Permesso di Necessità: Quando il Ricorso del PM è Inammissibile
Il permesso di necessità rappresenta un istituto fondamentale nel diritto penitenziario, un ponte tra l’esigenza di sicurezza della collettività e il diritto alla dignità e agli affetti del detenuto. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i limiti del sindacato di legittimità sulle decisioni del Tribunale di Sorveglianza in questa materia, stabilendo quando un ricorso del Pubblico Ministero debba essere considerato inammissibile.
I Fatti del Caso
La vicenda trae origine dalla decisione del Tribunale di Sorveglianza di concedere a un detenuto un permesso di necessità della durata di due giorni, da trascorrere in regime di arresti domiciliari presso l’abitazione della madre. Il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello ha proposto ricorso per Cassazione avverso tale provvedimento, lamentando un presunto vizio di motivazione e ritenendo eccessiva la durata del permesso concesso.
Il ricorrente, in sostanza, contestava nel merito la valutazione del Tribunale, sostenendo che la durata del permesso fosse sproporzionata.
La Decisione della Corte sul permesso di necessità
La Suprema Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno sottolineato che le censure mosse dal Procuratore non erano consentite in sede di legittimità. Il ricorso, infatti, si risolveva in doglianze di fatto e risultava generico, limitandosi a contestare la durata del permesso senza evidenziare un’autentica violazione di legge o un vizio logico nella motivazione del provvedimento impugnato.
La Corte ha quindi affermato che il ruolo del giudice di legittimità non è quello di riesaminare le circostanze fattuali del caso, compito che spetta esclusivamente al giudice di merito (in questo caso, il Tribunale di Sorveglianza), ma solo di controllare la corretta applicazione del diritto e la logicità della motivazione.
Le Motivazioni
La decisione della Cassazione si fonda su una netta distinzione tra giudizio di fatto e giudizio di legittimità. Il Tribunale di Sorveglianza aveva concesso il permesso di necessità basando la sua scelta su una serie di elementi concreti e ben argomentati. In particolare, aveva considerato:
1. L’assenza di legami con la criminalità organizzata: Sulla base delle informazioni fornite dalla Direzione Distrettuale Antimafia, era stata accertata l’insussistenza di legami attuali del detenuto con ambienti criminali e del concreto pericolo di un loro ripristino.
2. L’assenza del pericolo di fuga: Il Tribunale ha valorizzato il fatto che il detenuto si fosse costituito spontaneamente in carcere una volta divenuta definitiva la sua condanna, un comportamento che deponeva a favore della sua affidabilità.
3. La buona condotta intramuraria: La regolare condotta tenuta in istituto è stata un ulteriore elemento a favore della concessione del beneficio.
4. L’esito positivo di un precedente permesso: Il comportamento positivo tenuto dal detenuto durante la fruizione di un precedente permesso aveva rafforzato il giudizio positivo sulla sua persona.
Di fronte a una motivazione così strutturata e ancorata a dati di fatto specifici, la Cassazione ha ritenuto che il ricorso del Procuratore Generale fosse una mera contestazione dell’apprezzamento del Tribunale, una critica che non poteva trovare spazio nel giudizio di legittimità.
Le Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un principio cardine del nostro sistema processuale: la Corte di Cassazione non è un terzo grado di giudizio nel merito. Il suo compito è assicurare l’uniforme interpretazione della legge e il rispetto delle regole processuali. Le valutazioni discrezionali del giudice di merito, come quelle relative alla concessione di un permesso di necessità, sono insindacabili in sede di legittimità se sorrette da una motivazione logica, coerente e non palesemente contraddittoria. La decisione, pertanto, rafforza l’autonomia e la responsabilità del Tribunale di Sorveglianza nelle sue valutazioni, purché queste siano fondate su un’analisi approfondita e completa di tutti gli elementi a disposizione.
Perché il ricorso del Procuratore Generale è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le critiche mosse erano generiche e si configuravano come doglianze di fatto, contestando la valutazione discrezionale del Tribunale di Sorveglianza sulla durata del permesso. Tali censure non sono ammesse davanti alla Corte di Cassazione, che giudica solo la corretta applicazione della legge (giudizio di legittimità) e non i fatti del caso.
Quali elementi ha considerato il Tribunale di Sorveglianza per concedere il permesso di necessità?
Il Tribunale ha basato la sua decisione su quattro elementi principali: 1) l’insussistenza di legami attuali con la criminalità organizzata; 2) l’assenza di un concreto pericolo di fuga, dato che il detenuto si era costituito volontariamente; 3) la regolare condotta tenuta in carcere; 4) il comportamento positivo dimostrato durante un precedente permesso.
Cosa significa che le doglianze di fatto non sono consentite in sede di legittimità?
Significa che la Corte di Cassazione non può riesaminare le prove o sostituire la propria valutazione dei fatti a quella del giudice di merito. Il suo compito è verificare che la legge sia stata applicata correttamente e che la motivazione della sentenza o dell’ordinanza sia logica e non contraddittoria. Contestare semplicemente l’opportunità o l’entità di una misura, come la durata di un permesso, è una questione di fatto.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 2562 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 2562 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI SASSARI
nel procedimento a carico di:
NOME COGNOME nato a QUINDICI il 04/02/1967
avverso l’ordinanza del 04/07/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di SASSARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Rilevato in fatto e considerato in diritto
Ritenuto che le censure dedotte nel ricorso del Procuratore della Repubblica presso la Corte di appello di Sassari – nel quale ci si duole del vizio di motivazione avverso il provvedimento con cui il Tribunale di sorveglianza di Sassari ha concesso, in accoglimento del reclamo di NOME COGNOME allo stesso un permesso di necessità di due giorni in regime di “arresti domiciliari” nell’abitazione della madre non sono consentite in sede di legittimità, risolvendosi in doglianze di fatto, altres generiche, limitandosi il ricorrente a dolersi della durata eccessiva del permesso.
Invero, il Tribunale di sorveglianza di Sassari nel concedere a NOME il permesso di necessità, fa leva, sulla base delle informazioni rese dalla DDA di Napoli, sull’insussistenza sia di attuali legami con la criminalità organizzata che del concreto pericolo del ripristinarsi in futuro di tali relazioni, sull’insussistenza di un at pericolo di fuga, atteso che NOME si è costituito in carcere una volta divenuta definitiva l’ultima sentenza di condanna, sulla regolare condotta inframuraria e sulla positività del comportamento tenuto durante la fruizione del precedente permesso.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso. Così deciso in Roma, il 5 dicembre 2024.