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Permesso premio: Cassazione annulla diniego per errore

La Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza che dichiarava inammissibile il reclamo di un detenuto contro il diniego di un permesso premio. La decisione si fondava sull’errata applicazione di un divieto di cinque anni, senza verificare se il detenuto stesse effettivamente scontando una pena per un reato ostativo. La Suprema Corte ha chiarito che il reclamo era pertinente e ha rinviato il caso al Tribunale di Sorveglianza per un nuovo esame nel merito, sottolineando la necessità di accertare tutte le condizioni previste dalla legge per applicare le restrizioni più severe.

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Pubblicato il 19 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Permesso Premio: Errore sul Reato Ostacolante? La Cassazione Annulla e Spiega

Il permesso premio rappresenta uno strumento fondamentale nel percorso di reinserimento sociale del condannato. Tuttavia, la sua concessione è subordinata a rigidi presupposti di legge, la cui interpretazione può dare luogo a complesse questioni giuridiche. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato un caso emblematico, annullando la decisione di un Tribunale di Sorveglianza che aveva erroneamente dichiarato inammissibile il reclamo di un detenuto, senza valutare nel merito un possibile errore nell’applicazione delle norme ostative.

Il Caso: Diniego del Permesso e Reclamo Inammissibile

Un detenuto si vedeva negare la richiesta di un permesso premio dal Magistrato di Sorveglianza. La ragione del diniego risiedeva nell’applicazione di un divieto temporale di cinque anni, previsto dall’articolo 58 quater dell’ordinamento penitenziario. Questa norma impone restrizioni severe per i detenuti che commettono nuovi reati durante la fruizione di benefici.

Contro tale decisione, l’interessato proponeva reclamo al Tribunale di Sorveglianza, sostenendo un punto cruciale: il divieto quinquennale era stato applicato erroneamente. A suo dire, la pena relativa al reato ostativo (previsto dall’art. 4 bis ord. pen.), che giustificava il regime più severo, era già stata interamente espiata. Pertanto, avrebbe dovuto applicarsi il termine più mite di tre anni, ormai decorso.

Sorprendentemente, il Tribunale di Sorveglianza dichiarava il reclamo inammissibile, ritenendo che le motivazioni del detenuto non fossero pertinenti al contenuto del provvedimento impugnato, ma si limitassero a una generica critica sull’espiazione della pena.

Il Ricorso in Cassazione e il punto sul permesso premio

La difesa del condannato non si arrendeva e presentava ricorso in Cassazione. Il motivo era chiaro e diretto: il Tribunale aveva sbagliato nel giudicare il reclamo inammissibile. Le argomentazioni non erano generiche, ma miravano a colpire il cuore logico-giuridico della decisione del primo giudice: l’errata applicazione dell’art. 58 quater.

Il ricorrente evidenziava che la sua censura era specifica: la condizione per applicare il divieto di cinque anni (cioè essere in espiazione di pena per un reato ex art. 4 bis) non sussisteva più al momento della revoca di una precedente misura alternativa. Questo errore di valutazione, se confermato, avrebbe reso illegittimo il diniego del permesso premio.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato. I giudici supremi hanno innanzitutto chiarito i presupposti per l’applicazione della fattispecie preclusiva più grave, quella del divieto quinquennale, delineati dall’art. 58 quater, comma 5, dell’ordinamento penitenziario. Affinché tale divieto operi, è necessario che coesistano diverse condizioni:

1. Il richiedente deve essere indagato o condannato per un nuovo delitto doloso punibile con la reclusione non inferiore nel massimo a tre anni.
2. Tale delitto deve essere stato commesso durante la fruizione di un beneficio (lavoro esterno, permesso premio, misura alternativa) o in stato di evasione.
3. Il richiedente deve essere, al momento della richiesta, in espiazione di una pena per uno dei delitti ostativi di cui all’art. 4 bis ord. pen.
4. Non devono essere trascorsi cinque anni dalla revoca del beneficio o dal ripristino della detenzione.

La Corte ha osservato che il reclamo del detenuto contestava proprio la sussistenza della terza condizione. L’argomentazione era, quindi, tutt’altro che generica o non pertinente: essa metteva in discussione uno dei pilastri su cui si fondava il provvedimento di diniego. Di conseguenza, il Tribunale di Sorveglianza, nel dichiarare l’inammissibilità, ha commesso un errore di diritto, non esaminando una doglianza che era direttamente attinente alla decisione da assumere.

Le Conclusioni: Annullamento con Rinvio

In conclusione, la Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza impugnata. La declaratoria di inammissibilità è stata ritenuta illegittima perché il Tribunale non ha adempiuto al suo dovere di giudicare nel merito le specifiche censure mosse dal reclamante.

Il caso è stato quindi rinviato al Tribunale di Sorveglianza di Genova per un nuovo giudizio. Quest’ultimo dovrà ora valutare l’ammissibilità e il merito della richiesta di permesso premio, attenendosi ai principi di diritto enunciati dalla Suprema Corte e, in particolare, verificando puntualmente se, nel caso di specie, sussistevano tutte le condizioni necessarie per applicare il più severo divieto quinquennale.

Quando il reclamo contro il diniego di un permesso premio non può essere dichiarato inammissibile?
Il reclamo non può essere dichiarato inammissibile se le motivazioni contestano specificamente i presupposti giuridici su cui si basa il diniego. Se il detenuto argomenta che è stata applicata erroneamente una norma, come l’art. 58 quater ord. pen., il suo reclamo è pertinente e deve essere esaminato nel merito.

Quali sono le condizioni per applicare il divieto di cinque anni per la concessione di benefici penitenziari?
Per applicare il divieto di cinque anni previsto dall’art. 58 quater, comma 5, ord. pen., è necessario che il detenuto: 1) sia accusato o condannato per un nuovo delitto doloso grave; 2) lo abbia commesso durante un beneficio penitenziario; 3) stia attualmente scontando una pena per un reato ostativo ai sensi dell’art. 4 bis ord. pen.; 4) non siano passati cinque anni dalla revoca del beneficio. La mancanza anche di una sola di queste condizioni impedisce l’applicazione del divieto più severo.

Cosa succede se un tribunale dichiara inammissibile un reclamo senza valutare correttamente le argomentazioni del detenuto?
Se un tribunale dichiara inammissibile un reclamo senza considerare la pertinenza delle argomentazioni, specialmente quando queste evidenziano un potenziale errore di diritto nella decisione impugnata, il provvedimento di inammissibilità è illegittimo. La Corte di Cassazione può annullarlo e rinviare il caso allo stesso tribunale per un nuovo esame che entri nel merito della questione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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