concreti da lui tenuti negli ultimi anni.
L’affermazione che, confrontando tale analisi «con gli imprescindibili elementi di giudizio offerti dalle RAGIONE_SOCIALE antimafia», «non si evincono elementi convincenti a sostegno del riferito pericolo di ripristino di contatti con tale contestato malavitoso», Ł quindi ampiamente motivata. Il ricorso, peraltro, non offre ulteriori elementi che dimostrino con maggiore concretezza detto pericolo, in quanto si limita a riportare brani dei pareri negativi delle RAGIONE_SOCIALE antimafia che evidenziano solo la
estrema pericolosità dell’associazione di originaria appartenenza e dei soggetti che l’hanno ricostituita, anche sfruttando la legislazione premiale, senza però fornire alcun indizio circa l’esistenza di rapporti, anche passati, del detenuto con costoro, rapporti che il provvedimento impugnato esclude vi siano mai stati a partire dalla lunga detenzione da lui subita.
Sulla base delle considerazioni che precedono, il ricorso deve pertanto essere respinto. La natura pubblica della parte ricorrente osta alla condanna alle spese processuali, in deroga agli ordinari principi in materia di soccombenza (vedi Sez. U, n. 3775 del 21/12/2017, dep. 2018, Tuttolomondo, Rv. 271650)
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Così Ł deciso, 15/11/2024
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME