Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 34317 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: COGNOME NOME
Penale Sent. Sez. 1   Num. 34317  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Data Udienza: 01/10/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Napoli il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza emessa il 19/03/2025 dal Tribunale di sorveglianza di Roma visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; lette le conclusioni del AVV_NOTAIO COGNOME, che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza dell’11 giugno 2025 il Tribunale di sorveglianza di Roma rigettava il reclamo relativo al respingimento dell’istanza di concessione di un permesso premio presentata, ai sensi dell’art. 30ter legge 26 luglio 1975, n. 354 (Ord. pen.), da NOME COGNOME, pronunciato dal Magistrato di sorveglianza di Roma.
Il rigetto del ricorso veniva pronunciato dal Tribunale di sorveglianza di Roma sull’assunto che l’istante, pur avendo intrapreso un percorso di collaborazione con la giustizia, rilevante ex art. 16nonies decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, era ancora nella fase iniziale del percorso rieducativo funzionale alla concessione del beneficio invocato, il cui completamento prescindeva dal fatto che COGNOME era un collaboratore di giustizia.
Avverso questa ordinanza NOME COGNOME proponeva ricorso per cassazione, a mezzo dell’AVV_NOTAIO, articolando tre, correlate, censure difensive.
Con tali doglianze si deducevano la violazione di legge e il vizio di motivazione del provvedimento impugnato, in riferimento agli artt. 30ter Ord. pen. e 16nonies decreto-legge n. 8 del 1991, conseguenti al fatto che la decisione in esame risulta sprovvista di un percorso argomentativo che desse esaustivamente conto dell’insussistenza dei presupposti indispensabili per la concessione del permesso premio invocato. Tali requisiti erano stati esclusi senza tenere conto del comportamento di COGNOME, che traeva origine dalla sua condizione di collaboratore di giustizia, ma si era ulteriormente sviluppato attraverso una partecipazione proficua al programma trattamentale attivato nei suoi confronti, attestato dalle autorità penitenziarie.
Ne discendeva che il provvedimento impugnato aveva omesso di considerare la
peculiare posizione del ricorrente, riconducibile all’alveo dell’art. 16nonies decreto-legge n. 8 del 1991, in conseguenza della quale doveva farsi applicazione del principio di gradualità delle misure alternative alla detenzione, nel contesto della sua condizione collaborativa, della quale il Tribunale di sorveglianza di Roma non aveva tenuto conto.
Queste ragioni imponevano l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso proposto da NOME COGNOME Ł infondato.
Tale atto di impugnazione veniva articolato in tre, correlate, censure difensive, incentrate sull’incongrua valutazione della condizione di collaboratore di giustizia di NOME COGNOME, che appare opportuno esaminare congiuntamente.
Occorre premettere che il Tribunale di sorveglianza di Roma respingeva l’istanza di permesso premio presentata da NOME COGNOME, ex art. 30ter Ord. pen., sull’assunto che la sua condizione di collaboratore di giustizia non costituiva un elemento sintomatico, di per sØ solo, sufficiente a fare ritenere superata la fase iniziale del percorso rieducativo indispensabile per la concessione del beneficio penitenziario invocato.
Il Tribunale di sorveglianza di Roma, pertanto, era tenuto a compiere una verifica sull’opportunità di concedere il permesso premio invocato da COGNOME, che, come per ogni altra misura alternativa alla detenzione, deve concernere le premesse meritorie e l’utilità concreta del beneficio, sul presupposto del percorso di rieducazione del detenuto, che dovevano essere valutate alla luce degli elementi di giudizio forniti dalle istituzioni penitenziarie, alla luce della condizione di collaboratore di giustizia del ricorrente, con i quali ci si doveva confrontare.
In questa cornice, il Tribunale di sorveglianza di Roma faceva riferimento alla rilevante propensione a delinquere di NOME COGNOME, desumibile da numerosi e specifici precedenti penali, oltre a varie pendenze giudiziarie, che, al momento, legittimavano un giudizio prognostico negativo in ordine alle probabilità di successo dell’applicazione di misure alternative al regime carcerario, analoghe a quella invocata ex art. 30ter Ord. pen., rispetto al quale si riteneva recessiva la valenza della condizione di collaboratore di giustizia del detenuto (tra le altre, Sez. 1, Sent. n. 25882 del 09/04/2001, COGNOME, Rv. 219080 – 01; Sez. 1, Sent n. 4553 del 21/06/2000, COGNOME, Rv. 216914 – 01).
In questo contesto, occorreva tenere conto del reato commesso, dei precedenti penali, delle pendenze processuali, delle informazioni di polizia, della condotta carceraria e dei risultati delle verifiche operate dalle strutture di osservazione, durante la carcerazione, in atto, patita da NOME COGNOME. Il vaglio di tali elementi di giudizio era funzionale a consentire al Tribunale di sorveglianza di Roma di verificare la, potenziale, proficuità del beneficio penitenziario invocato e il ripudio delle condotte devianti passate, che doveva essere correlato all’adesione ai valori socialmente condivisi e alle prospettive risocializzanti, valutate in termini di attualità e nel rispetto del principio di gradualità.
Nel caso di specie il Tribunale di sorveglianza di Roma faceva corretta applicazione del principio di gradualità, richiamando la storia criminale del ricorrente ed esaminando tutti i profili riguardanti le sue prospettive di risocializzazione, rispetto alle quali la dedotta condizione collaborativa non assumeva un rilievo decisivo, tenuto conto dell’elevato disvalore del titolo custodiale in corso di esecuzione e la vicinanza temporale all’inizio dell’espiazione definitiva, che inducevano a ritenere opportuna la sottoposizione di COGNOME a un ulteriore periodo di valutazione comportamentale intramuraria.
In questa, univoca, cornice, appaiono pienamente condivisibili le conclusioni alle quali
perveniva il Tribunale di sorveglianza di Roma, che, a pagina 4 dell’ordinanza impugnata, richiamando il percorso rieducativo incompleto di COGNOME e gli esiti dell’attività di osservazione intramuraria, evidenziava: «Se ne ricava un quadro desolante di inconsapevolezza della gravità delle proprie azioni, ancor prima che di mancanza di revisione critica, rimanendo una malvagità di fondo del soggetto raramente riscontrabile nella casistica giudiziaria, le cui scelte criminali non hanno avuto nemmeno una giustificazione di tipo familiare non provenendo lo stesso da contesti malavitosi».
 Le  considerazioni  esposte impongono conclusivamente di rigettare il ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME, così come articolate nelle tre censure difensive che lo compongono, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così Ł deciso, 01/10/2025
Il AVV_NOTAIO estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME