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Permesso premio: Cassazione e ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un detenuto contro il diniego di un permesso premio. La decisione del Tribunale di Sorveglianza, basata sulla mancanza di revisione critica del detenuto e sul parere negativo della Direzione Nazionale Antimafia, è stata ritenuta adeguatamente motivata, rendendo il ricorso un tentativo non consentito di riesaminare i fatti.

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Pubblicato il 21 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Permesso premio: quando il ricorso in Cassazione è inammissibile

L’istituto del permesso premio rappresenta un elemento fondamentale nel percorso rieducativo del condannato, ma la sua concessione è subordinata a una valutazione rigorosa da parte della magistratura. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce i confini entro cui un ricorso avverso un diniego può essere esaminato, sottolineando l’importanza di una motivazione completa da parte del giudice di merito e la natura del giudizio di legittimità.

I Fatti del Caso

Il caso nasce dal ricorso di un detenuto avverso l’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza di Firenze. Quest’ultimo, in qualità di giudice del rinvio, aveva confermato il rigetto dell’istanza di permesso premio presentata dal condannato. Il ricorrente lamentava una violazione di legge e un vizio di motivazione, sostenendo che il diniego fosse ingiusto, anche alla luce dei principi espressi dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 253 del 2019.

Il percorso giudiziario aveva visto il Magistrato di Sorveglianza negare inizialmente il beneficio; il reclamo del detenuto era stato respinto dal Tribunale, portando la questione fino alla Corte di Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito della richiesta (cioè se il detenuto avesse o meno diritto al permesso), ma si concentra sulla struttura e sui motivi del ricorso stesso. Secondo la Corte, le doglianze presentate dal ricorrente erano manifestamente infondate e miravano, in realtà, a ottenere una nuova e diversa valutazione dei fatti, attività che non è consentita in sede di legittimità.

Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende, come sanzione per aver proposto un ricorso inammissibile.

Le Motivazioni sul rigetto del permesso premio

La Corte ha ritenuto che il Tribunale di Sorveglianza avesse adempiuto al proprio dovere, motivando in modo adeguato e coerente le ragioni del diniego. La decisione del tribunale si fondava su elementi concreti emersi durante l’istruttoria, tra cui:

1. L’assenza di una revisione critica: Il Tribunale ha rilevato la mancanza, da parte del condannato, di una reale riconsiderazione critica del proprio passato criminale, un elemento essenziale per valutare i progressi nel percorso rieducativo.
2. Il parere negativo della Direzione Nazionale Antimafia: Un parere sfavorevole da parte di un’autorità così qualificata ha pesato significativamente nella valutazione complessiva della pericolosità sociale e dell’affidabilità del soggetto.

La Cassazione ha chiarito che il ricorso, anche con i motivi aggiunti, si limitava a sollecitare in termini generici una lettura alternativa e più favorevole degli stessi elementi già valutati dal giudice di merito. Questo tipo di richiesta esula dalle competenze della Corte di Cassazione, il cui compito è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione, non sostituire la propria valutazione a quella del tribunale.

Le Conclusioni

Questa ordinanza offre un importante insegnamento sulla disciplina del permesso premio e, più in generale, sulle regole del processo penale. La decisione sottolinea che non è sufficiente dissentire dalla valutazione del Tribunale di Sorveglianza per ottenere una riforma della sua decisione in Cassazione. È necessario, invece, individuare specifici vizi di violazione di legge o di manifesta illogicità della motivazione. Quando il provvedimento impugnato è fondato su una valutazione logica e coerente degli elementi acquisiti, come il parere delle autorità competenti e l’analisi del percorso carcerario del detenuto, il ricorso che si limita a proporre una diversa interpretazione dei fatti è destinato all’inammissibilità. La pronuncia ribadisce la discrezionalità del giudice di sorveglianza, a condizione che essa sia esercitata attraverso una motivazione completa e non contraddittoria.

Perché il ricorso per il permesso premio è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché, invece di denunciare una reale violazione di legge o un vizio logico della motivazione, si limitava a sollecitare una diversa e alternativa lettura degli elementi di fatto, attività non consentita alla Corte di Cassazione.

Quali elementi ha considerato il Tribunale di Sorveglianza per negare il permesso?
Il Tribunale ha basato il suo diniego principalmente su tre elementi: gli atti acquisiti durante l’istruttoria, l’assenza di una revisione critica del proprio passato da parte del condannato e il parere negativo espresso dalla Direzione Nazionale Antimafia.

Cosa insegna questa ordinanza sui ricorsi in Cassazione?
Questa ordinanza insegna che un ricorso in Cassazione non può essere utilizzato come un terzo grado di giudizio per riesaminare i fatti. È necessario dimostrare che il giudice precedente ha commesso un errore nell’applicare la legge o ha redatto una motivazione palesemente illogica o contraddittoria. Se la motivazione è coerente e ben fondata, il ricorso verrà dichiarato inammissibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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