Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 43835 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 43835 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a ANDRIA il 08/01/1982
avverso l’ordinanza del 18/04/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza emessa in data 18 aprile 2024 il Tribunale di sorveglianza di Roma ha respinto il reclamo proposto da NOME COGNOME avverso il decreto con cui il magistrato di sorveglianza di Viterbo aveva rigettato la sua istanza di concessione di un permesso di necessità al fine di recarsi alla tomba del fratello NOME, deceduto in data 24/06/2019, ritenendo che il tempo decorso dall’evento luttuoso incidesse sulla finalità di cura delle relazioni familiari, alla luce anche della eccezionale pericolosità sociale dell’istante.
Il Tribunale ha ritenuto insussistenti i tre requisiti richiesti per la concessione del beneficio previsto dall’art. 30, comma 2, Ord. pen., in particolare quanto alla idoneità del grave evento luttuoso ad incidere sulla vita familiare del richiedente, stanti la distanza temporale dal decesso del fratello e il contesto violento in cui questo è avvenuto.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso NOME COGNOME per mezzo del suo difensore avv. NOME COGNOME articolando un unico motivo, con il quale deduce la violazione di legge e la manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione, in violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen.
Il Tribunale ha errato nel valutare la gravità dell’evento giustificativo del permesso richiesto, poiché la giurisprudenza di legittimità ha costantemente ricompreso la morte di un familiare tra gli accadimenti che incidono in modo molto significativo sulla vicenda umana del detenuto e legittimano la concessione del permesso di necessità, ed ha ritenuto irrilevante la non immediatezza di tale evento rispetto alla richiesta del beneficio.
Le valutazioni circa la sussistenza di una rilevante pericolosità sociale del ricorrente e del contesto territoriale criminoso in cui il permesso dovrebbe essere goduto, poi, sono irrilevanti, perché a tali condizioni può e deve rispondersi predisponendo le opportune cautele, come la scorta armata, idonee a rendere la fruizione del permesso compatibile con le esigenze di ordine e sicurezza pubblici.
Il procuratore generale, con requisitoria scritta, ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato, e deve essere rigettato.
2. Come ricordato dallo stesso ricorrente, il permesso previsto dall’art. 30, comma 2, Ord. pen. può essere concesso solo in presenza dei tre requisiti «dell’eccezionalità della concessione, della particolare gravità dell’evento giustificativo e della correlazione dello stesso con la vita familiare», la cui sussistenza deve essere accertata «tenendo conto dell’idoneità del fatto ad incidere nella vicenda umana del detenuto» (Sez. 1, n. 1593 del 27/11/2015, dep. 2016, Rv. 267210). Come precisato nella motivazione di questa sentenza, il beneficio non costituisce uno strumento con finalità di trattamento rieducativo, ma è un rimedio eccezionale «diretto ad evitare, per finalità di umanizzazione della pena, che all’afflizione propria della detenzione si sommasse inutilmente quella derivante all’interessato dall’impossibilità di essere vicino ai congiunti … in occasione di particolari avverse vicende della vita familiare».
L’ordinanza impugnata non ha negato l’eccezionalità della concessione e la particolare gravità dell’evento costituito dalla morte del fratello del detenuto istante, ma ha ritenuto, con argomentazione non illogica, che il tempo decorso dall’evento stesso incida, in senso negativo, sul requisito della correlazione di questo con la vita familiare del detenuto e della sua idoneità ad incidere significativamente nella vicenda umana di questi. E’ innegabile, infatti, che il decesso di un familiare incide fortemente nella vita personale e nei rapporti con gli altri congiunti, e può rendere necessaria la vicinanza a questi ultimi, sia per consolarli, sia per rafforzare il legame familiare attraverso la elaborazione comunitaria del dolore. E notorio, però, che il decorso del tempo da un simile evento stempera il dolore e l’esigenza della sua esteriorizzazione, ad esempio recandosi alla tomba del defunto, e in ogni caso rende non più necessaria, per fini umanitari, la sua condivisione con gli altri familiari. La pronuncia Sez. 1, n. 39189 del 08/07/2022, citata dal ricorrente per sostenere l’irrilevanza del fattore temporale, non è significativa, sia perché è relativa alla richiesta di un permesso a seguito della morte del padre avvenuta poco più di un anno prima (richiesta, peraltro, respinta), sia perché il principio in essa citato, secondo cui costituisce evento di particolare gravità «anche la strutturazione progressiva di una condizione che, all’esito di un periodo sensibilmente lungo, si faccia apprezzare in termini di particolare gravità per la vita familiare del detenuto», è stato dettato dalla sentenza Sez. 1, n. 56195 del 16/11/2018, Rv. 274655 in relazione ad una vicenda del tutto diversa, cioè la mancata effettuazione di colloqui del detenuto con i propri familiari per un periodo di due anni.
Tale principio, peraltro, incide sulla valutazione di gravità dell’evento, gravità che non è stata negata dall’ordinanza impugnata, la quale ha ritenuto, invece, assente il terzo requisito, cioè la capacità di tale evento, benché grave, di incidere in modo significativo sulla vita familiare del richiedente, perché il
decorso del tempo avrebbe stemperato il dolore e la necessità di condividerlo mediante la vicinanza anche fisica ai propri congiunti e alla tomba del fratello deceduto.
Questa valutazione, come detto, deve essere ritenuta non contraddittoria né manifestamente illogica. Il ricorso, in realtà, non si confronta specificamente con essa, ma si limita a richiamare alcuni principi giurisprudenziali non del tutto conferenti, e di fatto chiede a questa Corte una diversa valutazione circa la sussistenza dei requisiti per la concessione del permesso, e un diverso bilanciamento con le esigenze di sicurezza sociale, mentre il controllo sulla motivazione rimesso al giudice di legittimità è circoscritto alla sola verifica dell’esposizione delle ragioni giuridicamente apprezzabili che l’hanno determinata, dell’assenza di manifesta illogicità dell’esposizione e, quindi, della coerenza delle argomentazioni rispetto al fine che ne ha giustificato l’utilizzo e della non emersione, dal testo impugnato, di alcuno dei predetti vizi, requisiti la cui sussistenza rende la decisione insindacabile (vedi Sez. 3, n. 17395 del 24/01/2023, Rv. 284556).
Sulla base delle considerazioni che precedono il ricorso deve pertanto essere respinto, e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 11 ottobre 2024
Il Consigliere estensore
Il Pyesidente