Permesso Premio 41-bis: La Cassazione chiarisce i limiti invalicabili
Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio cardine dell’ordinamento penitenziario: per i detenuti sottoposti al regime speciale del 41-bis, la porta del permesso premio 41-bis rimane saldamente chiusa. La pronuncia analizza il complesso intreccio tra la normativa di rigore e i benefici penitenziari, confermando l’impostazione restrittiva voluta dal legislatore con le recenti modifiche normative.
I Fatti del Caso: La Richiesta di un Detenuto in Regime Speciale
La vicenda trae origine dalla domanda di un detenuto, sottoposto al regime del cosiddetto ‘carcere duro’, volta a ottenere un permesso premio. La richiesta veniva dichiarata inammissibile in prima istanza dal Magistrato di Sorveglianza. Contro tale decisione, il detenuto proponeva reclamo al Tribunale di Sorveglianza, il quale, tuttavia, confermava il diniego. Le ragioni del rigetto si fondavano su due pilastri: la sottoposizione del soggetto al regime speciale e la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 4-bis, comma 2, dell’Ordinamento Penitenziario, come modificato dalla legge n. 199 del 2022. Ritenendosi leso, il condannato si rivolgeva infine alla Corte di Cassazione, lamentando un’erronea applicazione della legge e riproponendo i dubbi di costituzionalità della norma ostativa.
Il Nocciolo della Questione: L’ostacolo normativo del permesso premio 41-bis
Il ricorrente sosteneva che i giudici di merito avrebbero dovuto valutare la concreta e attuale assenza di collegamenti con la criminalità organizzata, presupposto che, a suo dire, avrebbe dovuto superare l’automatismo del divieto. Secondo la difesa, la normativa, non prevedendo la possibilità di concedere benefici in presenza di prove sulla cessazione della pericolosità sociale, violerebbe i principi costituzionali ed europei. La Procura Generale presso la Corte, invece, concludeva per l’inammissibilità del ricorso, ritenendo la normativa chiara e insuperabile.
Le Motivazioni della Cassazione
La Suprema Corte ha respinto il ricorso, ritenendolo infondato. Le argomentazioni dei giudici si sono sviluppate lungo tre direttrici principali.
1. Il Tenore Letterale della Norma
In primo luogo, la Corte ha sottolineato la chiarezza dell’art. 4-bis, comma 2, Ord. pen. La disposizione, nella sua attuale formulazione, esclude ‘espressamente’ la concessione del permesso premio a chiunque sia sottoposto al regime detentivo speciale dell’art. 41-bis. Non vi è, secondo la Corte, alcuno spazio per un’interpretazione differente. La volontà del legislatore è stata quella di creare una barriera netta tra questo regime e l’accesso a determinati benefici.
2. La Presunzione di Pericolosità Legata al Regime Speciale
Un punto cruciale della motivazione riguarda il nesso tra il regime 41-bis e la presunzione di pericolosità. La Corte afferma che ‘la sussistenza della attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata è stata coerentemente desunta dalla permanenza del regime sopra indicato’. In altre parole, finché un detenuto è sottoposto al 41-bis, si presume che i legami con l’organizzazione criminale non siano recisi. Il ricorrente, nel caso di specie, si era limitato a ‘sostenere genericamente’ la cessazione di tali legami, senza però ‘dedurre nulla sul punto’, ovvero senza fornire alcun elemento concreto a supporto della sua tesi. Di fronte a una presunzione legale così forte, una mera affermazione generica è del tutto insufficiente.
3. L’Irrilevanza della Questione Costituzionale
Infine, la Cassazione ha dichiarato irrilevante la questione di legittimità costituzionale sollevata. La ragione è strettamente connessa al punto precedente: il ricorrente non aveva allegato alcun elemento specifico e verificabile che potesse confermare l’assenza di collegamenti con il suo passato criminale. Senza una base fattuale su cui discutere, la questione di costituzionalità diventa astratta e ipotetica. Per poter anche solo esaminare la conformità della norma alla Costituzione, sarebbe stato necessario che il detenuto fornisse prove concrete della rescissione dei legami, condizione indispensabile per ottenere la revoca del regime differenziato.
Le Conclusioni
La sentenza ribadisce con fermezza la linea di rigore dell’ordinamento penitenziario nei confronti dei vertici delle organizzazioni criminali. La Corte stabilisce che, allo stato attuale della legislazione, la sottoposizione al regime 41-bis rappresenta un ostacolo insormontabile alla concessione del permesso premio. La presunzione di pericolosità sociale che giustifica il ‘carcere duro’ si estende fino a precludere l’accesso ai benefici, a meno che il detenuto non fornisca prove concrete e specifiche di un’avvenuta e definitiva dissociazione, presupposto che non è stato minimamente dimostrato nel caso esaminato.
Un detenuto in regime 41-bis può ottenere un permesso premio?
No. La sentenza chiarisce che la normativa vigente (art. 4-bis, comma 2, Ord. pen.) esclude espressamente la concessione di permessi premio a chi è sottoposto al regime detentivo speciale dell’art. 41-bis.
Perché la Corte ha ritenuto irrilevante la questione di legittimità costituzionale?
La Corte l’ha ritenuta irrilevante perché il ricorrente non ha fornito alcun elemento concreto a dimostrazione dell’effettiva assenza di collegamenti con la criminalità organizzata. Senza questa base fattuale, la questione sulla costituzionalità della norma diventa astratta e non esaminabile nel caso specifico.
La sola permanenza nel regime 41-bis è sufficiente a negare il permesso?
Sì. Secondo la Corte, la sussistenza del regime detentivo speciale viene coerentemente interpretata come prova della persistenza dei collegamenti con la criminalità organizzata, giustificando così il diniego del permesso premio, soprattutto quando il ricorrente si limita a sostenere genericamente la cessazione di tali legami senza fornire alcuna prova.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 21015 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 21015 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 29/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Capistrello il DATA_NASCITA;
avverso la ordinanza del Tribunale di sorveglianza di Milano del 27/10/2023;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di sorveglianza di Milano ha respinto il reclamo proposto da NOME COGNOME (detenuto in regime ex art. 41-bis Ord. pen.) avverso il provvedimento del 24 giugno 2023, con il quale il Magistrato di sorveglianza della medesima città aveva dichiarato inammissibile la sua domanda di permesso premio. Il Tribunale di sorveglianza, in particolare, ha condiviso le valutazioni espresse nel provvedimento richiamato con riferimento alla inammissibilità della richiesta ex art.30-ter Ord. pen. in considerazione della sottoposizione del detenuto allo speciale regime sopra indicato e della manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art.4-bis, comma 2, come modificato dalla 1.199/2022.
Avverso la predetta ordinanza AVV_NOTAIO COGNOME, per mezzo degli AVV_NOTAIO e NOME COGNOME, ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico ed articolato motivo, di seguito riprodotto nei limiti di cui all’art.173 disp. att. cod. proc. pen., insistendo per l’annullamento del provvedimento impugnato.
Egli lamenta, ai sensi dell’art.606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., l’inosservanza ed erronea applicazione dell’art.41-bis Ord. pen. in relazione all’art.4-bis Ord. pen. e ripropone la questione di legittimità costituzionale del citato art.4-bis per violazione degli artt.3 e 27 Cost., 3 e 7 CEDU.
Al riguardo il ricorrente osserva che il Tribunale di sorveglianza (come anche il Magistrato di sorveglianza) avrebbe omesso di valutare la concreta sopravvenuta carenza dei presupposti giustificativi della sottoposizione del condannato allo speciale regime detentivo di cui si tratta; inoltre, la modifica del comma 2 dell’art.41-bis Ord. pen. introdotta con la 1.199/2022 sarebbe costituzionalmente illegittima laddove non prevede la possibilità di concedere i benefici penitenziari ai soggetti sottoposti al regime, di cui alla citata disposizione, nel caso in cui siano stati acquisiti elementi a conferma della esclusione della attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata ed il pericolo di un loro ripristino.
CONSIDERATO IN DIRITTO
LI1 ricorso è infondato e, pertanto, deve essere respinto.
Anzitutto, deve escludersi la lamentata erronea applicazione GLYPH degli artt. 4-bis e 41-bis Ord. pen. stante il chiaro tenore letterale del secondo comma dell’art.4-bis (come modificato dalla 1.199/2022) che esclude espressamente l concedibilità del permesso premio in favore del recluso che (come l’odiern ricorrente) sia sottoposto allo speciale regime detentivo di cui si trat riguardo si osserva poi che la sussistenza della attualità dei collegamenti co criminalità organizzata è stata coerentemente desunta dalla permanenza del regime sopra indicato e che, rispetto a tale profilo, il ricorrente si l sostenere genericamente la cessazione di tali collegamenti senza dedurre null sul punto.
Deve poi aggiungersi che la giurisprudenza richiamata nell’impugnazione risulta inconferente atteso che essa non riguarda l’ipotesi di detenuto sottop allo speciale regime ex art.41-bis Ord. pen., ma invece quella della impossibilità della collaborazione con la giustizia da parte del condannato per uno dei re compresi nel citato art.4-bis.
Infine è irrilevante la questione di legittimità costituzionale ripropost ricorrente per la mancata allegazione, già evidenziata dal Tribunale sorveglianza con motivazione adeguata e priva di vizi logici, di elementi conferma della assenza di collegamenti con la criminalità organizzata, ossia deg specifici presupposti applicativi dell’art.4-bis nel testo vigente e di altr specifiche e verificabili condizioni per ottenere la chiesta revoc:a anticipata sottoposizione al regime detentivo differenziato.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ai sensi dell’art.616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processual
Così deciso in Roma, il 29 febbraio 2024.