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Permesso di necessità: quando è concesso al detenuto?

La Corte di Cassazione ha stabilito che la necessità di un detenuto di recarsi personalmente a ritirare una carta per prestazioni assistenziali non costituisce un “evento familiare di particolare gravità”. Pertanto, tale esigenza non giustifica la concessione di un permesso di necessità ai sensi dell’art. 30 dell’Ordinamento Penitenziario. Il ricorso del detenuto è stato respinto poiché la norma si applica solo a situazioni eccezionali e anomale legate alla vita familiare, come un imminente pericolo di vita, e non a esigenze personali, per le quali l’amministrazione penitenziaria deve fornire assistenza.

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Pubblicato il 4 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Permesso di necessità: il ritiro della carta acquisti non è un evento grave

Il permesso di necessità rappresenta uno strumento eccezionale nell’ordinamento penitenziario, pensato per contemperare le esigenze di sicurezza con il principio di umanizzazione della pena. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha chiarito i limiti di questo istituto, specificando che non può essere concesso per esigenze personali del detenuto, anche se legate a diritti fondamentali come l’accesso a prestazioni assistenziali. Vediamo nel dettaglio la vicenda e le motivazioni della Corte.

I fatti di causa

Un detenuto, beneficiario di una carta per l’erogazione di prestazioni assistenziali, presentava un’istanza per ottenere un permesso di necessità. L’obiettivo era recarsi presso l’ufficio postale competente per ritirare personalmente la carta, operazione per la quale, secondo quanto stabilito dall’ente erogatore, non era possibile delegare un familiare.

La sua richiesta veniva respinta sia dal Magistrato di sorveglianza sia, in sede di reclamo, dal Tribunale di sorveglianza. Secondo i giudici, il motivo addotto dal detenuto non rientrava nella nozione di “evento familiare di particolare gravità”, requisito fondamentale previsto dalla legge per la concessione del permesso.

Il ricorso e la questione giuridica

L’uomo, tramite il suo legale, proponeva ricorso per cassazione, lamentando l’illogicità della motivazione. Sosteneva che negargli la possibilità di ritirare la carta si traduceva in una violazione del suo diritto fondamentale ad accedere a prestazioni previdenziali. La questione giuridica sottoposta alla Suprema Corte era quindi la seguente: la necessità di compiere un atto personale per ottenere un beneficio economico può essere considerata un evento di particolare gravità tale da giustificare un permesso di necessità?

Le motivazioni della Cassazione e i limiti del permesso di necessità

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso infondato, respingendolo e confermando la decisione del Tribunale di sorveglianza. I giudici hanno ribadito la natura eccezionale del permesso di necessità disciplinato dall’art. 30 dell’Ordinamento Penitenziario.

La norma, infatti, lo prevede per due ipotesi principali:
1. Imminente pericolo di vita di un familiare o convivente (comma 1).
2. Eventi familiari di particolare gravità (comma 2).

Il collegamento tra le due ipotesi implica che anche il secondo caso debba riferirsi a situazioni eccezionali, anomale e di emergenza familiare, che esulano dall’ordinario svolgersi della vita. Lo scopo dell’istituto non è quello di essere uno strumento di trattamento, ma un beneficio concesso per finalità di umanizzazione, per evitare che alla sofferenza della detenzione si aggiunga l’impossibilità di essere vicino ai propri cari in momenti drammatici.

Il ritiro di una carta per prestazioni assistenziali, secondo la Corte, è un evento che riguarda unicamente la sfera personale del detenuto e non ha alcuna correlazione con la vita familiare. Non si tratta di un fatto luttuoso, pericoloso o eccezionale che incide sulla famiglia. Pertanto, non può giustificare una deroga temporanea alla detenzione.

Le conclusioni

La sentenza sottolinea un principio fondamentale: le esigenze personali e amministrative del detenuto, per quanto legittime, devono essere soddisfatte attraverso altri canali. La Corte ha infatti ricordato che l’Amministrazione Penitenziaria, ai sensi dell’art. 25-ter dell’Ordinamento Penitenziario, è tenuta a fornire servizi di assistenza ai detenuti, anche attraverso convenzioni con enti esterni, per aiutarli a conseguire le prestazioni a cui hanno diritto. Il permesso di necessità rimane confinato al suo ruolo originario: un rimedio straordinario per gravi emergenze familiari, distinto e non sovrapponibile ai permessi premio, che invece hanno una finalità trattamentale e premiale.

Il ritiro di una carta per prestazioni assistenziali giustifica un permesso di necessità per un detenuto?
No. Secondo la Corte di Cassazione, questa esigenza riguarda la sfera personale del detenuto e non costituisce un “evento familiare di particolare gravità”, requisito indispensabile per la concessione del permesso.

Cosa si intende per “evento familiare di particolare gravità” ai fini della concessione di un permesso di necessità?
Si intendono situazioni eccezionali e anomale, estranee all’ordinario evolversi della vita, come un particolare pericolo o un’emergenza familiare (ad esempio eventi luttuosi o gravi malattie), che per il loro rilievo intrinseco giustificano una deroga temporanea alla detenzione.

Come può un detenuto esercitare i propri diritti a prestazioni assistenziali se non può uscire dal carcere?
L’Amministrazione Penitenziaria è tenuta a fornire un servizio di assistenza ai detenuti, anche attraverso convenzioni con enti pubblici e privati, per aiutarli a conseguire le prestazioni a cui hanno diritto, senza la necessità di ricorrere a permessi eccezionali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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