Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 12675 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 12675 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 01/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Catania il DATA_NASCITA rappresentato ed assistito dall’AVV_NOTAIO, di fiducia avverso la ordinanza in data 23/11/2023 del Tribunale di Catania; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
preso atto che è stata avanzata rituale richiesta dalle parti di trattazione orale ai sensi degli artt. 611, comma 1-bis cod. proc. pen., 23, comma 8, dl. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, prorogato in forza dell’art. 5-duodecies del d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199 e, da ultimo, dall’art. 17 del d.l. 22 giugno 2023, n. 75, convertito con modificazioni dalla legge 10 agosto 2023, n. 112;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; udita la requisitoria con la quale il Sostituto procuratore generale, NOME COGNOME, ha concluso per il rigetto del ricorso; udita la discussione della difesa del ricorrente’ AVV_NOTAIO, che si
è riportato ai motivi di ricorso chiedendone l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 23/11/2023, il Tribunale di Catania annullava il decreto di sequestro preventivo ex artt. 321, comma 2, cod. D roc. pen. e 240-bis cod. pen. finalizzato alla successiva confisca per sproporzione, emesso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catania in data 16/10/2023 a carico di NOME COGNOME, limitatamente ai monili e ai gioielli indicai:i dal n. 2) al n. 14 del dispositivo, ordinandone la restituzione all’avente diritto, confermando nel resto il provvedimento impugnato in relazione al quale era stato disposto il vincolo reale sul denaro contante rinvenuto, a seguito di perquisizione, nell’abitazione del COGNOME, indagato per usura (capi 5 e 6).
Avverso la predetta ordinanza, nell’interesse di NOME COGNOME, è stato proposto ricorso per cassazione, i cui motivi vengono di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
Primo motivo: violazione di legge con riferimento agli artt. 125, comma 3 e 321 cod. proc. pen. per assenza di motivazione in ordine al fumus delicti commissi del delitto di cui al capo 12 (art. 512-bis cod. pen.), in quanto i provvedimento impugnato si sofferma solo in ordine ai capi 5′, e 6).
Secondo motivo: violazione di legge con riferimento agli artt. 125, comma 3 e 321 cod. proc. pen. per assenza di motivazione in ordine al criterio della ragionevolezza temporale, essendosi formato giudicato cautelare sul punto in forza della precedente sentenza di questa Suprema Corte (Sez. 2, sent. n. 1323/2024 del 07/12/2023, dep. 2024) resa con riferimento ad un precedente decreto di sequestro preventivo, emesso nell’ambito dello stesso procedimento in data 13/06/2023, nei confronti di NOME COGNOME.
Terzo motivo: violazione di legge con riferimento agli artt. 125, comma 3 e 321 cod. proc. pen. per assenza di motivazione in ordine alle deduzioni ed allegazioni difensive relative alla presunzione di sproporzicne, con le quali il ricorrente aveva fornito dimostrazione, tramite due consulenze di parte che la somma di euro 13.400 sequestrata trovava giustificazione negli incassi derivanti dall’attività di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (RAGIONE_SOCIALE) situata all’interno di un noto e grande centro commerciale (Katanè, in Gravina di Catania), di cui il COGNOME è titolare.
Quarto motivo: violazione di legge con riferimento agli artt. 125, comma 3 e 321 cod. proc. pen. per assenza di motivazione, ovvero motivazione apparente, in ordine alla sussistenza del periculum in mora. Ritenere sufficiente – come è avvenuto – la circostanza della conoscenza del procedimento a suo carico per
giustificare la necessaria anticipazione dell’effetto ablativo della confisca rispett alla definizione del giudizio, comporta che la circostanza che la notifica del decreto e, quindi, della conoscenza del procedimento, darebbe autoreferenzialità allo stesso decreto.
CONSIDERATO INI DIRITTO
1. Il ricorso è fondato in relazione al solo quarto motivo proposto; nel resto, lo stesso si profila inammissibile.
Va evidenziato in premessa che, il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli “errores in iudicando” o “in procedendo”, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e, quindi, inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez. 2, n. 49739 del 10/10/2023, Mannolo, Rv. 285608, in fattispecie assimilabile alla presente, relativa a sequestro preventivo, in cui la Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso che, a fronte di un’approfondita valutazione del Tribunale del riesame degli elementi reddituali del ricorrente, aveva riproposto, sotto il profilo dell’omessa o carente motivazione, questioni riguardanti l’epoca di realizzazione del bene e l’accertamento della sproporzione; nello stesso senso, Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017, Napoli, Rv., 269656).
3. Manifestamente infondato è il primo motivo.
La misura cautelare reale ha riguardato i soli reati di usura (capi 5 e 6 dell’incolpazione), essendo stata esclusa la sussistenza del fungus commissi delicti per ogni altra diversa ipotesi di reato in contestazione (ivi compreso il capo 12, art. 512-bis cod. pen.).
4. Manifestamente infondato è il secondo motivo.
Il provvedimento impugnato, dopo aver dato atto dell’esistenza del fumus commissi delicti in relazione ai capi 5) e 6), emerso “dalle dichiarazioni delle persone offese e dagli ulteriori elementi di indagine, quali gli esiti dei servizi o.c.p. dai quali emergeva la singolare condotta dell’indagato che girovagava per le abitazioni di diversi soggetti, ove si tratteneva per pochi minuti, lasciand ipotizzare che lo stesso procedesse personalmente alla riscossione delle rate usurarie, e le attività tecniche di intercettazione dalle quali emergeva come
all’esito delle visite effettuate il COGNOME fosse solito appartarsi all’interno de propria autovettura dove conteggiava le banconote ricevute”, del requisito della sproporzione e della presunzione relativa della derivazione illecita della ricchezza (denaro contante), ha escluso che l’interessato fosse riuscito a fornire la prova della legittima provenienza del bene, in quanto il COGNOME ”è risultato essere in possesso di una cospicua somma di denaro in contanti, la cui detenzione non risulta proporzionata rispetto ai suoi guadagni e, in assenza d i alcuna allegazione difensiva a dimostrazione della legittima provenienza, tale denaro può essere oggetto di sequestro perché verosimilmente proveniente dall’attività criminosa del COGNOME … si trattava di banconote suddivise in mazzette da 1.000,00 euro o dal 500,00, con evidente richiamo a quanto dichiarato dalle persone offese circa l’importo fisso dei prestiti elargiti …”.
Fermo quanto precede, il ricorrente lamenta il “silenzio” del provvedimento in ordine alla valutazione in merito alla “ragionevolezza temporale”, evocando il contenuto della precedente ordinanza del Tribunale di Catania in data 13/06/2023 che, in relazione ai reati di cui ai capi 5) e 6), aveva escluso la ricorrenza de presupposto in parola: trattasi, all’evidenza, di indicazione del tutto fuorviante, i quanto il precedente provvedimento di dissequestro disposto in data 13/06/2023, aveva avuto ad oggetto non – come nella fattispecie – il denaro contante bensì il portafoglio di investimenti e gli strumenti finanziari (rispettivamente portafoglio d investimenti n. 17010006503 costituito da Fondi, Sicav e Polizze RAGIONE_SOCIALE, per un totale di euro 186.778,00 e portafoglio di investimenti n. 17010006503 costituito da buoni del tesoro poliennali per un totale di euro 275.056,00), entrambi di comprovato acquisto nel 2008, ossia in un tempo compreso tra i dieci e i tredici anni precedenti rispetto ai fatti di usura contesl:ati ai capi 5) d’incolpazione (commessi, questi ultimi, tra il 2018 ed il 2021).
Al contrario, con riferimento al denaro contante rinvenuto nella disponibilità del COGNOME e di cui è stato confermato il sequestro, proprio la corrente disponibilità dello stesso non altrimenti giustificabile e/o giustificata, consente eludere il dato della distanza temporale (che, inevitabilmente, viene meno, non dovendosi parametrare il possesso del bene alla data del suo conseguimento) e di far ritenere provata, in re ipsa, la presunzione dell’illegittima acquisizione.
5. Manifestamente infondato è il terzo motivo.
Il provvedimento impugnato ha dato atto dell’esistenza in capo al COGNOME di flussi reddituali in entrata lecitamente dichiarati di modica entità e, di contro, del possesso, da parte dello stesso, di una cospicua somma di denaro in contanti (su cui rimane il vincolo reale), del tutto sproporzionata – per ritenut squilibrio incongruo e significativo tra i guadagni leciti ed il patrimonio posseduto
dall’interessato – rispetto ai suoi guadagni e che, in assenza cli alcuna allegazione difensiva a dimostrazione della legittima provenienza, può essere oggetto di sequestro.
Fermo quanto precede, in presenza di una così evidente ritenuta sproporzione tra guadagni leciti e patrimonio posseduto, tale da rendere gravemente sospetto che il compendio sequestrato corrisponda al profitto del reato, è comunque impedito – anche tenuto conto dei ristretti tempi procedimentali – al Tribunale del riesame di compiere mirati accertamenti ovvero approfondimenti per verificare il rispetto del principio di proporzionalità, con la conseguenza che i destinatario del provvedimento di coercizione reale può presentare apposita istanza di riduzione della garanzia al pubblico ministero e, in caso di provvedimento negativo del giudice per le indagini preliminari, può impugnare l’eventuale decisione sfavorevole con l’appello cautelare (cfr., Sez. 2, n. 36464 del 21/07/2015, COGNOME, Rv. 265057; Sez. 2, n. 26340 del 28/02/2018, Ferrara, Rv. 272882; Sez. 3, n. 29431 del 10/05/2019, COGNOME, Rv. 276272).
6. Fondato è il quarto motivo.
In relazione alla valutazione del presupposto del periculum in mora, si è in presenza di una motivazione ellittica, come tale del tutto insufficiente a legittimare il provvedimento di cautela reale e tale da integrare la violazione di legge denunciata, essendosi apoditticamente affermato che ‘l’indagato … ben consapevole della sussistenza del procedimento a suo carico, ben potrebbe occultare o disperdere detti beni, frustrando le esigenze di tutela”.
Si afferma in giurisprudenza che i provvedimenti di sequestro preventivo finalizzati alla confisca “allargata” di cui all’art. 240-bis cod. pen. devono contener una concisa motivazione in ordine alla sussistenza del “perículum in mora”, illustrando, nel rispetto dei criteri di adeguatezza e di proporzionalità della misura reale, le ragioni che rendono necessaria l’anticipazione dell’effetto ablativo rispetto alla definizione del giudizio (Sez. 5, n. 44221 del 29/09/2022, COGNOME, Rv. 283810, nella cui parte motiva la Corte ha chiarito che tra le ragioni anticipatorie, sufficie a sostenere l’onere motivazionale richiesto, rientrano quelle attinenti al fatto che il bene potrebbe essere, nelle more del giudizio, modificato, disperso, deteriorato, utilizzato o alienato): motivazione, nella specie, del tutto mancante.
7. Da qui:
-l’annullamento dell’ordinanza impugnata limitatamente alla valutazione inerente al “periculum in mora”, con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Catania, competente ai sensi dell’art. 324, comma 5, cod. proc. pen.;
-la declaratoria di inammissibilità nel resto del ricorso.
Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente alla valutazione inerente al “periculum in mora”, e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Catania, competente ai sensi dell’art. 324, comma 5, cod. proc. pen. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso. Così deciso in Roma il 01/03/2024.