Permesso Premio 4 bis: Buona Condotta Non Basta per Superare la Pericolosità
La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 16693 del 2025, è tornata a pronunciarsi su un tema cruciale dell’ordinamento penitenziario: la concessione del permesso premio 4 bis a detenuti per reati di mafia. La decisione ribadisce un principio fondamentale: la buona condotta tenuta in carcere, da sola, non è sufficiente a superare la presunzione di pericolosità sociale che la legge collega a tali crimini. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante pronuncia.
I Fatti del Caso
Il caso riguarda un detenuto, condannato per associazione di stampo mafioso e associazione finalizzata al narcotraffico, che si era visto negare un permesso premio dal Magistrato di Sorveglianza. Contro tale diniego, l’interessato aveva proposto reclamo al Tribunale di Sorveglianza, il quale, tuttavia, lo aveva respinto.
Il Tribunale aveva motivato la sua decisione sottolineando come, nonostante la novella legislativa del 2022 abbia reso ‘relativa’ la presunzione di pericolosità, nel caso specifico permanessero elementi ostativi. In particolare, i giudici avevano evidenziato la passata intensità del ruolo associativo del detenuto, l’assenza di concrete iniziative riparatorie e la mancanza di specifiche allegazioni da parte sua, capaci di dimostrare un reale distacco dal contesto criminale.
Il Ricorso in Cassazione e le Argomentazioni Difensive
Avverso la decisione del Tribunale, il detenuto ha proposto ricorso per cassazione, lamentando un’erronea applicazione della legge e un vizio di motivazione. La difesa ha sostenuto di aver fornito elementi sufficienti a dimostrare l’assenza di contatti con la criminalità di provenienza e il cessato pericolo di ripristino di tali legami. Tra questi elementi figuravano:
* Il comportamento regolare tenuto in carcere.
* Il mantenimento di colloqui esclusivamente con i familiari.
* L’assenza di pendenze giudiziarie recenti sia in Calabria che in Lombardia.
* L’impossibilità di effettuare un risarcimento dei danni a causa della propria condizione di indigenza.
Secondo il ricorrente, questi fattori avrebbero dovuto essere considerati sufficienti a superare la presunzione di pericolosità e a giustificare la concessione del beneficio richiesto.
Permesso Premio 4 bis: Le Motivazioni della Cassazione
La Suprema Corte ha ritenuto il ricorso infondato, rigettandolo. I giudici hanno confermato la validità del ragionamento del Tribunale di Sorveglianza, definendolo congruamente motivato. La Cassazione ha chiarito che la particolare intensità e rilevanza del ruolo associativo svolto in passato dal detenuto costituisce un aspetto di ‘seria concretizzazione’ della presunzione di pericolosità prevista dall’art. 4 bis ord. pen.
Di fronte a un quadro così caratterizzato, le allegazioni difensive sono state giudicate prive della portata necessaria per ‘incrinare la logicità’ delle argomentazioni del Tribunale. Sebbene la Corte riconosca l’oggettiva difficoltà, per un detenuto che non collabora con la giustizia, di fornire prove diverse e positive del proprio cambiamento, ha sottolineato che gli elementi portati non erano idonei allo scopo. La regolarità del percorso carcerario, per quanto positiva, non è sufficiente a determinare un superamento della presunzione.
La sentenza evidenzia che non era emerso ‘alcun concreto indicatore di ravvedimento o di avvio di un serio processo di revisione critica’ da parte del detenuto. Manca, in altre parole, la prova di quel cambiamento interiore profondo che la legge richiede per neutralizzare la pericolosità presunta derivante dalla natura dei reati commessi.
Le Conclusioni
In conclusione, questa pronuncia della Corte di Cassazione consolida un orientamento rigoroso in materia di permesso premio 4 bis. Per i condannati per reati di mafia, la strada per accedere ai benefici penitenziari richiede più della semplice adesione formale alle regole del carcere. È indispensabile dimostrare, con elementi concreti e specifici, di aver reciso ogni legame con l’ambiente criminale e di aver intrapreso un autentico percorso di revisione critica del proprio passato. La presunzione di pericolosità, sebbene non più assoluta, rimane un ostacolo significativo che può essere superato solo con una prova contraria robusta e convincente.
La buona condotta in carcere è sufficiente per ottenere un permesso premio se si è condannati per reati di mafia secondo l’art. 4 bis ord. pen.?
No, la sentenza chiarisce che la sola regolarità del percorso carcerario non è di per sé idonea a superare la presunzione di pericolosità, specialmente in assenza di concreti indicatori di ravvedimento o di un serio processo di revisione critica del proprio passato.
Cosa deve dimostrare un detenuto per superare la presunzione di pericolosità prevista dall’art. 4 bis ord. pen.?
Il detenuto deve fornire elementi di prova concreti e specifici, idonei a dimostrare l’inesistenza anche di un mero ‘pericolo di ripristino’ dei collegamenti con il contesto criminale di provenienza. Questo va oltre la semplice allegazione di buona condotta.
L’impossibilità di risarcire il danno (perché nullatenente) impedisce di ottenere il permesso premio?
Sebbene la sentenza menzioni l’assenza di iniziative riparatorie tra i motivi del rigetto, la decisione si fonda principalmente sulla valutazione complessiva della pericolosità del soggetto, basata sulla gravità del ruolo associativo passato e sulla mancanza di prove di un effettivo distacco dall’ambiente criminale.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 16693 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 16693 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 29/01/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME
NOME COGNOME
R.G.N. 40183/2024
NOME COGNOME
SENTENZA
COGNOME NOME nato a ROSARNO il 13/07/1953; avverso l’ordinanza del 11/09/2024 del TRIBUNALE di RAGIONE_SOCIALE di Torino; vista la relazione del Consigliere NOME COGNOME vista la requisitoria scritta del Sost. Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso per la inammissibilità del ricorso; in procedura a trattazione scitta.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza emessa in data 11 settembre 2024 il Tribunale di Sorveglianza di Torino ha respinto il reclamo in tema di permesso premio introdotto da NOME COGNOME avverso il diniego espresso con decisione del MdS del 13 marzo 2024.
In motivazione si evidenzia che la condizione detentiva resta regolata dalla particolare disposizione di legge di cui all’art. 4 bis ord.pen. – come novellata dal d.l. n.162 del 2022 – in ragione delle condanne per associazione di stampo mafioso e associazione finalizzata al narcotraffico. Pur nell’attuale sistema di presunzione legale – solo relativa – di pericolosità il Tribunale rileva che la particolare intensità del ruolo associativo, l’assenza di concrete iniziative riparatorie, l’assenza di specifiche allegazioni da parte dell’istante, conducono al rigetto del reclamo.
Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione – nelle forme di legge – COGNOME COGNOME Il ricorrente deduce erronea applicazione di legge e vizio di motivazione.
Si rappresenta, in particolare, che erano stati forniti elementi tesi a rappresentare l’assenza di contatti con la realtà criminale di provenienza e l’assenza del pericolo di ripristino, in rapporto al regolare comportamento tenuto in carcere, al mantenimento dei colloqui solo con i familiari e alla assenza di pendenze giudiziarie tanto in Calabria che in Lombardia. Si contesta la possibilità di realizzare il risarcimento dei danni, data la impossidenza.
Il ricorso Ł infondato, per le ragioni che seguono.
Il Tribunale ha respinto il reclamo (che non Ł stato dichiarato inammissibile) e ha indicato, con congrua motivazione, come la particolare intensità e rilevanza del ruolo associativo svolto – in libertà – da COGNOME Rocco rappresentino un aspetto di seria concretizzazione della presunzione relativa di pericolosità di cui all’art.4 bis ord.pen. .
A fronte di ciò le allegazioni difensive non hanno una portata tale da incrinare la logicità delle argomentazioni espresse dal Tribunale, pur dovendosi dare atto della oggettiva difficoltà di allegare elementi di prova (diversi dall’avvio del percorso collaborativo) che siano idonei, nel caso concreto, a dimostrare la inesistenza anche di un mero ‘pericolo di ripristino’ dei collegamenti con il contesto criminale di provenienza.
Sta di fatto, tuttavia, che le allegazioni circa la regolarità del percorso carcerario non sono -in quanto tali – idonee a determinare un superamento della presunzione, sia in ragione dell’espresso dettato legislativo che in rapporto alle specifiche argomentazioni espresse dal Tribunale circa la condizione dell’Ascone, non essendo emerso alcun concreto indicatore di ravvedimento o di avvio di un serio processo di revisione critica.
Al rigetto del ricorso segue ex lege la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 29/01/2025.
Il Presidente NOME COGNOME