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Permessi premio 41-bis: la Cassazione nega i benefici

La Corte di Cassazione ha confermato il diniego di un permesso premio a un detenuto sottoposto al regime carcerario speciale del 41-bis. La sentenza stabilisce che, in base alla recente normativa, i benefici penitenziari come i permessi premio 41-bis sono inaccessibili finché tale regime restrittivo non viene revocato o non rinnovato. La Corte ha ritenuto la norma pienamente costituzionale e applicabile anche a chi ha commesso il reato prima della sua entrata in vigore, in quanto la disciplina dei permessi attiene alle modalità di esecuzione della pena e non alla legge penale sostanziale.

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Pubblicato il 14 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Permessi Premio 41-bis: la Cassazione conferma lo stop ai benefici

Con una recente sentenza, la Corte di Cassazione ha affrontato una questione cruciale riguardante l’accesso ai permessi premio 41-bis, stabilendo un punto fermo sull’interpretazione della nuova normativa. La decisione chiarisce che per i detenuti sottoposti al regime di ‘carcere duro’, i benefici penitenziari sono preclusi fino a quando tale misura non viene revocata. Analizziamo insieme i dettagli di questo importante provvedimento.

Il Contesto: un detenuto in regime speciale chiede un permesso

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un detenuto, condannato per reati di ‘prima fascia’ (cosiddetti reati ostativi) e sottoposto al regime detentivo speciale previsto dall’articolo 41-bis dell’ordinamento penitenziario. Quest’ultimo aveva presentato istanza per ottenere un permesso premio, un beneficio concesso ai detenuti che hanno tenuto una regolare condotta e che partecipano al percorso rieducativo.

La richiesta era stata respinta sia dal Magistrato che dal Tribunale di Sorveglianza. Il diniego si basava sulla recente modifica legislativa (introdotta dalla Legge n. 199 del 2022), la quale stabilisce esplicitamente che i permessi premio, il lavoro all’esterno e le misure alternative possono essere concessi a un detenuto in regime 41-bis solo dopo la revoca o la mancata proroga di tale regime.

La questione sui permessi premio 41-bis: legittimità costituzionale e retroattività

Il detenuto, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso in Cassazione sollevando due questioni principali.

La presunta incostituzionalità della norma

Il ricorrente sosteneva che la nuova legge violasse diversi principi costituzionali:
1. Art. 3 (Principio di uguaglianza): La preclusione ai benefici deriverebbe da un atto amministrativo (l’applicazione del 41-bis), creando una disparità di trattamento.
2. Art. 13 (Inviolabilità della libertà personale): La norma inciderebbe sulla libertà personale.
3. Art. 27 (Finalità rieducativa della pena): La legge impedirebbe al giudice di valutare i progressi del detenuto nel suo percorso di reinserimento, frustrando la funzione rieducativa della pena.

L’applicabilità della nuova legge ai reati passati

In secondo luogo, si contestava l’applicazione di questo regime più rigoroso a chi, come il ricorrente, aveva commesso i reati prima dell’entrata in vigore della nuova legge, invocando il principio di irretroattività della legge penale più sfavorevole.

La Decisione della Corte di Cassazione e il diniego dei permessi premio 41-bis

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, ritenendolo infondato in ogni sua parte. Ha confermato la decisione del Tribunale di Sorveglianza, stabilendo che la richiesta di permesso premio era inammissibile.

Le motivazioni della Sentenza

La Suprema Corte ha articolato il suo ragionamento su due pilastri fondamentali.

Nessuna violazione della Costituzione

La Corte ha dichiarato ‘manifestamente infondata’ la questione di legittimità costituzionale. Citando precedenti pronunce e orientamenti della Corte Costituzionale, ha spiegato che il regime 41-bis presuppone l’attualità dei collegamenti del detenuto con l’organizzazione criminale di appartenenza. Questa condizione è intrinsecamente incompatibile con una valutazione positiva del percorso rieducativo, necessaria per la concessione di benefici. In sostanza, la legge del 2022 non ha introdotto una novità sostanziale, ma ha semplicemente esplicitato una conseguenza già logica: finché un soggetto è ritenuto così pericoloso da richiedere l’isolamento del 41-bis, non può allo stesso tempo essere considerato pronto per un graduale reinserimento nella società tramite i permessi.

Il principio “tempus regit actum”

Per quanto riguarda la seconda doglianza, la Cassazione ha chiarito che le norme che disciplinano i permessi premio non hanno natura di ‘norme penali sostanziali’, ma attengono alle ‘modalità di esecuzione della pena’. Di conseguenza, ad esse non si applica il divieto di retroattività, bensì il principio tempus regit actum. Ciò significa che la valutazione della richiesta di un beneficio deve avvenire sulla base della legge in vigore al momento della richiesta stessa, e non di quella vigente al tempo della commissione del reato. La modifica normativa, quindi, è stata correttamente applicata.

Conclusioni

La sentenza consolida un’interpretazione rigorosa della normativa sui benefici penitenziari per i detenuti in regime speciale. Viene riaffermata la coerenza del sistema: il regime 41-bis e l’accesso ai benefici come i permessi premio sono due condizioni che si escludono a vicenda. La tutela delle ragioni del detenuto, secondo la Corte, deve trovare la sua sede naturale nella procedura di revoca o di reclamo avverso il regime speciale stesso, e non nella richiesta di benefici che presuppongono un grado di ravvedimento incompatibile con la pericolosità sociale che giustifica il ‘carcere duro’.

Un detenuto in regime 41-bis può ottenere un permesso premio?
No. Secondo la normativa vigente e l’interpretazione della Corte di Cassazione, un detenuto sottoposto a questo regime speciale può accedere ai permessi premio (e ad altri benefici) solo dopo che il provvedimento che applica il 41-bis sia stato revocato o non sia stato prorogato.

La nuova legge che nega i permessi ai detenuti in 41-bis è costituzionale?
Sì. La Corte di Cassazione ha ritenuto la questione di legittimità costituzionale ‘manifestamente infondata’. Ha stabilito che l’applicazione del regime 41-bis si fonda su una pericolosità sociale attuale che è incompatibile con i presupposti per la concessione dei benefici, i quali richiedono un avanzato percorso rieducativo.

La nuova legge si applica anche a chi ha commesso il reato prima della sua entrata in vigore?
Sì. Le norme sui permessi premio riguardano le modalità di esecuzione della pena, non la legge penale sostanziale. Pertanto, si applica il principio ‘tempus regit actum’, secondo cui vale la legge in vigore al momento in cui il beneficio viene richiesto, indipendentemente da quando è stato commesso il reato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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