Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 19652 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 19652 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 15/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a Paceco il 25/07/1972;
avverso la ordinanza del Tribunale di sorveglianza di Palermo del 04/02/2025;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la ordinanza in epigrafe il Tribunale di sorveglianza di Palermo ha respinto il reclamo proposto da NOME COGNOMEdetenuto presso la casa circondariale di Trapani) avverso il provvedimento con il quale il magistrato di sorveglianza aveva respinto la sua richiesta di concessione di un permesso ex art. 30 Ord. pen., al fine di recarsi presso il competente ufficio postale al fine di ritirar la carta per erogazione di prestazioni assistenziali di cui è beneficiario, non essendo possibile – secondo quanto stabilito da Poste Italiane RAGIONE_SOCIALE – delegare i propri familiari per detta operazione.
In sostanza, il Tribunale di sorveglianza ha escluso che la ragione posta a base della istanza non poteva essere ricompresa nella nozione di eventi familiari di particolare gravità, prevista dal secondo comma del citato art. 30 per la concessione del permesso di necessità.
Avverso la predetta ordinanza il detenuto, per mezzo dell’avv. NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, di seguito riprodotto nei limiti di cui all’art. 173 disp. att. cod. proc. pen., insiste per il suo annullamento.
Il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., la illogicità della motivazione adottata dal Tribunale di sorveglianza per respingere il reclamo escludendo che la ragione indicata a fondamento della richiesta del permesso di necessità potesse considerarsi un evento familiare di particolare gravità, atteso che tale diniego si tradurrebbe nella violazione del diritto fondamentale del detenuto di accedere a prestazioni previdenziali.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e, pertanto, deve essere respinto.
Invero, l’art. 30 della legge n. 354 del 1975 (c.d. Ordinamento penitenziario) prevede al comma 1 la concessione di permessi nel caso di imminente pericolo di vita di un familiare o convivente, mentre il comma 2 consente “analoghi” permessi “eccezionalmente per eventi familiari di particolare
gravità”; il collegamento per analogia con la previsione del comma 1 implica il riferimento a situazioni di particolare pericolo o di emergenza familiare, quale effetto di una situazione eccezionale ed anomala, estranea all’ordinario evolversi della vita, che motivatamente si è escluso sussistere nel caso di specie. Pertanto, l’istituto del permesso di necessità non costituisce strumento del trattamento, ma un mero beneficio di eccezionale applicazione, “diretto ad evitare, per finalità di umanizzazione della pena, che all’afflizione propria della detenzione si sommasse inutilmente quella derivante all’interessato dall’impossibilità di essere vicino ai congiunti, o di adoperarsi in favore dei medesimi, in occasione di particolari avverse vicende della vita familiare” (Sez. 1, n. 15953 del 27/11/2015, Vitale, Rv. 267211). Una volta poi introdotta nel 1986 nell’ordinamento penitenziario la possibilità di concedere al detenuto dei permessi premio, l’interpretazione del permesso di necessità ha riacquistato una dimensione restrittiva che ne ancora l’applicazione a situazioni eccezionali, ad eventi, intesi quali fatti oggettiv familiari, luttuosi o comunque di particolare gravità che assumono un particolare significato nella vita personale e familiare.
La giurisprudenza di questa Corte ha rimarcato che i requisiti richiesti dalla norma di riferimento per la concessione del permesso di necessità vanno individuati nel carattere eccezionale della concessione, nella particolare gravità dell’evento giustificativo e nella correlazione di questo con la vita familiare in modo tale che essi vengono ad individuare un fatto del tutto al di fuori della quotidianità per il suo intrinseco rilievo e la sua incidenza nella vita del detenuto, tale da giustificare la deroga temporanea all’esperienza segregativa.
Alla luce dei principi sopra richiamati l’ordinanza impugnata non è censurabile poiché, senza incorrere in evidenti vizi logici, ha escluso che il ritiro della carta intestata all’odierno ricorrente costituisca un grave evento famigliare atteso che riguarda unicamente la persona del detenuto e, peraltro, nell’impugnazione non viene nemmeno dedotto come il Maltese possa fruire delle prestazioni assistenziali connesse alla carta durante la sua carcerazione. In ogni caso, non va dimenticato che l’Amministrazione penitenziaria è tenuta, ai sensi dell’art. 25-ter Ord. pen., attraverso apposite convenzioni con enti pubblici e non, un servizio di assistenza ai detenuti per il conseguimento di prestazioni
assistenziali e previdenziali, di talché l’odierno ricorrente può sempre rivolgersi all’Amministrazione per ottenere la consegna della carta in questione.
4. Al rigetto del ricorso segue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 15 maggio 2025.