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Periculum in mora: sequestro su beni personali nullo

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza di sequestro preventivo limitatamente ai beni personali dell’amministratore di una società. La decisione si fonda sulla mancata dimostrazione del ‘periculum in mora’, ovvero il rischio concreto che l’indagato disperdesse il proprio patrimonio. Secondo la Corte, il rischio relativo alla società, anche se gestita in modo fraudolento, non si trasferisce automaticamente alla persona fisica, che necessita di una valutazione autonoma e specifica.

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Pubblicato il 24 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Periculum in mora: sequestro sui beni personali nullo senza prova

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 38240/2024, ha riaffermato un principio fondamentale in materia di misure cautelari reali: il sequestro preventivo sui beni personali di un amministratore richiede una motivazione specifica sul periculum in mora, che non può essere semplicemente dedotta dal rischio di insolvenza della società. Questa decisione chiarisce la netta distinzione tra il patrimonio sociale e quello individuale, anche in contesti di presunti illeciti tributari.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da un’indagine per reati tributari, in particolare per indebita compensazione di crediti inesistenti (art. 10 quater, d.lgs. 74/2000). A seguito delle indagini, il Giudice per le Indagini Preliminari aveva disposto un sequestro preventivo finalizzato alla confisca, sia in forma diretta sui beni di una società cooperativa, sia per equivalente sui beni personali del suo legale rappresentante.

Il provvedimento era stato oggetto di un primo ricorso in Cassazione, che lo aveva annullato con rinvio al Tribunale del riesame per un difetto di motivazione proprio sul periculum in mora e su uno dei capi di imputazione. Il Tribunale, in sede di rinvio, aveva confermato il sequestro, ritenendo sussistente il pericolo di dispersione patrimoniale sulla base della condotta della società, caratterizzata da una continuità operativa con altre entità sottoposte a procedure di scioglimento per aver perso lo scopo mutualistico. Contro questa nuova ordinanza, l’amministratore e la società hanno proposto un nuovo ricorso in Cassazione.

I motivi del ricorso e il ruolo del periculum in mora

Gli imputati hanno sollevato diverse questioni procedurali, ma il motivo di ricorso risultato decisivo è stato il terzo, relativo alla totale assenza di motivazione sul periculum in mora con specifico riferimento ai beni personali dell’amministratore. La difesa ha sostenuto che il Tribunale si era limitato a descrivere il rischio di recupero del profitto illecito legato alla società, utilizzando argomenti come l’uso di apparati societari fittizi e prestanomi, senza però fornire alcuna prova o argomentazione sul pericolo concreto che l’amministratore potesse, a sua volta, disperdere i propri beni personali.

In sostanza, il Tribunale aveva dato per scontato che il rischio di decozione della società si estendesse automaticamente al patrimonio del suo legale rappresentante, giustificando così l’aggressione cautelare anche su quest’ultimo.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’amministratore, ritenendo fondata la censura. I giudici hanno chiarito che, sebbene il Tribunale avesse correttamente identificato il periculum in mora per la società, aveva completamente omesso di motivare in relazione alla posizione dell’indagato.

La sentenza impugnata menzionava il succedersi di diversi soggetti giuridici per eludere i controlli e l’uso di prestanomi, ma queste ragioni non erano state ‘chiaramente riferibili a soggetti diversi’ dalla società. Mancava, infatti, ‘alcun accenno all’indagato e al pericolo di dispersione dei suoi beni’.

La Corte ha quindi ribadito che il giudice deve esporre le ragioni specifiche che sostengono l’anticipazione dell’effetto ablativo rispetto al patrimonio dell’indagato. La pericolosità della società o il rischio che questa disperda il proprio patrimonio non sono elementi sufficienti per presumere un analogo pericolo per i beni personali del suo amministratore. È necessaria una valutazione autonoma, basata su elementi concreti che dimostrino il rischio che anche la persona fisica possa compiere atti volti a rendere inefficace la futura confisca.

Le conclusioni

La sentenza consolida un importante baluardo di garanzia per l’indagato. Stabilisce che il sequestro per equivalente sui beni personali di un amministratore non può essere una conseguenza automatica del sequestro diretto sulla società. Il giudice ha l’obbligo di fornire una motivazione rafforzata e autonoma sul periculum in mora relativo al patrimonio della persona fisica. In assenza di tale motivazione, che deve basarsi su elementi concreti e non su mere presunzioni, il sequestro sui beni personali è illegittimo e deve essere annullato. La Corte ha quindi annullato l’ordinanza limitatamente a questo punto, rinviando al Tribunale per un nuovo esame che dovrà attenersi a questo principio.

Il rischio di fallimento di una società giustifica automaticamente il sequestro dei beni personali del suo amministratore?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che il ‘periculum in mora’ relativo al patrimonio della società non si trasferisce automaticamente a quello dell’amministratore. È necessaria una motivazione specifica e autonoma che dimostri il rischio di dispersione anche dei beni personali.

Cosa significa ‘periculum in mora’ in un sequestro preventivo?
Significa ‘pericolo nel ritardo’ e indica il rischio concreto e attuale che, nelle more del processo, i beni costituenti il profitto del reato o ad esso collegati possano essere dispersi, nascosti o distrutti, rendendo così inefficace un’eventuale futura confisca.

Quali sono i poteri del giudice del rinvio dopo un annullamento della Cassazione in questo specifico caso?
Poiché l’annullamento originario era avvenuto a seguito di un ricorso ‘per saltum’, il giudice del rinvio aveva pieni poteri di cognizione. Poteva quindi riesaminare tutti gli elementi del caso, inclusa la sussistenza delle esigenze cautelari, e riformulare una nuova motivazione senza essere vincolato a una semplice integrazione di quella precedente, che era stata giudicata mancante.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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