Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 19321 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 19321 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/02/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
– Relatore –
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a Pagani il 13/09/1984 avverso l’ordinanza del 08/10/2024 del Tribunale di Sorveglianza di Cagliari
lette le conclusioni del Sost. Proc. Gen. NOME COGNOME per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Sorveglianza di Cagliari, con ordinanza in data 8 ottobre 2024, ha dichiarato inammissibile il reclamo avverso il decreto con il quale il Magistrato di Sorveglianza di Cagliari, in data 21 marzo 2024, ha dichiarato inammissibile l’istanza di permesso ex art. 30-ter ord. pen. presentata da NOME COGNOME.
Il ricorrente Ł detenuto in esecuzione della pena di anni trenta in relazione ai delitti di omicidio, aggravato ex art. 416-bis.1 cod. pen., 74 d.P.R. 309 del 1990 e altri delitti commessi per agevolare l’attività mafiosa. Reati compresi nella c.d. prima fascia prevista dall’art. 4-bis ord. pen.
Il magistrato di sorveglianza e, così, il Tribunale a seguito del reclamo, hanno ritenuto che il condannato non abbia adempiuto all’onere di allegazione previsto dalla norma a carico del richiedente.
Piø in generale, d’altro canto, i giudici della sorveglianza hanno dato atto della totale assenza di un inizio di rivisitazione critica di quanto commesso e come questo non possa essere superato dal fatto che il ricorrente ha proposto una richiesta di revisione, allo stato pendente.
Avverso il provvedimento ha presentato ricorso il condannato che, a mezzo del difensore, ha dedotto la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione all’art 30-ter e 4-bis ord. pen. In un unico articolato motivo la difesa, facendo riferimento alle recenti sentenze della Corte costituzionale anche in ordine al diritto dei detenuti di avere una vita affettiva con i propri familiari, evidenzia che la decisione del Tribunale sarebbe errata in quanto sarebbe stato mal interpretato e applicato il principio per cui sul detenuto incombe l’onere di allegare gli elementi a suo favore.
In data 25 gennaio 2025 sono pervenute in cancelleria le conclusioni scritte con le quali il Sost. Proc. NOME COGNOME chiede che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso Ł infondato.
In un unico articolato motivo la difesa deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione all’art 30-ter e 4-bis ord. pen. evidenziando che la decisione del Tribunale sarebbe errata in quanto sarebbe stato mal interpretato e applicato il principio per cui incombe sul detenuto l’onere di allegare gli elementi a suo favore.
La doglianza Ł infondata.
2.1. L’art. 30-ter ord. pen. prevede che il magistrato di sorveglianza, sentito il direttore, possa concedere ai condannati che hanno tenuto una condotta regolare e che non siano socialmente pericolosi dei permessi premio per consentirgli di coltivare interessi affettivi, culturali o di lavoro.
La stessa norma indica i presupposti ai quali Ł subordinata la concessione del beneficio penitenziario e stabilisce che tale esperienza Ł parte integrante del programma di trattamento che deve perciò essere seguita dagli educatori sociali penitenziari in collaborazione con gli operatori sociali del territorio (commi 3).
I commi 4 e 5 pongono dei limiti specifici nei confronti dei condannati per taluni reati, tra questi i detenuti ritenuti responsabili dei reati di cui all’art. 4-bis ord. pen. e quelli cui sia stata applicata la pena dell’ergastolo, o per specifiche situazioni (commi 4 e 5).
2.2. L’art. 4-bis ord. pen., d’altro canto, prevedeva espressamente che in assenza di collaborazione con la giustizia ai sensi dell’art. 58-ter ord. pen. il beneficio non poteva comunque essere concesso alle persone detenute per i delitti di cui all’art. 416-bis cod. pen. e per quelli commessi avvalendosi delle condizioni previste dallo stesso articolo ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni in esso previste.
Questa preclusione Ł venuta meno con la sentenza n. 253 del 2019 con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato «l’illegittimità costituzionale dell’art. 4-bis, comma 1, legge 26 luglio 1975, n. 354, nella parte in cui esso non prevedeva che, alle persone detenute per i delitti di cui all’art. 416-bis cod. pen. e per quelli commessi avvalendosi delle condizioni previste dallo stesso articolo ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni in esso previste, potessero essere concessi permessi premio anche in assenza di collaborazione con la giustizia a norma dell’art. 58ter Ord. pen., allorchØ fossero stati acquisiti elementi tali da escludere, sia l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, sia il pericolo del ripristino di tali collegamenti; e, in via consequenziale, nella parte in cui non prevedeva che alle persone detenute per i delitti ivi contemplati, ma diversi da quelli sopra indicati, potessero essere concessi permessi premio anche in assenza di collaborazione con la giustizia ex art. 58-ter ord. pen. allorchØ fossero stati acquisiti elementi tali da escludere, sia l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva, sia il pericolo del ripristino di tali collegamenti» (Sez. 5, n. 33693 del 28/06/2024, COGNOME, Rv. 286988 – 01).
La modifica così apportata, che pure ha escluso la preclusione assoluta di ottenere il beneficio per le persone che sono detenute per avere commesso delitti di cui all’art. 4-bis, comma 1, ord. pen., che non hanno intrapreso un percorso di collaborazione, ha introdotto una presunzione relativa di perdurante pericolosità che può essere vinta soltanto con l’acquisizione di elementi capaci di escludere tanto l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, quanto il pericolo che questi
legami possano essere riannodati.
In tale prospettiva, quindi, la giurisprudenza di legittimità formatasi sul punto -tenuto conto di quanto indicato nella sentenza n. 253 del 2019 in cui la Corte costituzionale aveva chiarito che l’istante ha l’onere di indicare la «prospettazione di massima» delle circostanze suffraganti la sua richiesta, spettando poi al Tribunale la decisione finale, alla stregua dell’esame della documentazione e degli atti- ha evidenziato che non Ł necessario che l’istante dimostri l’assenza di collegamenti con la criminalità organizzata e del pericolo del loro ripristino, essendo a tal fine sufficiente l’allegazione di elementi fattuali (quali, ad esempio, l’assenza di procedimenti posteriori alla carcerazione, il mancato sequestro di missive o la partecipazione fattiva all’opera rieducativa) che, anche solo in chiave logica, siano idonei a contrastare la presunzione di perdurante pericolosità sancita dalla legge, potendo, eventualmente, il giudice completare l’istruttoria anche d’ufficio (Sez. 5, n. 33693 del 28/06/2024, COGNOME Rv. 286988 – 01; Sez. 1, n. 33743 del 14/07/2021, COGNOME, Rv. 281764 – 01).
2.3. Il d.l. 162 del 2022, convertito dalla l. 199 del 2022, prendendo atto della sentenza della Corte costituzionale, ha modificato l’art. 4-bis, comma 1-bis, ord. pen. per cui il permesso premio può ora essere concesso ai detenuti e agli internati per delitti commessi per finalità di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell’ordine democratico mediante il compimento di atti di violenza, per i delitti di cui agli artt. 416-bis e 416-ter cod. pen., per delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dall’art. 416-bis cod. pen. ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni in esso previste, per i delitti di cui all’art. 12, commi 1 e 3, d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, e per i delitti di cui all’art. 291-quater, d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, e all’art. 74, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, anche in assenza di collaborazione con la giustizia ai sensi dell’art. 58-ter «purchØ gli stessi dimostrino l’adempimento delle obbligazioni civili e degli obblighi di riparazione pecuniaria conseguenti alla condanna o l’assoluta impossibilità di tale adempimento e alleghino elementi specifici, diversi e ulteriori rispetto alla regolare condotta carceraria, alla partecipazione del detenuto al percorso rieducativo e alla mera dichiarazione di dissociazione dall’organizzazione criminale di eventuale appartenenza, che consentano di escludere l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva e con il contesto nel quale il reato Ł stato commesso, nonchØ il pericolo di ripristino di tali collegamenti, anche indiretti o tramite terzi, tenuto conto delle circostanze personali e ambientali, delle ragioni eventualmente dedotte a sostegno della mancata collaborazione, della revisione critica della condotta criminosa e di ogni altra informazione disponibile. Al fine della concessione dei benefici, il giudice accerta, altresì, la sussistenza di iniziative dell’interessato a favore delle vittime, sia nelle forme risarcitorie che in quelle della giustizia riparativa».
2.4. A fronte di tale modifica normativa i requisiti per l’accesso al permesso premio si sono arricchiti e il giudizio che Ł chiamato a formulare il giudice Ł piø articolato (Sez. 5, n. 33693 del 28/06/2024, COGNOME, Rv. 286988 – 01).
In prima battuta il legislatore richiede che il condannato abbia provveduto ad adempiere alle obbligazioni civili e agli obblighi di riparazione pecuniaria conseguenti alla condanna ovvero che abbia dimostrato l’assoluta impossibilità a procedere in tal senso.
Il giudice, inoltre, Ł chiamato a considerare l’eventuale «sussistenza di iniziative dell’interessato a favore delle vittime, sia nelle forme risarcitorie che in quelle della giustizia riparativa», la cui esistenza non Ł necessaria ma che può comunque assumere rilievo a fini decisori.
Il giudizio in ordine all’operatività o meno della presunzione relativa di attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata ovvero di pericolo di un loro ripristino, che prende le mosse dalla mancata collaborazione con la giustizia del detenuto, deve essere effettuato sulla base di tutti gli elementi valutabili ai fini dell’eventuale superamento della presunzione, che devono essere
specificamente allegati dall’interessato.
Tali elementi sono costituiti: dalle «circostanze personali e ambientali»; dalle «ragioni eventualmente dedotte a sostegno della mancata collaborazione»; dalla «revisione critica della condotta criminosa»; da «ogni altra informazione disponibile».
Quest’ultima clausola consente di attribuire rilevanza anche a ulteriori indicatori -quali la «regolare condotta carceraria», la «partecipazione del detenuto al percorso rieducativo» e la «dichiarazione di dissociazione dall’organizzazione criminale di eventuale appartenenza»- che, tuttavia, per espressa previsione normativa, non possono consentire, da soli, di superare la presunzione in parola, secondo quanto si evince dal dato testuale, che evidenzia la necessità di allegare, rispetto ad essi, elementi «diversi e ulteriori» (sempre Sez. 5, n. 33693 del 28/06/2024, COGNOME, Rv. 286988 – 01).
2.5. La normativa ora in vigore non pone un formale onere probatorio a carico del richiedete e, quindi, si pone in continuità con la giurisprudenza di legittimità per cui lo stesso Ł tuttora tenuto ‘semplicemente’ ad allegare gli elementi specifici di prova in grado di dimostrare l’assenza di collegamenti attuali con la criminalità organizzata o del pericolo di un loro ripristino, ferma restando la possibilità (rectius la doverosità) degli eventuali approfondimenti istruttori da parte dello stesso giudice nell’esercizio dei poteri officiosi conferitigli, in via generale, dall’art. 678 cod. proc. pen. (da ultimo ancora Sez. 5, n. 33693 del 28/06/2024, COGNOME, Rv. 286988 – 01 e specifica sul punto Sez. 1, n. 48719 del 15/10/2019, Tagacay De Castro, Rv. 277793 – 01).
2.6. L’attuale disciplina, che Ł piø gravosa rispetto a quella che emergeva a seguito dell’intervento della Corte costituzionale, impone comunque di considerare il percorso rieducativo compiuto dal condannato.
Pure a fronte della previsione degli ulteriori requisiti richiesti per l’ammissibilità della domanda («l’adempimento delle obbligazioni civili e degli obblighi di riparazione pecuniaria conseguenti alla condanna o l’assoluta impossibilità di tale adempimento e alleghino elementi specifici») e alla codificazione di un criterio misto per il giudizio sulla presunzione relativa conseguente alla mancata collaborazione (accanto all’individuazione di taluni indicatori valutabili si contempla anche la regola legale della insufficienza di alcuni di essi: la «regolare condotta carceraria», la «partecipazione del detenuto al percorso rieducativo» e la «mera dichiarazione di dissociazione dall’organizzazione criminale di eventuale appartenenza»), infatti, si Ł ribadito che «non Ł tuttavia consentito al legislatore disconoscere il percorso rieducativo effettivamente compiuto dal condannato che abbia già raggiunto, in concreto, un grado di rieducazione adeguato alla concessione del beneficio» (Corte cost. n. 32 del 2020;Sez. 5, n. 33693 del 28/06/2024, COGNOME, Rv. 286988 – 01; Sez. 1, n. 38278 del 20/04/2023, COGNOME, Rv. 285203 – 01
Ciò in quanto in questa situazione «l’intervento normativo si porrebbe in contrasto con il principio di eguaglianza e del finalismo rieducativo della pena (artt. 3 e 27, terzo comma, Cost.), poichØ «negare, a chi si trovi nella posizione di quel condannato, la concessione del beneficio, equivarrebbe a disconoscere la funzione pedagogico-propulsiva del permesso premio (sentenza n. 253 del 2019), quale strumento idoneo a consentirne un suo iniziale reinserimento nella società, in vista dell’eventuale concessione di misure alternative alla detenzione, in assenza di gravi comportamenti che dimostrino la non meritevolezza del beneficio nel caso concreto (sentenza n. 504 del 1995; nello stesso senso, sentenze n. 137 del 1999 e n. 445 del 1997)» (così, ancora, Corte costituzionale, sentenza n. 32 del 2020)» (Sez. 5, n. 33693 del 28/06/2024, Biondo, Rv. 286988 01).
2.7. Nel caso di specie il Tribunale si Ł conformato ai principi indicati.
La motivazione del provvedimento impugnato, con lo specifico riferimento alla mancanza di qualsivoglia allegazione di elementi tali da evidenziare che il condannato abbia quanto meno
avvitato un percorso di revisione critica (cfr. sul punto anche la relazione penitenziaria), infatti, Ł adeguata e coerente quanto insussistenza dei presupposti richiesti dagli artt. 30-ter e 4-bis dell’ordinamento penitenziario e, quindi, dell’ammissibilità della richiesta.
Ciò anche considerato che il rilievo per cui la presentazione della richiesta di revisione non esonera l’istante dall’obbligo di assolvere gli specifici oneri di allegazione richiesti dalla norma quanto all’avvio della revisione critica risulta pertinente e che l’esigenza di coltivare le relazioni familiari posta a fondamento della richiesta e valorizzata in sede di reclamo Ł da sola inconferente.
Il rigetto del ricorso comporta la condanna al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 20/02/2025.
Il Presidente NOME COGNOME