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Permessi Legge 104: quando l’abuso è una truffa

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per truffa a carico di un dipendente per l’abuso dei permessi Legge 104. Il ricorso è stato dichiarato inammissibile poiché si limitava a riproporre le stesse argomentazioni già respinte in appello, contestando la valutazione dei fatti. La Corte ha ribadito che la falsa rappresentazione delle esigenze assistenziali per ottenere i permessi, poi usati per altri scopi, integra il reato di truffa ai danni del datore di lavoro. È stata inoltre confermata la legittimità della costituzione di parte civile dell’azienda e il diniego delle attenuanti generiche.

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Pubblicato il 5 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Abuso permessi Legge 104: la Cassazione conferma la truffa

L’abuso dei permessi Legge 104 rappresenta una problematica delicata che si colloca al confine tra diritto del lavoro e diritto penale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito importanti chiarimenti, confermando che l’utilizzo di tali permessi per finalità diverse da quelle assistenziali può configurare il reato di truffa. Analizziamo nel dettaglio la decisione per comprendere le ragioni giuridiche e le sue implicazioni pratiche.

I Fatti del Caso

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un dipendente condannato sia in primo grado che in appello per il reato di truffa, ai sensi dell’art. 640 del codice penale. L’accusa era quella di aver ottenuto permessi retribuiti, previsti dalla Legge 104/1992 per l’assistenza a un familiare con disabilità, rappresentando falsamente al proprio datore di lavoro la necessità di tale assistenza. In realtà, secondo l’accusa, il tempo concesso veniva impiegato per scopi personali, estranei all’assistenza dovuta.

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, sollevando tre motivi principali:
1. Errata qualificazione del fatto come truffa, chiedendo di ricondurlo a una fattispecie meno grave.
2. Mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche.
3. Illegittimità della costituzione di parte civile del datore di lavoro.

La qualificazione dell’abuso permessi Legge 104 come truffa

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo i motivi presentati una mera riproposizione di argomentazioni già esaminate e respinte dalla Corte d’Appello. Questo punto è cruciale: il ricorso per cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito dei fatti, ma deve limitarsi a censure di legittimità.

Gli Ermellini hanno evidenziato che la Corte territoriale aveva correttamente motivato la sussistenza di tutti gli elementi costitutivi della truffa. In particolare, è stata sottolineata l'”artificiosa rappresentazione” da parte del ricorrente delle esigenze di assistenza. Tale condotta ingannevole ha indotto in errore il datore di lavoro, portandolo a concedere i permessi retribuiti, che costituiscono un ingiusto profitto per il lavoratore con correlativo danno per l’azienda.

Le Motivazioni della Decisione

La decisione della Cassazione si fonda su principi consolidati. In primo luogo, viene ribadito il limite del sindacato di legittimità: la Corte non può sovrapporre la propria valutazione dei fatti a quella, logicamente argomentata, dei giudici di merito. Quando le sentenze di primo e secondo grado sono conformi (c.d. “doppia conforme”), il controllo si fa ancora più stringente.

Sul secondo motivo, relativo alle attenuanti, la Corte ha ritenuto adeguata la motivazione della Corte d’Appello. Il diniego è stato giustificato dall’assenza di elementi positivi da valorizzare e dalla mancata prova dell’avvenuto risarcimento del danno, che deve avvenire secondo le forme previste dalla legge. La giurisprudenza costante, infatti, ammette che il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche possa basarsi anche solo sulla mancanza di elementi di segno positivo.

Infine, anche il terzo motivo sulla costituzione di parte civile è stato respinto in quanto riproduttivo di doglianze già superate. La Corte d’Appello aveva correttamente argomentato la legittimità della costituzione dell’azienda, in quanto soggetto direttamente danneggiato dalla condotta fraudolenta del dipendente.

Conclusioni

L’ordinanza in esame conferma un orientamento giurisprudenziale rigoroso in materia di abuso dei permessi Legge 104. La Suprema Corte chiarisce che la falsa rappresentazione della realtà finalizzata a ottenere un beneficio a cui non si avrebbe diritto integra pienamente il reato di truffa. La decisione sottolinea l’importanza della specificità dei motivi di ricorso in Cassazione, che non possono risolversi in una sterile ripetizione delle difese già svolte. Per i datori di lavoro, questa pronuncia rafforza la tutela legale contro condotte abusive, mentre per i lavoratori serve da monito sull’uso corretto e responsabile di strumenti di welfare pensati per finalità solidaristiche di eccezionale importanza.

Utilizzare un permesso della Legge 104/92 per scopi diversi da quelli assistenziali può costituire reato di truffa?
Sì. Secondo la Corte, l'”artificiosa rappresentazione” di esigenze di assistenza per ottenere il permesso, che viene poi utilizzato per altre finalità, integra tutti i presupposti del reato di truffa previsto dall’art. 640 del codice penale.

Perché la Corte di Cassazione può dichiarare un ricorso inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando non presenta motivi di legittimità (cioè violazioni di legge o vizi di motivazione), ma si limita a riproporre le stesse argomentazioni già respinte nei gradi precedenti o chiede alla Corte una nuova valutazione dei fatti, compito che non le spetta.

La mancata offerta di risarcimento del danno può impedire la concessione delle attenuanti generiche?
Sì. La Corte ha confermato che la mancata prova di aver risarcito il danno, insieme all’assenza di altri elementi positivi, costituisce una valida motivazione per negare la concessione delle circostanze attenuanti generiche.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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