Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 12446 Anno 2019
Penale Sent. Sez. 1 Num. 12446 Anno 2019
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/10/2018
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME –NOME COGNOME nato il 23/03/1986
avverso la sentenza del 26/01/2016 del GIUDICE COGNOME di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
Procuratore NOME COGNOME
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto
NOME
che ha concluso chiedendo akmprn
Il P.G. conclude per l’inamrnissibilità del ricorso.
udito il difensore ;
E presente l’avvocato COGNOME del foro di ROMA, quale sostituto processuale dell’avvocato COGNOME NOME del foro di ROMA in difesa di COGNOME NOMECOGNOME come da nomina depositata in udienza, che si riporta ai motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza del 26 gennaio – 9 febbraio 2016 il Giudice di pace di Roma giudicando NOME COGNOME – imputato del reato di cui all’art. 14, commi 5 -bis e 5 -ter, d.lgs. n. 286 del 1998, perché, straniero extracomunitario, nato in Brasile il 23 marzo 1986, senza giustificato motivo non ottemperava all’ordine di allontanamento del Questore di Roma in data 17 giugno 2012; fatto accertato in Roma, il 9 marzo 2014 – ha dichiarato l’imputato colpevole del reato ascrittogli e lo ha condannato alla pena di euro 10.000,00 di multa.
1.1. Avverso questa decisione ha proposto appello il difensore di NOME COGNOME al fine di ottenere l’assoluzione dell’imputato, in riforma della prima decisione, deducendo che – avendo il giudice di merito ritenuto non dimostrato il giustificato motivo che legittimasse l’imputato a trattenersi nel territorio del Stato pur dopo la notifica dell’ordine di allontanamento, posto che la normativa nazionale non avrebbe consentito il matrimonio tra persone dello stesso sesso, sicché NOME COGNOME, non era legittimato a trattenersi dopo il 17 giugno 2012 sul territorio nazionale – tale valutazione non poteva essere condivisa, perché il legame affettivo dell’imputato con un cittadino italiano, dimostrato dalla testimonianza di NOME COGNOME si era successivamente tradotto in un matrimonio con il conseguente rilascio del permesso di soggiorno per motivi familiari; la giurisprudenza costituzionale e di legittimità era unanime nel considerare il legame affettivo quale giustificato motivo della permanenza dello straniero sul territorio italiano; pertanto il non aver considerato base valida per la permanenza in Italia il suddetto legame costituiva l’esito di ragionamento aberrante; d’altro canto il successivo rilascio del permesso di soggiorno aveva determinato la caducazione di ogni efficacia del decreto di espulsione, senza che la sentenza impugnata desse riiievo a questa consequenzialità logico-giuridica.
1.2. Con ordinanza del 2 marzo 2018 il Tribunale di Roma aveva qualificato l’appello quale ricorso per cassazione, con conseguente trasmissione degli atti.
1.3. Con memoria del 26 settembre 2018 il difensore di NOME COGNOME ha articolato motivi nuovi censurando la sentenza impugnata in quanto affetta da travisamento della prova e contraddittorietà della motivazione; la giurisprudenza di merito aveva riconosciuto il diritto all’ottenimento di permesso di soggiorno per motivi di famiglia al soggetto che aveva contratto matrimonio valido in uno Stato dell’Unione europea; la giurisprudenza di legittimità aveva parificato la condizione del cittadino straniero che aveva contratto matrimonio in uno Stato dell’Unione europea a quella del familiare che aveva titolo a soggiorno in Italia; la giurisprudenza costituzionale aveva definito chiaramente l’unione omosessuale come stabile convivenza tra persone dello stesso sesso da cui scaturisce il diritto
di vivere in una condizione di coppia e di conservare l’unità della famiglia; pertanto, per l’imputato, conseguito il permesso di soggiorno, avrebbe dovuto caducarsi l’efficacia del decreto di espulsione, con il matrimonio essendosi sancito un legame affettivo esistente da prima del decreto di espulsione.
Il ricorso si profila inammissibile per essere la censura formulata dal ricorrente nell’atto originario generica e non autosufficiente.
2.1. Il Giudice di pace ha giustificato la decisione emessa osservando che assodati il provvedimento prefettizio di espulsione e il conseguente provvedimento di allontanamento emesso dal questore – l’imputato non aveva dimostrato il giustificato motivo che lo legittimasse a permanere nel territorio dello Stato, a far data dalla notificazione del provvedimento del 17 giugno 2012: a quell’epoca l’imputato non aveva contratto matrimonio e lo avrebbe fatto soltanto in data 2014, all’estero, con susseguente trascrizione in Italia il 18 ottobre 2014, in quanto la disciplina nazionale non consentiva di celebrare il matrimonio fra persone dello stesso sesso, sicché egli, già tratto in arresto per concorso in detenzione a fini di spaccio di sostanze stupefacenti, non essendo sposato con cittadino italiano, non era legittimato a trattenersi nel territorio del Stato, dopo l’espulsione e l’ordine di allontanamento fino al momento in cui, il 9 marzo 2014, era stato sottoposto a controllo.
2.2. Posto ciò, nulla quaestio circa il fatto che, dal momento del contratto matrimonio con cittadino italiano con l’instaurazione della relativa convivenza, il ricorrente, all’esito del relativo accertamento, abbia conseguito il titolo a no essere espulso ai sensi dell’art. 19, comma 2, lett. c), d.lgs. n. 286 del 1998.
Però, la sentenza di merito, non specificamente contrastata sul punto dal ricorrente nella primigenia impugnazione, ha rilevato che tale matrimonio è stato celebrato in Spagna il 5 aprile 2014 e trascritto in Italia il 18 ottobre 201 mentre l’ordine del Questore, con relativa notifica, risaliva al 17 giugno 2012: sicché resta il fatto che nel tempo, di oltre un anno, fra tale ordine e susseguente matrimonio, fino al controllo del 9 marzo 2014, l’imputato risulta essersi trattenuto nel territorio dello Stato in violazione della norma contestata.
Né la regolarizzazione successiva della sua posizione, quale soggetto già espulso rispetto alla sua presenza sul territorio dello Stato, può svolgere efficacia sanante della condotta antigiuridica integrata durante il tempo pregresso.
2.3. Quanto poi alla deduzione di precedente convivenza more uxorio quale autonomo giustificato motivo, specificata nella memoria aggiuntiva e Soltanto genericamente dedotta nell’impugnazione, essa, già ritenuta in via generale inadeguata a concretare titolo idoneo a paralizzare giuridicamente la disposta espulsione (Sez. 1, n. 16446 del 16/03/201Ó, Noua, Rv. 247452), è stata
riconsiderata ,in tema di espulsione dello straniero quale misura alternati detenzione, per il caso in cui, alla luce della disciplina introdotta dalla maggio 2016, n. 76, si sia instaurata la convivenza more uxorio con un cittadino italiano attraverso la conclusione del contratto di convivenza contemplato suindicata normativa, equiparato a determinati fini al matrimonio (v. Sez. 44182 del 27/06/2016, COGNOME, Rv. 268038): trattasi però di situazione ratíone temporis non rilevante per il fatto qui giudicato, perfezionatosi fra il 20 2014, indipendentemente, quindi, dal fatto che la convivenza riguardi person sesso diverso o dello stesso sesso.
Ogni altra considerazione, peraltro, sull’argomento della mera convivenza infrange sulla constatazione che la sentenza impugnata non ha per espli preso in considerazione la sussistenza della relativa situazione per l’interv rilevante, ossia dal 17 giugno 2012 e il 9 marzo 2014. La contestazione soll sul punto da NOME COGNOME nell’atto di appello, poi qualificato come ricors richiamata alla testimonianza di NOME COGNOME dedotta come ingiustament svalutata dal giudice di merito, ma lo ha fatto in modo generico e del tutt autosufficiente. Deve sul punto ribadirsi che sono inammissibili, per viola del principio di autosufficienza e per genericità, i motivi che deducano il manifesta illogicità o contraddittorietà della motivazione e, pur richiamand specificamente indicati, non contengano la loro integrale trascrizi allegazione (Sez. 1, n. 54281 del 05/07/2017, COGNOME, Rv. 272492; Sez. 2 20677 del 11/04/2017, COGNOME, Rv. 270071).
2.4. L’originaria impugnazione si rivela, pertanto, inammissibile. determina, ex art. 585, comma 4, cod. proc. pen., degli stessi motivi nuovi.
Da tale inammissibilità deriva, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. p condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e – pe profili di colpa correlati all’irritualità dell’impugnazione (Corte cost., s del 2000) – di una somma in favore della cassa delle ammende nella misura ch in rapporto agli aspetti esaminati, si reputa equo fissare in euro 2.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento d spese processuali e della somma di euro duemila in favore della cassa d ammende.
Così deciso il 12 ottobre 2018