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Permesso Premio: Cassazione conferma il diniego

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un detenuto contro il diniego di un permesso premio. La decisione si fonda sul principio che la valutazione dei requisiti, come la pericolosità sociale e la comprensione del reato, spetta al giudice di sorveglianza e non può essere riesaminata nel merito in sede di legittimità, se la motivazione è logica e completa.

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Pubblicato il 24 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Permesso Premio: La Cassazione Conferma il Diniego Basato sulla Valutazione del Giudice

L’ordinanza in esame offre un’importante chiarificazione sui limiti del sindacato della Corte di Cassazione riguardo la concessione del Permesso Premio. Questo istituto, fondamentale nel percorso di risocializzazione del detenuto, non dipende solo dalla buona condotta, ma da una valutazione complessa e discrezionale del magistrato di sorveglianza, come ribadito in questa recente pronuncia.

I Fatti del Caso

Un detenuto si è visto negare dal Tribunale di Sorveglianza la concessione di un permesso premio. Avverso tale decisione, ha proposto ricorso per cassazione, lamentando un’errata valutazione dei presupposti necessari per ottenere il beneficio. Secondo il ricorrente, il Tribunale non avrebbe considerato adeguatamente gli elementi a suo favore, concentrandosi eccessivamente su aspetti negativi del suo passato criminale.

La Valutazione dei Requisiti per il Permesso Premio

La Corte di Cassazione, nel dichiarare inammissibile il ricorso, ha colto l’occasione per riepilogare i pilastri su cui si fonda la decisione di concedere o negare un permesso premio. Il giudice di sorveglianza deve accertare la sussistenza di tre requisiti fondamentali:

1. Regolare condotta del detenuto: Un comportamento corretto e rispettoso delle regole carcerarie.
2. Assenza di pericolosità sociale: Una valutazione prognostica che escluda il rischio che il detenuto, una volta fuori, possa commettere nuovi reati o darsi alla fuga.
3. Funzionalità del permesso: Il permesso deve essere finalizzato a coltivare interessi affettivi, culturali o di lavoro, dimostrando di essere un passo concreto nel percorso di reinserimento sociale.

Nel caso specifico, il Tribunale di Sorveglianza aveva svolto un’analisi completa, tenendo conto sia di elementi positivi (l’assenza di pendenze attuali e la buona condotta carceraria) sia di elementi negativi.

L’importanza della revisione critica

L’elemento decisivo che ha portato al diniego è stato un dato emerso dalla relazione dell’equipe trattamentale: il detenuto non aveva dimostrato una reale comprensione della gravità dei reati commessi e delle ragioni della sua carcerazione. Questa mancata elaborazione critica è stata interpretata come un’incapacità di “tenuta” nel contesto esterno, con un conseguente e non trascurabile pericolo di fuga o di commissione di nuovi crimini.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte Suprema ha stabilito che le censure mosse dal ricorrente non sollevavano questioni di legittimità (cioè violazioni di legge), ma miravano a ottenere una nuova e diversa valutazione dei fatti. Questo tipo di riesame, definito “apprezzamento di merito”, è precluso in sede di cassazione. Il ruolo della Cassazione non è quello di sostituirsi al giudice di sorveglianza nel decidere se il detenuto meriti o meno il permesso, ma solo di verificare che la decisione impugnata sia basata su una motivazione logica, coerente e non viziata da errori di diritto.

La Corte ha ritenuto che la decisione del Tribunale di Sorveglianza fosse frutto di una “complessiva, equilibrata delibazione delle evidenze disponibili”. Il giudice aveva correttamente esercitato la propria discrezionalità, fondando il diniego su un apparato motivazionale “esente da deficit razionali e saldamente ancorato alle emergenze istruttorie”. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile.

Le Conclusioni

Questa pronuncia ribadisce un principio fondamentale dell’ordinamento penitenziario: la concessione del permesso premio non è un automatismo legato alla sola buona condotta. È il risultato di una valutazione discrezionale e approfondita da parte della magistratura di sorveglianza, che deve bilanciare tutti gli elementi a disposizione. Per il detenuto, ciò significa che il percorso verso il reinserimento sociale passa non solo attraverso il rispetto delle regole, ma anche e soprattutto attraverso un percorso interiore di revisione critica del proprio passato criminale. La mancanza di tale consapevolezza può essere legittimamente interpretata come un indice di persistente pericolosità sociale, ostativo alla concessione del beneficio.

Quali sono i requisiti fondamentali per ottenere un permesso premio?
Secondo l’ordinanza, i requisiti sono tre: la regolare condotta del detenuto, l’assenza di pericolosità sociale e la funzionalità del permesso alla coltivazione di interessi affettivi, culturali o di lavoro come parte del percorso di risocializzazione.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso del detenuto?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché le lamentele del ricorrente non riguardavano violazioni di legge, ma chiedevano una nuova valutazione dei fatti (un “apprezzamento di merito”), attività che non è consentita in sede di legittimità. La motivazione del Tribunale di Sorveglianza è stata giudicata logica e completa.

La buona condotta in carcere è sufficiente per ottenere un permesso premio?
No. Come emerge dal caso, la buona condotta è un requisito necessario ma non sufficiente. Il giudice deve anche valutare negativamente l’assenza di pericolosità sociale, e un elemento chiave di questa valutazione è la dimostrazione, da parte del detenuto, di aver compreso la gravità dei reati commessi e le ragioni della pena.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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