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Permesso premio 4 bis: la Cassazione conferma il no

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 16693/2025, ha rigettato il ricorso di un detenuto condannato per associazione di stampo mafioso e narcotraffico, confermando il diniego del permesso premio. La Corte ha stabilito che, ai fini della concessione del beneficio previsto dall’art. 4 bis ord. pen., la sola buona condotta carceraria non è sufficiente a superare la presunzione di pericolosità sociale. È necessario fornire elementi concreti che dimostrino un’effettiva rottura con l’ambiente criminale di provenienza, cosa che nel caso di specie non è avvenuta.

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Pubblicato il 22 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Permesso Premio 4 bis: Buona Condotta Non Basta per Superare la Pericolosità

La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 16693 del 2025, è tornata a pronunciarsi su un tema cruciale dell’ordinamento penitenziario: la concessione del permesso premio 4 bis a detenuti per reati di mafia. La decisione ribadisce un principio fondamentale: la buona condotta tenuta in carcere, da sola, non è sufficiente a superare la presunzione di pericolosità sociale che la legge collega a tali crimini. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante pronuncia.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un detenuto, condannato per associazione di stampo mafioso e associazione finalizzata al narcotraffico, che si era visto negare un permesso premio dal Magistrato di Sorveglianza. Contro tale diniego, l’interessato aveva proposto reclamo al Tribunale di Sorveglianza, il quale, tuttavia, lo aveva respinto.

Il Tribunale aveva motivato la sua decisione sottolineando come, nonostante la novella legislativa del 2022 abbia reso ‘relativa’ la presunzione di pericolosità, nel caso specifico permanessero elementi ostativi. In particolare, i giudici avevano evidenziato la passata intensità del ruolo associativo del detenuto, l’assenza di concrete iniziative riparatorie e la mancanza di specifiche allegazioni da parte sua, capaci di dimostrare un reale distacco dal contesto criminale.

Il Ricorso in Cassazione e le Argomentazioni Difensive

Avverso la decisione del Tribunale, il detenuto ha proposto ricorso per cassazione, lamentando un’erronea applicazione della legge e un vizio di motivazione. La difesa ha sostenuto di aver fornito elementi sufficienti a dimostrare l’assenza di contatti con la criminalità di provenienza e il cessato pericolo di ripristino di tali legami. Tra questi elementi figuravano:

* Il comportamento regolare tenuto in carcere.
* Il mantenimento di colloqui esclusivamente con i familiari.
* L’assenza di pendenze giudiziarie recenti sia in Calabria che in Lombardia.
* L’impossibilità di effettuare un risarcimento dei danni a causa della propria condizione di indigenza.

Secondo il ricorrente, questi fattori avrebbero dovuto essere considerati sufficienti a superare la presunzione di pericolosità e a giustificare la concessione del beneficio richiesto.

Permesso Premio 4 bis: Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha ritenuto il ricorso infondato, rigettandolo. I giudici hanno confermato la validità del ragionamento del Tribunale di Sorveglianza, definendolo congruamente motivato. La Cassazione ha chiarito che la particolare intensità e rilevanza del ruolo associativo svolto in passato dal detenuto costituisce un aspetto di ‘seria concretizzazione’ della presunzione di pericolosità prevista dall’art. 4 bis ord. pen.

Di fronte a un quadro così caratterizzato, le allegazioni difensive sono state giudicate prive della portata necessaria per ‘incrinare la logicità’ delle argomentazioni del Tribunale. Sebbene la Corte riconosca l’oggettiva difficoltà, per un detenuto che non collabora con la giustizia, di fornire prove diverse e positive del proprio cambiamento, ha sottolineato che gli elementi portati non erano idonei allo scopo. La regolarità del percorso carcerario, per quanto positiva, non è sufficiente a determinare un superamento della presunzione.

La sentenza evidenzia che non era emerso ‘alcun concreto indicatore di ravvedimento o di avvio di un serio processo di revisione critica’ da parte del detenuto. Manca, in altre parole, la prova di quel cambiamento interiore profondo che la legge richiede per neutralizzare la pericolosità presunta derivante dalla natura dei reati commessi.

Le Conclusioni

In conclusione, questa pronuncia della Corte di Cassazione consolida un orientamento rigoroso in materia di permesso premio 4 bis. Per i condannati per reati di mafia, la strada per accedere ai benefici penitenziari richiede più della semplice adesione formale alle regole del carcere. È indispensabile dimostrare, con elementi concreti e specifici, di aver reciso ogni legame con l’ambiente criminale e di aver intrapreso un autentico percorso di revisione critica del proprio passato. La presunzione di pericolosità, sebbene non più assoluta, rimane un ostacolo significativo che può essere superato solo con una prova contraria robusta e convincente.

La buona condotta in carcere è sufficiente per ottenere un permesso premio se si è condannati per reati di mafia secondo l’art. 4 bis ord. pen.?
No, la sentenza chiarisce che la sola regolarità del percorso carcerario non è di per sé idonea a superare la presunzione di pericolosità, specialmente in assenza di concreti indicatori di ravvedimento o di un serio processo di revisione critica del proprio passato.

Cosa deve dimostrare un detenuto per superare la presunzione di pericolosità prevista dall’art. 4 bis ord. pen.?
Il detenuto deve fornire elementi di prova concreti e specifici, idonei a dimostrare l’inesistenza anche di un mero ‘pericolo di ripristino’ dei collegamenti con il contesto criminale di provenienza. Questo va oltre la semplice allegazione di buona condotta.

L’impossibilità di risarcire il danno (perché nullatenente) impedisce di ottenere il permesso premio?
Sebbene la sentenza menzioni l’assenza di iniziative riparatorie tra i motivi del rigetto, la decisione si fonda principalmente sulla valutazione complessiva della pericolosità del soggetto, basata sulla gravità del ruolo associativo passato e sulla mancanza di prove di un effettivo distacco dall’ambiente criminale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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