Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 449 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 449 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 29/11/2023
SENTENZA,
sul ricorso proposto da:
NOME nato a SIRACUSA il 16/07/1970
avverso l’ordinanza del 13/06/2023 della CORTE APPELLO di CATANIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del procuratore generale, in persona del sostituto procuratore COGNOME che ha chiesto, con requisitoria scritta, dichiararsi l’inammissibilit del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza emessa in data 14 giugno 2023 la Corte di appello di Catania ha respinto il reclamo proposto da NOME COGNOME detenuto sottoposto al regime differenziato di cui all’art. 41-bis Ord.pen., avverso il decreto emesso in data 05 giugno 2023 dalla Corte di assise di appello di Catania, di rigetto della richiesta di un permesso per recarsi, senza scorta, a casa della convivente per consolarla del decesso della di lei madre.
La Corte ha ritenuto non sussistente la condizione di ‘necessità” richiesta dall’art. 30, comma 2, Ord.pen., anche perché la concessione del permesso, nel giudizio di cognizione quale quello in corso, non può avere finalità rieducativa, e potrebbe frustrare le esigenze cautelari sottese alla misura cautelare applicata.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso NOME COGNOME per mezzo del suo difensore avv. NOME COGNOME articolando un unico motivo con il quale deduce la violazione di legge, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod.proc.pen., in relazione all’art. 30, comma 2, Ord.pen.
La Corte ha motivato il diniego richiamando la posizione del detenuto, quale sottoposto al regime differenziato di cui all’art. 41-bis Ord.peri., ma tale richiamo e.i&Li è inconferente, non essendo tale condizione ostativa 0-lia concessione del permesso per gravi motivi. Inoltre la motivazione è errata perché, di fatto, la Corte sostiene che il permesso previsto dall’art. 30 Ord.pen. può essere concesso solo ai detenuti definitivi, mentre la norma lo prevede esplicitamente anche in favore degli imputati. L’ulteriore affermazione del pericolo di fuga, invece, è infondata in quanto la Corte avrebbe potuto concedere il permesso ordinando la presenza della scorta.
Il Procuratore generale ha chiesto, con requisitoria scritta, dichiararsi l’inammissibilità del ricorso, mancando i presupposti per la concessione del permesso richiesto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato, e deve perciò essere rigettato.
L’osservazione del ricorrente, circa l’astratta concedibilità del permesso richiesto, è corretta, perché deve ritenersi che il permesso, nei casi previsti dall’art. 30, comma 2, Ord.pen., sia concedibile anche ai detenuti sottoposti al regime differenziato di cui all’art. 41-bis Ord.pen., e agli imputati in stato di
custodia cautelare, quale è il ricorrente. Per i detenuti sottoposti al regime di cui all’art. 41-bis Ord.pen. la concedibilità è stata riconosciuta, dalla giurisprudenza di legittimità, anche per il permesso premio, in conseguenza della sentenza della Corte costituzionale n. 253/2019 (si veda, tra le altre, SEZ. 1, n. 42723 sel 07/10/2021, Rv. 282155). Per gli imputati, la concedibilità del permesso è ricavabile dal collegamento che il legislatore opera, di fatto, tra il comma 2 e il comma 1 dell’art. 30 Ord.pen., parlando’ nel secondo comma, di permessi «analoghi» a quelli previsti dal primo comma, i quali sono esplicitamente concedibili «ai condannati e agli internati» (si veda Sez. 1, n. 37044 del 20/11/2020, Rv. 280097, in motivazione).
L’ordinanza impugnata, però, nonostante un breve richiamo a detta duplice condizione del detenuto, ha motivato il diniego del permesso sulla insussistenza di un evento familiare di particolare gravità, ritenendo che l’asserita necessità di «confortare la convivente per il dolore derivante dal decesso della di lei madre» non abbia tale natura. Tale valutazione appare logica, non contraddittoria, e conforme ai principi giurisprudenziali, secondo cui il permesso di necessità costituisce un beneficio di eccezionale applicazione, rispondente a finalità di umanizzazione della pena e non un istituto di natura trattamentale, che deve, pertanto, essere concesso esclusivamente ai verificarsi di situazioni di particolare gravità ridondanti nella sfera personale e familiare del detenuto, tenendo conto dell’idoneità del fatto ad incidere nella vicenda umana di quest’ultimo (si vedano Sez. 1, n. 57813 del 04/10/2017, Rv. 272400; Sez. 1, n. 46035 del 21/10/2014, Rv. 261274). L’affermazione, ricavabile dalla motivazione del provvedimento impugnato, che la morte della madre della propria convivente non rappresenti un evento eccezionale capace di incidere nella sfera personale del detenuto è logica e non arbitraria, non avendo il ricorrente neppure specificato il rapporto che egli, eventualmente, aveva con la deceduta. Altrettanto logica e non arbitraria è la valutazione che il dolore della propria convivente per tale perdita non rappresenti un evento familiare di particolare gravità, non avendo il ricorrente neppure asserito che l’evento luttuoso abbia indotto la donna in uno stato di prostrazione particolarmente profonda o di alterazione dei comportamenti, tali da rendere necessario l’intervento consolatorio da parte del detenuto, mediante la sua presenza fisica. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Il ricorso, peraltro, non si confronta con la ratio decidendi dell’ordinanza impugnata, e non contesta la motivazione secondo cui «non ricorrono gli anzidetti presupposti normativi», stante la natura dell’evento familiare in relazione al quale è stato richiesto il permesso. Il ricorrente non sostiene,
quindi, la sussistenza di specifici motivi per cui la morte della madre della propria convivente, peraltro verificatasi già un mese e mezzo prima del provvedimento di diniego emesso dalla Corte di assise di appello di Catania in data 05 giugno 2023, incida sulla sua personale vicenda umana, o di motivi per cui l’avvenimento abbia provocato nella convivente uno stato di angoscia tale da rendere necessaria la presenza fisica del ricorrente stesso, E non nega che tale evento abbia riguardato non un suo stretto familiare, ma un familiare della sua compagna. Il ricorso risulta, pertanto, affetto anche da una sostanziale genericità.
Sulla base delle considerazioni che precedono il ricorso deve, pertanto, essere rigettato, e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 29 novembre 2023
Il Consigliere estensore
Il Presidente