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Permesso detenuto: lutto familiare e gravità evento

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 449/2024, ha negato un permesso detenuto a un soggetto in regime speciale che lo aveva richiesto per consolare la compagna per la morte della madre. La Corte ha stabilito che, sebbene il permesso sia teoricamente concedibile, l’evento luttuoso deve rivestire carattere di “particolare gravità” per la sfera personale del detenuto stesso, un requisito non soddisfatto in questo caso specifico.

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Pubblicato il 17 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Permesso detenuto: non basta il lutto del familiare del partner

La concessione di un permesso detenuto per eventi luttuosi è una questione delicata, che bilancia le esigenze di sicurezza con il principio di umanizzazione della pena. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 449/2024) ha fornito importanti chiarimenti sui criteri per valutare la “particolare gravità” dell’evento familiare, specificando che il lutto per la morte della madre della convivente, di per sé, non integra automaticamente tale requisito.

Il caso: la richiesta di permesso per consolare la compagna

Un detenuto, sottoposto al regime differenziato previsto dall’art. 41-bis dell’Ordinamento Penitenziario, presentava un’istanza per ottenere un permesso al fine di recarsi, senza scorta, presso l’abitazione della propria convivente. La ragione addotta era la necessità di consolarla a seguito del decesso della madre di lei.

La richiesta veniva rigettata sia dalla Corte di assise di appello che, in sede di reclamo, dalla Corte d’Appello. I giudici di merito ritenevano insussistente la condizione di “necessità” richiesta dalla legge, sottolineando come la concessione del permesso potesse frustrare le esigenze cautelari alla base della detenzione.

Il detenuto ricorreva quindi in Cassazione, sostenendo che il suo status (imputato e soggetto a regime speciale) non fosse di per sé ostativo alla concessione del beneficio e che il pericolo di fuga avrebbe potuto essere neutralizzato disponendo una scorta.

Permesso detenuto: i principi generali confermati dalla Corte

La Suprema Corte, prima di analizzare il merito della questione, ha colto l’occasione per ribadire alcuni principi fondamentali. In primo luogo, ha confermato che il permesso detenuto per eventi familiari gravi, ai sensi dell’art. 30, comma 2, dell’Ordinamento Penitenziario, è un beneficio astrattamente concedibile sia agli imputati in stato di custodia cautelare sia ai detenuti sottoposti al regime del 41-bis.

Questo orientamento, supportato anche da precedenti pronunce della Corte Costituzionale, sancisce che lo status del richiedente non può costituire una preclusione assoluta. La valutazione deve sempre essere effettuata caso per caso, analizzando la sussistenza dei presupposti normativi.

La valutazione della “particolare gravità” dell’evento

Il fulcro della decisione, tuttavia, non risiede nell’astratta concedibilità del beneficio, ma nella concreta valutazione della situazione presentata. La Corte ha chiarito che il permesso di necessità è un istituto di carattere eccezionale, finalizzato all’umanizzazione della pena e non a scopi trattamentali o rieducativi.

Per questo motivo, può essere concesso solo al verificarsi di “situazioni di particolare gravità ridondanti nella sfera personale e familiare del detenuto”. L’evento deve avere un impatto diretto e significativo sulla vita emotiva e umana del richiedente.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, ritenendo la decisione dei giudici di merito corretta e logicamente motivata. La motivazione centrale del diniego si basa sull’insussistenza di un evento di “particolare gravità” per la sfera personale del detenuto stesso.

Secondo la Corte, la morte della madre della propria convivente non rappresenta, di per sé, un evento eccezionale capace di incidere in modo così profondo sulla sfera personale del detenuto da giustificare un permesso detenuto. Il ricorrente, inoltre, non aveva fornito elementi specifici per dimostrare un legame particolare con la defunta o per attestare che la sua compagna versasse in uno stato di prostrazione tale da rendere indispensabile il suo intervento consolatorio e la sua presenza fisica.

La Corte ha qualificato il ricorso come generico, poiché non contestava la valutazione di merito sulla natura dell’evento (la vera ratio decidendi della decisione impugnata), ma si concentrava sull’astratta possibilità di ottenere il permesso. Mancava, in sostanza, la dimostrazione del nesso tra l’evento luttuoso e un’eccezionale sofferenza personale del detenuto.

Le conclusioni

La sentenza in esame rafforza un principio cardine nella concessione dei permessi di necessità: la selettività. Non ogni evento doloroso che colpisce la famiglia allargata del detenuto può automaticamente giustificare un’uscita dal carcere. È necessario che il richiedente dimostri in modo specifico e circostanziato come tale evento incida gravemente e direttamente sulla sua persona. La valutazione del giudice deve essere rigorosa e basata su elementi concreti, al di là del legame di parentela o affettivo. Per ottenere un permesso detenuto, il dolore altrui, anche di una persona cara come la convivente, deve tradursi in una situazione di eccezionale gravità che coinvolga direttamente la sfera personale del detenuto stesso.

Un detenuto in regime di 41-bis può ottenere un permesso di necessità?
Sì, la Corte di Cassazione conferma che, in linea di principio, il permesso previsto dall’art. 30, comma 2, Ord.pen. è concedibile anche ai detenuti sottoposti al regime differenziato di cui all’art. 41-bis, così come agli imputati in custodia cautelare. La decisione dipende dalla sussistenza dei requisiti di legge nel caso specifico.

La morte di un familiare del convivente è considerata un “evento di particolare gravità” per concedere un permesso detenuto?
Non automaticamente. La Corte ha stabilito che la morte della madre della propria convivente non rappresenta di per sé un evento di quella “particolare gravità” richiesta dalla norma, capace di incidere eccezionalmente sulla sfera personale del detenuto, a meno che non vengano provate circostanze specifiche che dimostrino un impatto diretto e profondo sul detenuto stesso.

Quali criteri usa la Corte per valutare la richiesta di un permesso detenuto per lutto?
La Corte valuta se l’evento luttuoso costituisce una situazione di “particolare gravità” che si ripercuote direttamente sulla sfera personale e familiare del detenuto. Non basta il legame affettivo con la persona colpita dal lutto; occorre dimostrare che l’evento incide sulla vicenda umana del detenuto in modo eccezionale o che la sua presenza fisica sia necessaria per un intervento consolatorio in una situazione di particolare prostrazione del familiare.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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