Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 12738 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 12738 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a Gioia Tauro il 02/07/1980 avverso l’ordinanza del 27/09/2024 del Tribunale di Sorveglianza di Roma udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME COGNOME lette le conclusioni del Sost. Proc. Gen. NOME COGNOME per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di sorveglianza di Roma, con ordinanza del 27 settembre 2024, ha respinto il reclamo proposto ex art. 30-bis legge 26 luglio 1975, n. 354 da NOME COGNOME avverso il provvedimento con il quale il Magistrato di sorveglianza di Viterbo,1’8 febbraio 2024, ha rigettat l’istanza avanzata per ottenere un permesso di necessità per recarsi al cimitero per fare visita a suocero, NOME COGNOME, deceduto il 7 gennaio 2024.
Nel provvedimento impugnato il Magistrato di sorveglianza ha evidenziato che l’istanza non poteva essere accolta in forza della caratura criminale del defunto, esponente di spicco del clan COGNOME, affiliato con il sodalizio di cui il detenuto è elemento di vertice, e, dunqu rilievo della prevalenza delle esigenze di tutela di ordine pubblico sul legame di mera affinità i soggetti.
Il Tribunale di sorveglianza, rigettando il reclamo, ha anche evidenziato che la morte del suocero del detenuto, seppur riconducibile in astratto al paradigma di cui all’art. 30 ord. pen non soddisfa la ratio dell’istituto sotto il profilo dell’idoneità dell’evento a incidere sulla
familiare del detenuto in quanto il defunto è un affine di COGNOME e non vi sarebbe prova di convivenza tra i due, i quali sono stati peraltro sottoposti alle limitazioni del regime differenz
La carenza di un interesse familiare funzionale alla vicenda umana del detenuto, la cui tutela è richiesta per la concessione dell’invocato permesso di necessità, rende preponderanti, in un’ottica di bilanciamento, le esigenze di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica.
Avverso il provvedimento ha proposto ricorso il detenuto che, a mezzo del difensore, ha dedotto l’inosservanza ed erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche, di cui si deve tener conto nell’applicazione della legge penale, con riferimento agli artt. 30 o pen., 3 C.e.d.u. e 27, terzo comma, Cost., e vizio di motivazione dell’ordinanza impugnata per avere il Tribunale di sorveglianza proceduto ad un’interpretazione errata dei presupposti richiesti dalla legge ai fini della concessione del permesso c.d. di necessità. Secondo il ricorrente, infat l’art. 30 ord. pen., indica, quali soggetti che si trovino in condizioni di pericolo di vita o che interessati da eventi di particolare gravità, i familiari, senza alcuna distinzione tra parenti e a o, in alternativa, i conviventi. Ne consegue che l’assenza di convivenza e il rapporto di affin non costituiscono circostanze che possano far escludere l’esistenza di un rapporto affettivo per poter concedere il beneficio in parola. Sotto altro profilo, poi, il richiamo alle esigenze di t di sicurezza pubblica non potrebbe essere ritenuto sufficiente per giungere a una decisione. di rigetto, ben potendo essere adottate tutte quelle cautele e prescrizioni necessarie allo scopo. I giudice, infine, avrebbe pure omesso di valutare le allegazioni difensive relative alla posizio rivestita dal defunto in seno al sodalizio, che non era quella di vertice ma di mero partecipe dovendosi dunque ridimensionare le considerazioni relative alla caratura criminale dello stesso.
In data 17 dicembre 2024 è pervenuta in cancelleria la requisitoria scritta con la quale il Sost. Proc. Gen. NOME COGNOME chiede il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Nell’unico motivo di ricorso la difesa deduca violazione di legge e il vizio di motivazion in relazione agli artt. 30 ord. pen., 3 C.e.d.u. e 27, terzo comma, Cost.
Le doglianze sono infondate.
2.1. In tema di ordinamento penitenziario, il permesso di necessità ex art. 30 ord. pen. è un beneficio di eccezionale applicazione rispondente a finalità di umanizzazione della pena e non è un istituto di natura trattamentale.
Lo stesso, pertanto, può essere concesso esclusivamente al verificarsi di situazioni di particolare gravità ridondanti nella sfera personale e familiare del detenuto, ma non anche in
funzione dell’esigenza di attenuare l’isolamento del medesimo attraverso il mantenimento delle relazioni familiari e sociali (Sez. 1, n. 57813 del 04/10/2017, COGNOME, Rv. 272400 – 01).
Ai fini della concessione del beneficio devono quindi sussistere tre requisiti: l’eccezionali della concessione, la particolare gravità dell’evento giustificativo e la correlazione dello ste con la vita familiare (eventi familiari).
Il relativo accertamento, inoltre, deve essere compiuto tenendo conto dell’idoneità del fatto a incidere nella vicenda umana del detenuto (Sez. 1, n. 15953 del 27/11/2015, dep. 2016, Vitale, Rv. 267210 – 01), mentre la gravità dei fatti commessi, o la pericolosità del condannato o dell’imputato, sono da valutare esclusivamente ai fini della predisposizione di apposite cautele esecutive (Sez. 1, n. 20515 del 22/04/2022, COGNOME, non mass.).
Pertanto, ne consegue che la dedotta pericolosità sociale del ricorrente non può avere rilievo – da sola – circa l’esame dei requisiti di concedibilità del permesso di necessità, ma pu di certo in modo doveroso – essere considerata al fine di prevedere che una scorta accompagni il detenuto nel corso del permesso e della predisposizione di apposite cautele, connesse alla gravità dei reati commessi e alla personalità del condannato, anche per come manifestatasi nel corso dell’espiazione (Sez. 1, n. 15935 del 27/11/2015, dep. 2016, COGNOME, non mass. sul punto).
2.2. Tanto premesso l’ordinanza impugnata, che pure appare errata laddove considera la mancanza di convivenza e la prevalenza delle esigenze di ordine pubblico appare nel complesso corretta.
Il Tribunale, infatti, fonda la revoca anche su altro, pregiudiziale, aspetto, che è quel della non idoneità dell’evento morte a incidere nella vicenda umana del detenuto, giacché i due uomini, appartenenti a diversi clan di ‘ndrangheta, non solo non erano conviventi, ma soprattutto non si frequentavano, essendo entrambi sottoposti al regime di cui all’art. 41 bis ord. pen.
Tale argomento, con il quale il ricorso omette di confrontarsi, è coerente alla valutazione effettuata in ordine alla correlazione dell’evento con la vita familiare e, essendo da solo decisi ai fini del rigetto della richiesta, rende insindacabile la conclusione cui è pervenuto il Tribu di Sorveglianza.
3 Il rigetto del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma, 1’8 gennaio 2025.