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Permesso premio: Cassazione sui reati ostativi

La Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza di un Tribunale di Sorveglianza che negava un permesso premio a un detenuto per un reato ostativo. La Corte ha stabilito che, a seguito della riforma dell’art. 4-bis, il giudice non può basare il diniego solo sul passato criminale, ma deve condurre una valutazione completa e bilanciata, considerando anche il percorso rieducativo e le relazioni positive degli operatori carcerari per superare la presunzione di pericolosità.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Permesso Premio e Reati Ostativi: La Cassazione Apre alla Valutazione Individuale

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato l’importanza di una valutazione completa e individualizzata per la concessione del permesso premio a detenuti condannati per reati ostativi. La decisione, che annulla un provvedimento di diniego del Tribunale di Sorveglianza, chiarisce come la riforma dell’art. 4-bis dell’ordinamento penitenziario imponga ai giudici di superare un approccio rigido, basato unicamente sulla gravità dei reati commessi, per dare il giusto peso al percorso rieducativo del condannato.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un detenuto che sta scontando una pena per un reato ostativo legato al narcotraffico (art. 74 d.P.R. 309/1990). L’uomo aveva richiesto un permesso premio per trascorrere del tempo con i suoi familiari in una località distante dal suo contesto criminale di origine. A sostegno della sua istanza, aveva evidenziato una condotta carceraria esemplare, il costante riconoscimento della liberazione anticipata e un profondo percorso di revisione critica del proprio passato, attestato da numerose relazioni positive degli operatori penitenziari. Aveva inoltre compiuto un gesto riparativo, donando la sua quota di un immobile a un’associazione sociale.

Tuttavia, sia il Magistrato che il Tribunale di Sorveglianza avevano respinto la richiesta. La loro decisione si fondava sulla gravità dei reati commessi in passato (tra cui tre omicidi), sul suo ruolo di vertice in un’organizzazione criminale e sulla presunta attualità del pericolo di un suo reinserimento nel tessuto criminale, nonostante l’assenza di collaborazione con la giustizia.

La Riforma dell’Art. 4-bis e l’Importanza del permesso premio

Il punto centrale della questione legale è l’interpretazione del nuovo testo dell’art. 4-bis della legge sull’ordinamento penitenziario. Prima della riforma del 2022, per i condannati per reati ostativi che non collaboravano con la giustizia vigeva una presunzione quasi assoluta di pericolosità sociale, che precludeva di fatto l’accesso a benefici come il permesso premio.

La nuova normativa ha trasformato questa presunzione da assoluta a relativa. Ciò significa che il detenuto non collaborante può comunque accedere ai benefici, a patto che fornisca elementi specifici e concreti per dimostrare:
1. L’assenza di collegamenti attuali con la criminalità organizzata.
2. L’inesistenza del pericolo di ripristino di tali legami.
3. L’adempimento delle obbligazioni civili derivanti dal reato o la prova dell’impossibilità di adempiervi.

Questo cambiamento impone al giudice di sorveglianza un’istruttoria più approfondita e una valutazione bilanciata di tutti gli elementi a disposizione.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha ritenuto il ragionamento del Tribunale di Sorveglianza “manco” e “ingiustificatamente riduttivo”. Secondo i giudici supremi, il Tribunale ha commesso un errore nel dare un peso quasi esclusivo al curriculum criminale del detenuto, svalutando gli elementi positivi emersi durante la detenzione.

In particolare, la Corte ha sottolineato che il Tribunale ha omesso di considerare adeguatamente:
Il percorso rieducativo: Le relazioni degli operatori del carcere, basate su un’osservazione protrattasi per ben sedici anni, attestavano un serio e profondo percorso di revisione critica e una nuova progettualità di vita basata su valori familiari.
L’assenza di collegamenti attuali: Il Tribunale non ha bilanciato la pericolosità passata con le informazioni attuali che indicavano un reale cambiamento.
Il contesto del permesso: La richiesta era per un permesso da fruire in un luogo lontano dall’ambiente criminale di provenienza e in compagnia dei soli familiari stretti, riducendo così il rischio di contatti pericolosi.

La Cassazione ha affermato che negare il permesso premio a chi ha compiuto un effettivo percorso rieducativo equivarrebbe a disconoscere la funzione pedagogica del beneficio stesso e il finalismo rieducativo della pena, sancito dall’art. 27 della Costituzione. La motivazione del diniego era apparsa “lapidaria”, assegnando un rilievo “sostanzialmente assoluto” al passato criminale, in contrasto con lo spirito della nuova legge.

Le Conclusioni

Con questa sentenza, la Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza e ha rinviato il caso al Tribunale di Sorveglianza per un nuovo esame. Il nuovo giudizio dovrà essere libero nell’esito, ma dovrà correggere il vizio di motivazione riscontrato. Questo significa che il Tribunale dovrà effettuare una valutazione ponderata di tutte le evidenze disponibili, senza fermarsi alla sola gravità dei reati commessi, ma analizzando in concreto il percorso del detenuto e la sua attuale condizione.

La decisione rappresenta un’importante affermazione dei principi della riforma dell’art. 4-bis, spingendo la magistratura di sorveglianza verso un’analisi più approfondita e individualizzata, che riconosca il valore del percorso trattamentale come strumento fondamentale per il reinserimento sociale del condannato.

Dopo la riforma dell’art. 4-bis, la sola gravità dei reati commessi in passato è sufficiente a negare un permesso premio a un detenuto non collaborante?
No, non è sufficiente. La Corte di Cassazione ha chiarito che il giudice deve effettuare una valutazione complessiva e bilanciata di tutti gli elementi disponibili. Basare il diniego unicamente sul curriculum criminale, ignorando il percorso rieducativo e le prove di un reale cambiamento, costituisce un vizio di motivazione.

Cosa deve dimostrare un detenuto per reati ostativi per accedere ai benefici penitenziari senza collaborare con la giustizia?
Deve allegare elementi specifici e concreti, diversi dalla sola buona condotta carceraria, che consentano di escludere l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata e il pericolo che tali legami si ripristinino. Deve inoltre dimostrare di aver adempiuto alle obbligazioni civili (risarcimenti) o l’assoluta impossibilità di farlo.

Che valore hanno le relazioni degli operatori penitenziari nella valutazione per la concessione di un permesso premio?
Le relazioni degli operatori penitenziari hanno un valore fondamentale. La sentenza sottolinea che ignorare le attestazioni, basate su anni di osservazione diretta, di un profondo e consolidato percorso di revisione critica da parte del detenuto è un errore. Tali relazioni sono un elemento cruciale per vincere la presunzione (relativa) di pericolosità sociale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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