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Permesso premio 41-bis: la Cassazione conferma il no

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un detenuto sottoposto al regime speciale del 41-bis che chiedeva la concessione di un permesso premio. La Corte ha confermato la legittimità della normativa introdotta nel 2022, che sancisce una totale incompatibilità tra il cosiddetto ‘carcere duro’ e il beneficio del permesso premio. Secondo i giudici, questa incompatibilità era già implicita nel sistema e la nuova legge l’ha semplicemente resa esplicita, senza violare i principi costituzionali. La questione del permesso premio 41-bis trova quindi una netta chiusura, subordinando ogni beneficio alla revoca del regime speciale.

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Pubblicato il 23 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Permesso Premio e 41-bis: La Cassazione Conferma la Totale Incompatibilità

Con una recente sentenza, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi su un tema di grande attualità e dibattito nel diritto penitenziario: il rapporto tra il permesso premio e il regime detentivo speciale del 41-bis. La pronuncia ha confermato un orientamento ormai consolidato, ribadendo l’assoluta incompatibilità tra i due istituti e rigettando le questioni di legittimità costituzionale sollevate dalla difesa di un detenuto. Questa decisione chiarisce in modo definitivo che l’accesso ai benefici penitenziari è precluso finché perdura il cosiddetto ‘carcere duro’.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso di un detenuto, sottoposto al regime speciale previsto dall’art. 41-bis dell’ordinamento penitenziario, contro la decisione del Tribunale di Sorveglianza. Quest’ultimo aveva rigettato la sua richiesta di accedere a un permesso premio, dichiarandola inammissibile. La base del diniego era una modifica legislativa introdotta nel 2022 (legge n. 199), che ha esplicitamente previsto all’art. 4-bis, comma 2, dell’ordinamento penitenziario, che i permessi premio possono essere concessi solo dopo la revoca o la mancata proroga del regime del 41-bis.

La difesa del ricorrente ha impugnato tale decisione, sollevando principalmente due ordini di motivi:
1. Incostituzionalità della norma: Secondo la difesa, la nuova previsione violerebbe gli articoli 3 (principio di uguaglianza e ragionevolezza) e 27, terzo comma (finalità rieducativa della pena), della Costituzione. Impedire l’accesso ai permessi premio, anche solo per poche ore all’interno dello stesso istituto, ostacolerebbe il percorso rieducativo del detenuto.
2. Violazione di norme comunitarie: Si lamentava inoltre che il Tribunale non avesse considerato le previsioni dei Mandati d’Arresto Europei (M.A.E.) relativi al detenuto, che escludevano una pena ‘a vita’ e prevedevano la revisionabilità della stessa.

La Decisione della Corte di Cassazione e il divieto di permesso premio 41-bis

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso infondato, rigettandolo integralmente. I giudici di legittimità hanno ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale. La Corte ha spiegato che la riforma del 2022 non ha introdotto un elemento di novità dirompente, ma ha piuttosto codificato un principio già insito nel sistema giuridico. L’incompatibilità tra il permesso premio e il 41-bis era, di fatto, già un approdo consolidato, come evidenziato anche da una precedente ordinanza della Corte Costituzionale (n. 197 del 2021). L’applicazione del 41-bis, infatti, presuppone l’attualità dei collegamenti del detenuto con l’organizzazione criminale, una condizione che, per sua natura, è logicamente incompatibile con un percorso di ‘sicuro ravvedimento’ necessario per la concessione dei benefici.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Corte si articolano su tre punti fondamentali. In primo luogo, la Corte ha sottolineato che la manifesta infondatezza della questione di costituzionalità deriva dall’assenza di reali novità nel testo riformato dell’art. 41-bis. Già prima della modifica del 2022, la giurisprudenza, inclusa quella della Corte Costituzionale, aveva evidenziato il forte legame tra il regime differenziato e l’impossibilità di accedere ai benefici. L’applicazione del 41-bis si fonda sulla perdurante pericolosità sociale del detenuto e sull’attualità dei suoi legami con la criminalità organizzata. Tale presupposto è intrinsecamente contrario alla valutazione di ‘sicuro ravvedimento’ che è alla base della concessione dei permessi premio. Pertanto, il legislatore del 2022 ha semplicemente recepito questa indicazione, rendendo esplicita una incompatibilità già esistente.

In secondo luogo, il divieto di concessione del permesso non è assoluto, ma temporaneo. Esso dura finché il detenuto è sottoposto al regime speciale. Una volta che il provvedimento del 41-bis viene revocato o non prorogato, il detenuto può nuovamente accedere ai benefici penitenziari. Questo carattere temporaneo, legato alla valutazione della pericolosità, salva la norma dalla censura di irragionevolezza.

Infine, la Corte ha applicato il principio ‘tempus regit actum’. Poiché il permesso premio non modifica la natura della pena ma è un beneficio concesso durante l’esecuzione, la domanda deve essere valutata secondo la normativa vigente al momento della decisione. Di conseguenza, la domanda del ricorrente, proveniente da un soggetto in regime di 41-bis, doveva essere necessariamente dichiarata inammissibile alla luce della nuova e chiara previsione normativa.

Conclusioni

La sentenza in esame consolida un principio fondamentale dell’ordinamento penitenziario: la sottoposizione al regime del 41-bis è ostativa alla concessione dei permessi premio. La decisione chiarisce che non si tratta di una violazione dei principi costituzionali, ma di una logica conseguenza dei presupposti che giustificano l’applicazione del ‘carcere duro’. Finché un detenuto è ritenuto così pericoloso da richiedere misure di detenzione speciali per recidere i legami con l’esterno, non può al contempo essere considerato meritevole di un beneficio che presuppone un avanzato percorso di risocializzazione e l’assenza di pericolosità sociale. La porta ai benefici si riaprirà solo con la cessazione del regime speciale.

Un detenuto in regime 41-bis può ottenere un permesso premio?
No. La legge, come confermato dalla Corte di Cassazione, prevede una incompatibilità assoluta. Il permesso premio può essere concesso solo dopo che il provvedimento applicativo del regime 41-bis sia stato revocato o non sia stato prorogato.

La legge che vieta il permesso premio ai detenuti in 41-bis è costituzionale?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, la questione di legittimità costituzionale è manifestamente infondata. La norma non viola gli artt. 3 e 27 della Costituzione perché l’incompatibilità è una conseguenza logica dei presupposti del 41-bis (pericolosità sociale e legami attuali con la criminalità) ed è un divieto temporaneo, destinato a cessare con la revoca del regime speciale.

La nuova legge del 2022 che sancisce l’incompatibilità si applica anche a chi ha commesso il reato prima della sua entrata in vigore?
Sì. La Corte ha chiarito che si applica il principio ‘tempus regit actum’. Poiché il permesso premio è un beneficio che riguarda la fase di esecuzione della pena e non la natura della pena stessa, la sua concessione è regolata dalla legge in vigore al momento in cui la richiesta viene valutata, indipendentemente da quando il reato è stato commesso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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