Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 30473 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 3 Num. 30473 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/06/2025
TERZA SEZIONE PENALE
Composta da
NOME COGNOME
Presidente –
Sent. n. sez. 1033/2025
ALDO ACETO
Relatore –
UP – 12/06/2025
NOME COGNOME
R.G.N. 8217/2025
NOME COGNOME
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME NOME nato a BUSTO ARSIZIO il 09/01/1976, COGNOME NOME nato a MOTTA SANTA LUCIA il 16/11/1961
avverso la sentenza del 15/10/2024 della Corte d’appello di Catanzaro
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso di COGNOME NOME COGNOME e, per COGNOME NOME COGNOME l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio da rideterminarsi in mesi due di arresto ed euro 1.600 di ammenda;
udito, per la parte civile, NOME COGNOME lÕAvv. NOME COGNOME sostituto processuale dellÕAvv. NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto dei ricorsi riportandosi alle conclusioni scritte depositate in udienza;
uditi lÕAvv. NOME COGNOME e lÕAvv. NOME COGNOME co-difensori di entrambi gli imputati, che hanno concluso chiedendo lÕaccoglimento dei ricorsi.
1.NOME COGNOME e NOME COGNOME ricorrono, con separati atti a firma dei comuni difensori di fiducia, per lÕannullamento della sentenza del 15 ottobre 2024 della Corte di appello di Catanzaro che, in riforma della sentenza del 17 marzo 2023 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Cosenza, pronunciata allÕesito di giudizio abbreviato e impugnata da loro, dalla parte civile e dal Pubblico ministero, ha assolto NOME COGNOME dal reato di cui allÕart. 323 cod. pen. perchŽ il fatto non è più previsto dalla legge come reato, e per lÕeffetto ha rideterminato la pena per il residuo reato di cui agli artt. 110 cod. pen., 44, comma 1, lett. b), d.P.R. n. 380 del 2001 nella misura di quattro mesi di arresto e 3.200 euro di ammenda, confermando nel resto anche la condanna di NOME COGNOME alla pena di quattro mesi di arresto e 2.400 euro di ammenda per il medesimo reato. Con la stessa sentenza è stata ordinata la demolizione del manufatto abusivo.
In particolare, si imputa ai ricorrenti di aver realizzato in zona agricola, sulla scorta di un permesso di costruire illegittimo perchŽ in contrasto con la normativa urbanistica e gli strumenti urbanistici vigenti, un edificio ad uso commerciale esteso mq. 7.850,00. Il fatto è ascritto al COGNOME in quanto legale rappresentante della societˆ committente (COGNOME NOME RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE) e al COGNOME quale progettista e direttore dei lavori.
2.NOME COGNOME articola quattro motivi.
2.1.Con il primo motivo deduce lÕinosservanza degli artt. 178, lett. a), 179, 525, 598 cod. proc. pen. e la nullitˆ della sentenza perchŽ il provvedimento di correzione materiale è stato adottato dalla Corte di appello in diversa composizione fisica rispetto al Collegio che aveva pronunziato la sentenza.
2.2.Con il secondo motivo deduce lÕinosservanza o lÕerronea applicazione dellÕart. 44 d.P.R. n. 380 del 2001 nonchŽ degli artt. 30, 60 e 65 legge reg. Campania n. 19 del 2002, nonchŽ dellÕart. 12 d.P.R. n. 380 del 2001, e il vizio di mancanza, contraddittorietˆ e manifesta illogicitˆ della motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui sostiene che la sentenza di primo grado avrebbe affermato lÕinesistenza del permesso di costruire laddove il primo Giudice si era limitato ad affermare la macroscopica illegittimitˆ (non la inesistenza) del titolo.
Quanto alla macroscopica illegittimitˆ lamenta che gli elementi di fatto presi in considerazione dalla Corte di appello riguardano i permessi di costruire del 2014 e del 2017 che, per˜, non sono oggetto di contestazione. Aggiunge che, diversamente da quanto sostiene la Corte di appello, i Piani Attuativi Unitari (PAU) diventano esecutivi trascorsi trenta giorni dalla loro adozione da parte del consiglio comunale secondo quanto prevede lÕart. 30 legge reg. Calabria n. 19 del 2002 che
impone la riapprovazione solo in caso di variazioni. EÕ evidente lÕerrore nel quale incorrono i giudici di merito quando predicano lÕinesistenza di un piano esecutivo sulla base del malgoverno della testimonianza dellÕArch. NOME COGNOME che aveva concorso a redigere il P.I.P. (che a detta del testimone non sarebbe mai stato approvato). Aggiunge che gli artt. 60, commi primo e secondo, e 65, comma secondo, ultimo periodo, legge reg. Calabria n. 19 del 2002, letti in correlazione con lÕart. 12 d.P.R.n. 380 del 2001, riconoscono agli strumenti urbanistici adottati un valore insuperabile nella misura in cui obbligano le amministrazioni comunali a conformarsi ai medesimi ai fini del rilascio dei titoli edilizi e conclude che lÕart. 65 legge reg. Calabria, cit., riconosce vigenza agli strumenti urbanistici adottati prima del 31 dicembre 2023, termine entro il quale i comuni calabresi avrebbero dovuto adottare i nuovi piani strutturali comunali o associati.
2.3.Con il terzo motivo deduce la nullitˆ delle ordinanze di correzione di errore materiale del 13 gennaio 2025 siccome adottate senza preventivo contraddittorio.
2.4.Con il quarto motivo deduce, con riferimento allÕordine di demolizione, lÕinosservanza o lÕerronea applicazione degli artt. 31 e 44 d.P.R. n. 380 del 2001 in relazione agli artt. 24 e 111 Cost., 6 e 7 C.E.D.U., nonchŽ il vizio di motivazione mancante, contraddittoria e manifestamente illogica in relazione alla mancata indicazione delle ragioni della irrogazione della sanzione accessoria della demolizione in sede di appello. Deduce, altres’, la violazione degli artt. 597 e 605 cod. proc. pen. sotto il profilo della violazione del divieto di e del principio devolutivo.
Sostiene che, ai sensi dellÕart. 31 d.P.R. n. 380 del 2001, la demolizione del manufatto abusivo pu˜ essere ordinata solo in caso di inesistenza/assenza del permesso di costruire (inesistenza mai affermata dal primo Giudice ma solo in grado di appello, tantÕè che il GIP nulla aveva disposto al riguardo), non in caso di provvedimento illegittimo.
Aggiunge che, non avendo il GIP ordinato la demolizione, non avrebbe comunque potuto ovviare la Corte di appello in assenza di specifico gravame del Pubblico ministero, considerata la natura sanzionatoria (ancorchŽ amministrativa) dellÕordine di demolizione.
3.NOME COGNOME articola quattro motivi.
3.1.Il primo, secondo ed il quarto sono identici a quelli proposti da NOME COGNOME.
3.2.Anche il terzo motivo è in buona parte sovrapponibile al corrispondente motivo del ricorso del COGNOME. Vi si aggiungono, quali ulteriori argomenti di doglianza, la violazione degli artt. 17, 23, 25, 81, 323 cod. pen. e 44 d.P.R. n. 380 del 2001, con riferimento alla violazione dei principi che regolano lÕindividuazione della pena irrogata e la continuazione fra reati per come determinati nella
procedura di correzione dellÕerrore materiale, nonchŽ la violazione degli artt. 597, 442 e 125 comma terzo, cod. proc. pen. in relazione alla mancata applicazione della diminuente per il rito abbreviato e alla omessa motivazione in ordine alla dosimetria della pena.
4.I ricorrenti hanno presentato motivi nuovi a sostegno degli argomenti oggetto del secondo motivo dei ricorsi principali relativamente alle condizioni (che si affermano tutte assenti nel caso in esame) che giustificano la valutazione di macroscopica illegittimitˆ del permesso di costruire.
5.La parte civile, NOME COGNOME ha depositato memoria con cui ha chiesto la declaratoria di inammissibilitˆ dei ricorsi principali fatto salvo il motivo relativo alla determinazione della pena irrogata a NOME COGNOME
1.Il ricorso di NOME COGNOME è fondato limitatamente al trattamento sanzionatorio, è inammissibile nel resto; il ricorso di NOME COGNOME è inammissibile.
2.Dalla lettura della sentenza impugnata risulta che:
2.1.il 26 febbraio 2014 NOME COGNOME aveva chiesto il rilascio di un permesso di costruire in deroga al Piano di Fabbricazione per la realizzazione, in zona agricola, di un fabbricato ad uso commerciale sulla scorta del progetto redatto da NOME COGNOME futuro direttore dei lavori;
2.2.il 25 marzo 2014 la Giunta Comunale di Altilia, preso atto dellÕesistenza, nella medesima area, di un impianto di carburanti gestito da NOME COGNOME aveva adottato la delibera n. 15 con cui aveva espresso parere favorevole al rilascio del permesso in deroga al PdF;
2.3.il 2 aprile 2014 il Sindaco, nonchŽ responsabile dellÕufficio tecnico, del Comune di Altilia aveva convocato la conferenza di servizi che si era espressa favorevolmente sulla base di una duplice falsa attestazione: (i) il parere favorevole dei Vigili del Fuoco; (ii) lÕanticipazione dellÕassenso regionale asseritamente reso verbalmente dal responsabile del dipartimento urbanistica e governo del territorio della Regione Calabria;
2.4.in realtˆ, i Vigili del Fuoco avevano espresso parere favorevole a condizione che venisse rispettata la normativa vigente e quella sulle distanze di sicurezza esterne rispetto allÕimpianto di distribuzione carburanti riservando di
esprimere un nuovo parere solo allÕesito dellÕesame di un nuovo progetto e subordinando a tale adempimento la validitˆ del parere giˆ espresso;
2.5.inoltre, i Vigili del Fuoco con due note del 2 aprile e del 12 maggio 2014 avevano dichiarato lÕimprocedibilitˆ della pratica perchŽ, trattandosi di due distinti progetti di attivitˆ produttive Òin varianteÓ e non in deroga allo strumento urbanistico, si sarebbero dovute indire due conferenze di servizi che si sarebbero dovute esprimere su progetti definitivi e non di massima;
2.6.il Responsabile del dipartimento urbanistica e governo del territorio della Regione Calabria, NOME COGNOME aveva negato di aver mai anticipato alcun assenso verbale;
2.7.furono cos’ indette due conferenze di servizi che il 24 luglio 2014 avevano espresso parere contrario, obbligatorio e vincolante, per due ragioni: (i) per la inammissibilitˆ di procedure intese a determinare varianti a strumenti urbanistici generali giˆ decaduti come il PdF e, dal 19 giugno 2014, il PRG; (ii) per la violazione, nella procedura adottata dal Comune, dellÕart. 8.3 d.P.R. n. 160 del 2010 perchŽ, trattandosi di grande struttura commerciale di vendita, erano carenti le aree destinate a standard e le certificazioni dellÕufficio tecnico sui vincoli tutori e inibitori esistenti, con mancanza dei pareri prodromici degli altri enti coinvolti;
2.8.ci˜ nondimeno, il 17 dicembre 2014 il Sindaco ed il responsabile del RUP avevano rilasciato il permesso di costruire n. 5/2014 per l’intervento in variante parziale allo strumento urbanistico vigente (PdF) per la realizzazione di un edificio ad uso commerciale, giusto il parere di conformitˆ del progetto alle vigenti normative antincendio rilasciato dal comando provinciale dei vigili del fuoco il 1 aprile 2014;
2.9.poichŽ i lavori non erano iniziati entro lÕanno dal rilascio del permesso, il 15 novembre 2017 ne era stato rilasciato un altro in variante (n. 2/2017);
2.10.poichŽ nemmeno questa volta i lavori erano iniziati entro lÕanno dalla data di rilascio del permesso n. 2/2017, lÕ8 gennaio 2019 veniva rilasciato un terzo permesso (n. 1/2019) nel quale, per˜, erano evocati differenti parametri normativi;
2.11.in particolare: (i) dato atto dell’assenso del consiglio comunale espresso con la deliberazione numero 8/2014 del 16 aprile 2014 in combinato disposto con lÕart. 8 d.P.R. n. 160 del 2010, considerato lÕintervento di Òinteresse pubblicoÓ, il permesso era stato rilasciato Òin derogaÓ ai sensi della legge n. 160 del 2011 e dellÕart. 14 d.P.R. n. 380 del 2001; (ii) veniva nuovamente richiamato il citato parere favorevole dei Vigili del Fuoco;
2.12.sennonchŽ, era stata omessa la procedura partecipativa di cui agli artt. 14 d.P.R. n. 380 del 2001 e 7 legge n. 241 del 1990, trattandosi di insediamento in zona agricola, come pacificamente attestato in atti, in cui potevano realizzarsi solo ricostruzioni con identiche superfici e volumi o edifici a destinazione
esclusivamente agricola con indice di fabbricabilitˆ pari a 0,7 m ³ per metro quadrato;
2.13.non era stato rilasciato il nullaosta idrogeologico, nonostante l’area interessata dei lavori fosse soggetta a vincolo ex r.d.l. n. 3267/1923, in quanto ricadente nella zona unica del bacino idrografico del fiume Savuto, e – come da parere di indirizzo reso in sede in conferenza dei servizi – il competente dipartimento regionale avesse riservato solo a successiva conferenza dei servizi il proprio parere quando, cioè, il Comune avesse messo a disposizione del medesimo dipartimento gli atti relativi all’esatta localizzazione dell’intervento edilizio per consentire le valutazioni del caso;
2.14.lÕarea, inoltre, ricadeva in zona sottoposta a vincolo paesaggistico in quanto situata ad una distanza inferiore a 150 metri dal torrente Carito e non era mai stato richiesto il nulla osta da parte dellÕimpresa committente (ci˜ aveva comportato lÕesercizio dellÕazione penale anche per il reato di cui allÕart. 181 d.lgs. n. 42 del 2004, rubricato al capo B, ma si è poi accertato, giˆ in primo grado, che la distanza era superiore a 150 metri);
2.15.i lavori erano iniziati lÕ8 aprile 2019 e il 18 maggio 2021 era stato disposto il sequestro delle opere, ancora in corso di svolgimento;
2.16.quanto alla destinazione urbanistica dellÕarea di sedime, la Corte di appello ricorda che il Consiglio comunale di Altilia: (i) con deliberazione n. 31 del 27/09/2006, aveva individuato unÕarea PIP nella zona del fiume Savuto; (ii) con deliberazione n. 3 del 14 febbraio 2007 aveva adottato la determinazione dellÕarea PIP come effettuata dai professionisti incaricati, delegando lÕUfficio tecnico per gli adempimenti successivi necessari ed utili alla approvazione definitiva del PIP stesso, destinato alla discussione consiliare; (iii) il 13 maggio 2010 aveva adottato il documento preliminare al piano strutturato associato (PSA) proposto dalla giunta;
2.17.la deliberazione n. 3 del 2007, tuttavia, non aveva potuto approvare alcunchŽ perchŽ era stata pretermessa la procedura prevista dalla Regione posto che il tecnico COGNOME non aveva nemmeno proceduto alla stesura esecutiva della variante, tantÕè che il progetto non era stato sottoposto alla successiva approvazione del Consiglio comunale.
3.Il ricorso di NOME COGNOME.
3.1.Il primo motivo è manifestamente infondato.
3.2.Il dispositivo della sentenza impugnata cos’ recita: ÇIn riforma della sentenza (É) assolve NOME NOME NOME dal reato ascritto al capo 3) della rubrica perchŽ il fatto non è previsto dalla legge come reato e, per lÕeffetto, ridetermina la pena allo stesso inflitta per il reato sub capo 1) della rubrica in mesi 6 di arresto ed 3.200 di ammenda. Conferma nel restoÈ.
3.3.Con ordinanza di correzione dellÕerrore materiale adottata il 13 gennaio 2025, la Corte di appello ha modificato il dispositivo nel senso che, dove è scritto: Çridetermina la pena allo stesso inflitta per il reato sub capo 1) della rubrica in mesi 6 di arresto ed 3.200 di ammendaÈ, si deve leggere e intendere: Çridetermina la pena allo stesso inflitta per il reato sub capo 1) della rubrica in mesi 4 di arresto ed 3.200 di ammendaÈ. Con la stessa ordinanza è stata corretta la motivazione nella parte dedicata al calcolo della pena, essendo stata indicata la pena detentiva base di sei mesi di arresto in luogo di quella di nove mesi di arresto (invariata la pena dellÕammenda di euro 4.800). La pena base cos’ individuata (sei mesi di arresto e 4800 euro di ammenda, come corretta, è stata ridotta nei termini indicati nel dispositivo in conseguenza della applicazione delle circostanze attenuanti generiche).
3.4.LÕordinanza di correzione materiale è stata adottata da un collegio in diversa composizione fisica.
3.5.Il ricorrente se ne duole (ed è questo lÕunico profilo di doglianza) ma il rilievo è manifestamente infondato alla luce del consolidato insegnamento di legittimitˆ secondo il quale, in tema di correzione di errori materiali, la decisione sulla relativa istanza pu˜ essere assunta anche da un collegio in diversa composizione rispetto a quello che ha emesso la decisione da emendare, atteso che la procedura ex art. 130 cod. proc. pen., non comportando alcuna modificazione essenziale dell’atto, non necessariamente va eseguita ad opera delle medesime persone fisiche che lo hanno deliberato (Sez. 1, n. 16708 del 07/03/2025, Di, Rv. 287891 – 01; Sez. 2, n. 21986 del 05/03/2010, La Cognata, Rv. 247547 – 01; Sez. 1, n. 119 del 1994, dep. 1995, COGNOME, Rv. 20008601).
3.6.Anche il secondo motivo è generico e manifestamente infondato.
3.7.Il ricorrente denunzia, in primo luogo, lÕerrore della Corte di appello che ha ritenuto inesistente il permesso di costruire ritenuto invece dal primo Giudice macroscopicamente illegittimo ma non inesistente. Ci˜, secondo lÕimputato, vizia il ragionamento della Corte territoriale che sarebbe affetto da contraddittorietˆ intrinseca e sarebbe alterato dal richiamo, nella ricostruzione della vicenda, ai due permessi del 2014 e del 2017 che non sono oggetto di contestazione, visto che la rubrica indica e richiama soltanto il permesso di costruire n. 1 del 2019. Sotto altro profilo contesta la ritenuta non conformitˆ del permesso a costruire con gli strumenti urbanistici vigenti, in particolare con il PIP (Piano degli insediamenti produttivi) regolarmente adottato.
3.8.Quanto al primo profilo, è agevole osservare che è lo stesso capo di imputazione a predicare lÕassenza del permesso di costruire in quanto illegittimo e la Corte di appello (cos’ come il primo Giudice) ponendosi sul solco tracciato dallÕeditto accusatorio ed in coerenza con lo stesso afferma che il primo giudice
aveva considerato inesistente il permesso di costruire perchŽ macroscopicamente illegittimo. Del resto, secondo lÕormai consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimitˆ, la contravvenzione di esecuzione di lavori “sine titulo” di cui allÕart. 44, lett. b), d.P.R. n. 380 del 2001, sussiste anche nel caso in cui il permesso di costruire, pur apparentemente formato, sia illegittimo per contrasto con la disciplina urbanistico – edilizia di fonte normativa o risultante dalla pianificazione, non costituendo la “macroscopica illegittimitˆ” del permesso di costruire una condizione essenziale per l’oggettiva configurabilitˆ del reato, bens’ un significativo indice sintomatico della sussistenza dell’elemento soggettivo dell’illecito (Sez. 3, n. 56678 del 21/09/2018, COGNOME, Rv. 275565 – 01). Ci˜ sul rilievo che il permesso di costruire non è idoneo a definire esaurientemente lo statuto urbanistico ed edilizio dell’opera realizzanda senza rinviare al quadro delle prescrizioni degli strumenti urbanistici ed alle rappresentazioni grafiche del progetto approvato, di tal che nella specie non si configura una non consentita “disapplicazione” da parte del giudice penale dell’atto amministrativo concessorio (Sez. U, n. 11635 del 12/11/1993, COGNOME, Rv. 195359 – 01). SicchŽ, allorchŽ il giudice accerta l’esistenza di profili di illegittimitˆ sostanziale del titolo abilitativo non pone in essere la procedura di disapplicazione riconducibile all’art. 5 della legge 20 marzo 1865 n. 2248, allegato E, atteso che viene operata una identificazione in concreto della fattispecie con riferimento all’oggetto della tutela da identificarsi nella salvaguardia degli usi pubblici e sociali del territorio regolati dagli strumenti urbanistici (Sez. 3, n. 21487 del 21/03/2006, COGNOME, Rv. 234469 – 01). é perci˜ sufficiente valutare la sussistenza dell’elemento normativo della fattispecie, posto che la conformitˆ della costruzione e della concessione ai parametri di legalitˆ urbanistica ed edilizia è elemento costitutivo dei reati contemplati dalla normativa urbanistica (Sez. 3, n. 41620 del 02/10/2007, COGNOME, Rv. 237995 – 01).
3.9.Affermare lÕinesistenza del permesso di costruire e contestualmente la sua illegittimitˆ è operazione del tutto ÒinnocuaÓ a fini penalistici perchŽ non inquina, nŽ vizia il ragionamento del giudice che si faccia carico di applicare la fattispecie di cui allÕart. 44, lett. b), d.P.R. n. 380 del 2001.
3.10.In ogni caso, giova ribadirlo, non sussiste affatto, alla luce delle considerazioni che precedono, la dedotta contraddittorietˆ motivazionale.
3.11.Quanto al richiamo ai procedimenti amministrativi relativi al rilascio dei precedenti permessi di costruire del 2014 e del 2017, con riferimento, in particolare, agli elementi di fatto di cui alle lettere da a) ad f) di pag. 9 della sentenza impugnata, è appena il caso di evidenziare, per un primo profilo, che tale pagina riporta e sunteggia il contenuto della sentenza di primo grado laddove, per un secondo profilo, viene spiegata, dai Giudici di merito, quale fosse, ancora a quelle date, la destinazione urbanistica dellÕarea di sedime e perchŽ tale
destinazione (agricola) persistesse alla data di adozione di tutti i permessi di costruire, anche lÕultimo, a dimostrazione della pervicacia dimostrata dagli amministratori pubblici nel voler consentire a tutti i costi la realizzazione dellÕopera in questione (è sufficiente leggere per intero la pagina 9).
3.12.Il ricorrente deduce, al contrario, che la destinazione agricola era stata modificata a seguito della approvazione del PIP da parte del Comune di Altilia.
3.13.LÕart. 30, legge reg. Calabria, n. 19 del 2002, disciplina il procedimento per l’elaborazione e l’approvazione dei Piani attuativi unitari (P.A.U.) e delle loro modifiche ed integrazioni. La norma attribuisce alla giunta comunale il compito di elaborare il piano, il quale è adottato dal Consiglio e successivamente depositato, corredato dai relativi elaborati, presso la sede comunale per i venti giorni successivi alla data di affissione all’albo pretorio dell’avviso di adozione del piano. Entro lo stesso termine, il Comune acquisisce i pareri, i nulla osta e gli altri atti di assenso comunque denominati previsti dalle leggi in vigore per la tutela degli interessi pubblici. A tal fine il responsabile del procedimento pu˜ convocare una Conferenza dei servizi. Entro lo stesso termine chiunque pu˜ presentare osservazioni in forma scritta, anche fornendo nuovi o ulteriori elementi conoscitivi e valutativi. Successivamente alla scadenza dei termini di deposito, il Consiglio comunale decide sulle eventuali osservazioni; provvede, ove queste implichino modifiche, ad adeguare i P.A.U. alle determinazioni della Conferenza dei servizi e rimette gli atti al consiglio per la relativa approvazione, che deve avvenire entro e non oltre 60 giorni dalla data di scadenza del termine per la presentazione delle osservazioni, inviandone una copia alla Provincia ed alla Regione. Se non vi sono variazioni, non è necessaria la riapprovazione del P.A.U. da parte del Consiglio comunale; lo stesso diventa esecutivo scaduti i termini del deposito sopra indicati.
3.14.La Corte di appello (e prima ancora il Tribunale) afferma che la deliberazione consiliare n. 3 del 2007 non aveva approvato alcunchŽ sia perchè il progetto redatto dallÕArch. COGNOME, incaricato della redazione del piano, aveva provveduto alla stesura di un piano non esecutivo, sia perchŽ non erano mai mai stati attivati gli adempimenti successivi alla sua adozione. Il Tribunale, al riguardo, precisava che dalla stessa delibera di adozione risultava la delega allÕufficio tecnico degli adempimenti successivi intesi alla approvazione definitiva e che il piano sarebbe stato oggetto di apposita discussione consiliare in fase di approvazione.
3.15.Il ricorrente sostiene, al contrario, che, non essendovi state osservazioni, il Piano non andasse (ri)approvato ma il punto è che il piano stesso non è mai stato davvero adottato per la semplice ragione che – a tutto voler concedere – non sono mai stati posti in essere gli adempimenti successivi alla adozione (pubblicazione, avviso di deposito, acquisizione di pareri, nulla-osta e altri atti di assenso o convocazione della conferenza dei servizi). Le censure difensive non sfuggono al rilievo critico che, altrimenti ragionando, non si
comprende perchŽ ancora nel 2014 e poi nel 2017 lÕarea oggetto di intervento venisse qualificata (e riconosciuta dalla giunta comunale) come agricola in base allÕallora vigente Piano di Fabbricazione e fossero stati avviati i procedimenti per il rilascio dei permessi di costruire in deroga del 2014 e del 2017 (di qui la coerenza del loro richiamo nella ricostruzione della vicenda e nella qualificazione dellÕarea ancora come agricola). Peraltro, lo stesso permesso di costruire n. 1 del 2019 era stato a sua volta emesso in deroga ai sensi dellÕart. 14 d.P.R.n. 380 del 2001. Destinazione agricola che, ricorda la Corte di appello, era stata ripetutamente attestata nei certificati di destinazione urbanistica rilasciati fino a quello del 29 maggio 2021 rilasciato dopo il sequestro nel quale si attestava per la prima volta che si trattava di zona destinata ad insediamenti produttivi.
3.16.LÕinammissibilitˆ del motivo rende inammissibile lo scrutinio dei motivi aggiunti che, peraltro, in disparte le inammissibili deduzioni fattuali e allegazioni documentali non consentite in questa sede, non introducono elementi tutto sommato diversi da quelli dedotti con il motivo principale e sono anche essi generici.
3.17.Il terzo motivo è inammissibile per carenza di interesse del ricorrente a proporlo non essendo egli il destinatario della formula del dispositivo corretta successivamente alla sua pubblicazione.
3.18.Il ricorrente non è interessato nemmeno a coltivare lÕultimo motivo poichŽ lÕordine di demolizione pu˜ essere emesso nei soli confronti del proprietario delle opere abusive o di colui che, disponendone materialmente, è in condizione di adempiere, ma non nei confronti di soggetti, quali il direttore dei lavori o gli esecutori materiali, che abbiano concorso alla realizzazione del reato in virtù di un rapporto obbligatorio con il titolare del diritto reale o del potere di fatto sul terreno o sull’immobile preesistente, in quanto tale rapporto personale risulta autonomo rispetto a quello che lega all’opera abusivamente realizzata il proprietario o il committente (Sez. 3, n. 41856 del 15/10/2021, Mantova, Rv. 282797 – 01; Sez. 3, n. 17991 del 21/01/2014, COGNOME, Rv. 261497 – 01, che na ha tratto la conseguenza che il giudice, nel disporre la condanna dell’esecutore e/o del direttore dei lavori per il reato di cui all’art. 44 del d.P.R. n. 380 del 2001, non pu˜ subordinare il beneficio della sospensione condizionale della pena alla effettiva eliminazione delle opere abusive).
4.Il ricorso di NOME COGNOME.
4.1.I primi due motivi (e relativo motivo aggiunto) sono inammissibili per le stesse ragioni giˆ illustrate in sede di esame dei corrispondenti motivi del ricorso di NOME COGNOME.
4.2.Il terzo motivo è fondato.
4.3.Il dispositivo pubblicato allÕudienza del 15 ottobre 2024 (e trascritto nella sentenza impugnata) cos’ recita per la parte di interesse: Çassolve NOME NOME NOME dal reato ascritto al capo 3) della rubrica perchŽ il fatto non è più previsto dalla legge come reato e, per lÕeffetto, ridetermina la pena allo stesso inflitta per il reato sub capo 1) della rubrica in mesi 6 di arresto ed 3.200 di ammendaÈ.
4.4.Con due separate ordinanze del 13 gennaio 2015, la Corte di appello ha corretto lÕerrore materiale contenuto nel dispositivo letto in udienza nel senso che deve intendersi aggiunto Òconferma nel restoÓ (prima ordinanza) e nel senso che, con riferimento al Perrone, dove è scritto Çin misura pari a mesi 6 di arresto ed 3.200 di ammenda (p.b. mesi 9 di arresto ed 4.800 di ammenda, ridotta ex art. 62 bis c.p.)È, deve leggersi e intendersi Çin misura pari a mesi quattro di arresto ed 3.200,00 di ammenda (p.b. mesi 6 di arresto ed 4.800 di ammenda, ridotta ex art. 62 bis c.p)È (seconda ordinanza). Il dispositivo della sentenza depositata riporta – come detto – il dispositivo cos’ come letto in udienza (e non corretto).
4.5.Il ricorrente concentra le proprie doglianze sulla seconda ordinanza e lamenta, al riguardo, lÕimpossibilitˆ di qualificare come ÒmaterialeÓ lÕerrore e, per altro profilo, la adozione dellÕordinanza in assenza di camera di consiglio partecipata con conseguente violazione del contraddittorio.
4.6.QuestÕultimo rilievo è fondato e, per quanto si dirˆ, assorbente.
4.7.Secondo lÕormai consolidato orientamento giurisprudenziale, l’adozione “de plano”, senza fissazione della camera di consiglio ed avviso alle parti, del provvedimento di correzione di errore materiale comporta una nullitˆ di ordine generale ex art. 178 cod. proc. pen. (Sez. 4, n. 8612 del 08/02/2022, COGNOME, Rv. 282933 – 01; Sez. 3, n. 36350 del 23/03/2015, COGNOME, Rv. 265638 – 01; Sez. 1, n. 1674 del 09/01/2013, COGNOME, Rv. 254230 – 01; Sez. 3, n. 1460 del 03/12/2008, dep. 2009, COGNOME, Rv. 242270 – 01).
4.8.Ci˜ nondimeno, poichŽ lÕordinanza riguarda il trattamento sanzionatorio, non è necessario annullare con rinvio il provvedimento impugnato potendo provvedere direttamente la Corte di cassazione riducendo della metˆ la pena applicata secondo quanto dispone lÕart. 442, comma 2, cod. proc. pen., come modificato dallÕart. 1, comma 44, legge n. 103 del 2017, norma invocata dal ricorrente. La pena viene cos’ fissata nella misura di mesi due arresto e 1600 euro di ammenda.
4.9.LÕultimo motivo è manifestamente infondato.
4.10.Come giˆ ampiamente spiegato in sede di scrutinio del secondo motivo del ricorso comune a entrambi i ricorrenti, lÕinesistenza ( assenza) del permesso di costruire legittima lÕadozione dellÕordine di demolizione dellÕopera anche quando lÕassenza è conseguenza della illegittimitˆ del titolo. LÕassenza del titolo contemplata quale elemento costitutivo del reato di cui allÕart. 44, comma 1, lett. b) e c), d.P.R. n. 380 del 2001, non determina, quando frutto di illegittimitˆ,
una diversa latitudine applicativa dellÕart. 31, comma 9, stesso decreto: lÕassenza del titolo è requisito unico tanto ai fini della integrazione del reato quanto ai fini della demolizione dellÕopera, essendo irrilevanti le ragioni della assenza stessa.
4.11.Inoltre, il divieto della “reformatio in peius” che, nel caso di impugnazione proposta dal solo imputato, l’ordinamento processuale impone al giudice di appello, attiene alle ipotesi di aggravamento – per specie o quantitˆ della pena, di applicazione di nuova o più grave misura di sicurezza, di pronunzia di proscioglimento con formula meno favorevole o di revoca di benefici; in detto divieto non è compreso l’ordine di demolizione della costruzione abusiva, impartito dal giudice ai sensi dellÕart. 31, comma 9, d.P.R. n. 380 del 2001, trattandosi non di pena accessoria, ma di sanzione amministrativa di tipo ablatorio, consequenziale alla sentenza di condanna e la cui irrogazione costituisce atto dovuto (Sez. 5, n. 13812 dellÕ11/11/1999, COGNOME, Rv. 214608 – 01; Sez. 4, n. 10660 del 13/02/2024, COGNOME, non mass.; Sez. 3, n. 26531 del 13/03/2024, Monticelli, non mass., secondo cui lÕordine pu˜ essere impartito direttamente dalla Corte di cassazione; in questo senso, Sez. 3, n. 47064 del 02/11/2022, COGNOME non mass.; Sez. 3, n. 18509 del 15/1/2015, RG. in proc. COGNOME, Rv. 263557; Sez. 3, n. 1365 del 18/9/1992, P.M. in proc. COGNOME, Rv. 192057).
5.Alla declaratoria di inammissibilitˆ del ricorso di NOME COGNOME consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., essendo essa ascrivibile a colpa del ricorrente (C. Cost. sent. 7-13 giugno 2000, n. 186), l’onere delle spese del procedimento nonchŽ del versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si fissa equitativamente nella misura di 3.000,00. Il Collegio intende in tal modo esercitare la facoltˆ, introdotta dallÕart. 1, comma 64, legge n. 103 del 2017, di aumentare, oltre il massimo edittale, la sanzione prevista dallÕart. 616 cod. proc. pen. in caso di inammissibilitˆ del ricorso considerate le ragioni della inammissibilitˆ stessa come sopra indicate.
6.Entrambi i ricorrenti devono essere condannati al pagamento delle spese sostenute nel grado dalla parte civile, liquidate come da dispositivo.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME NOME limitatamente alla pena che ridetermina in mesi due di arresto ed euro 1.600 di ammenda. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso di COGNOME NOME. Dichiara inammissibile il ricorso di COGNOME NOME Roberto che condanna al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Condanna, inoltre, gli imputati alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile che liquida in complessivi euro 3686,00 oltre accessori di legge.
Cos’ deciso in Roma, il 12/06/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente
NOME COGNOME
NOME COGNOME