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Permesso di necessità: quando il legame familiare conta

La Corte di Cassazione ha negato un permesso di necessità a un detenuto per visitare la tomba del suocero, anch’egli legato alla criminalità organizzata. La decisione si basa sulla mancanza di un legame familiare effettivo e di convivenza, ritenendo l’evento non sufficientemente grave da incidere sulla vita del detenuto, a prescindere dai profili di pericolosità sociale.

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Pubblicato il 19 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Permesso di necessità: quando la forma non basta, serve un legame reale

Il permesso di necessità è uno strumento fondamentale dell’ordinamento penitenziario, pensato per umanizzare la pena e consentire al detenuto di affrontare eventi familiari di eccezionale gravità. Tuttavia, la sua concessione non è automatica. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio cruciale: per ottenere il beneficio non è sufficiente un mero vincolo di parentela o affinità, ma è necessario dimostrare che l’evento luttuoso incida concretamente sulla vita affettiva del detenuto. Analizziamo insieme la decisione.

I Fatti del Caso

Un detenuto, sottoposto a un rigido regime carcerario, aveva richiesto un permesso di necessità per recarsi al cimitero e visitare la tomba del suocero, deceduto da circa un mese. Il suocero era una figura di spicco di un’associazione criminale, della quale anche il detenuto era considerato un elemento di vertice.

Sia il Magistrato di sorveglianza che il Tribunale di sorveglianza avevano respinto la richiesta. La motivazione principale si basava sulla prevalenza delle esigenze di ordine e sicurezza pubblica, data l’elevata caratura criminale di entrambi i soggetti. Inoltre, i giudici avevano sottolineato che il legame tra i due era di mera affinità (suocero e genero) e non vi era prova di una convivenza che potesse suggerire un legame affettivo particolarmente profondo.

La Decisione della Cassazione e i limiti del permesso di necessità

La Corte di Cassazione, pur correggendo parzialmente l’impostazione dei giudici di merito, ha confermato il rigetto del ricorso, ma con una motivazione giuridicamente più precisa.

La Suprema Corte ha chiarito che la pericolosità sociale del detenuto e del defunto non può, da sola, giustificare il diniego del permesso. Questo elemento, infatti, è rilevante per decidere le modalità di esecuzione del permesso (ad esempio, con una scorta adeguata), ma non per negarne la concessione in radice. Il cuore della valutazione, invece, deve concentrarsi su altri tre requisiti essenziali.

I Tre Requisiti Fondamentali

Per concedere un permesso di necessità, il giudice deve accertare la sussistenza di tre condizioni:

1. Eccezionalità della concessione: Il permesso non è un diritto, ma un beneficio straordinario.
2. Particolare gravità dell’evento: L’evento deve essere oggettivamente serio e rilevante.
3. Correlazione con la vita familiare: L’evento deve incidere in modo significativo e concreto sulla sfera affettiva e personale del detenuto.

È proprio su quest’ultimo punto che si è fondata la decisione della Cassazione.

Le Motivazioni della Corte

La Corte ha stabilito che l’ordinanza del Tribunale di sorveglianza era corretta nel suo esito finale. Il punto decisivo non era la pericolosità sociale, ma la non idoneità dell’evento a incidere sulla vicenda umana del detenuto.

I giudici hanno osservato che i due uomini, oltre a non essere conviventi, appartenevano a clan diversi e, soprattutto, erano entrambi sottoposti al regime speciale dell’art. 41-bis ord. pen. Questa circostanza, di per sé, rendeva di fatto impossibile una frequentazione assidua e la coltivazione di un legame affettivo profondo. La morte del suocero, quindi, pur essendo un evento luttuoso, non rappresentava un trauma tale da giustificare un’eccezione al regime detentivo.

In altre parole, il Tribunale ha correttamente valutato che mancava quella correlazione funzionale tra l’evento luttuoso e la vita familiare del detenuto. Il legame di affinità, in questo specifico contesto, rimaneva un dato puramente formale, privo di quella sostanza affettiva che la norma intende tutelare.

Conclusioni

Questa sentenza offre un’importante lezione sul permesso di necessità. La decisione di concederlo o negarlo non si basa solo su formule o vincoli anagrafici, ma richiede una valutazione sostanziale dell’impatto che un determinato evento ha sulla vita del detenuto. La giustizia, pur riconoscendo il principio di umanizzazione della pena, deve bilanciarlo con un’analisi concreta della realtà dei legami familiari. Laddove il rapporto affettivo è assente o rarefatto, come nel caso di specie, anche un evento grave come un lutto può non essere sufficiente a superare le ordinarie esigenze dell’esecuzione penale.

Un detenuto può ottenere un permesso per la morte di un suocero?
Sì, in astratto è possibile. L’art. 30 dell’ordinamento penitenziario include gli ‘affini’ tra i familiari per i quali si può richiedere il permesso. Tuttavia, la concessione non è automatica e dipende dalla dimostrazione di un legame affettivo effettivo e dall’impatto concreto che l’evento ha sulla vita del detenuto.

La pericolosità sociale del detenuto impedisce di per sé la concessione di un permesso di necessità?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la pericolosità sociale non è un motivo per negare il permesso, ma un elemento da considerare per stabilire le modalità di esecuzione, come la predisposizione di una scorta e di altre cautele per garantire la sicurezza pubblica.

Cosa valuta principalmente il giudice per concedere un permesso di necessità per un evento luttuoso?
Il giudice valuta tre requisiti: l’eccezionalità della concessione, la gravità dell’evento e, soprattutto, la concreta correlazione dell’evento con la vita familiare e affettiva del detenuto. Deve essere provato che l’evento incida in modo significativo sulla sua sfera personale, al di là del mero legame formale di parentela o affinità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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