Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 4256 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 4256 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 15/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME COGNOME nato a Castellammare di Stabia il 12-03-1964, avverso l’ordinanza del 06-03-2024 del Tribunale di Napoli; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni rassegnate dal Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott. NOME COGNOME che ha chiesto di rigettare il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 6 marzo 2024, il Tribunale del riesame di Napoli rigettava l’appello cautelare reale proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso il provvedimento del 9 gennaio 2024, con cui il G.I.P. del Tribunale di Torre Annunziata aveva rigettato l’istanza di revoca del sequestro preventivo della somma di 876.718 euro, disposto dal medesimo G.I.P. con decreto del 30 ottobre 2023 in relazione al reato di cui agli art. 81 cod. pen. e 4 del d. lgs. n. 74 del 2000.
Avverso l’ordinanza del Tribunale partenopeo, COGNOME ha proposto, tramite il suo difensore di fiducia, ricorso per cassazione, sollevando un unico motivo, con cui difesa contesta il giudizio sulla sussistenza del periculum in mora , evidenziando che i giudici cautelari non si sono posti in sintonia con i principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità (il riferimento è alla sentenza delle Sezioni Unite n. 36959 del 2021, ricorrente Ellade), omettendo di considerare che l’indagato dispone di un patrimonio superiore 10 volte superiore al profitto da sanzionare: era stato documentato, infatti, che COGNOME è proprietario di ben 26 immobili tra Napoli e Cosenza, per cui, pur a fronte del tentativo di vendita di un singolo bene, occorreva tenere conto della garanzia di completa esecuzione della confisca offerta dal residuo e rilevante asse patrimoniale dell’indagato .
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
1. In via preliminare, occorre richiamare l’affermazione delle Sezioni Unite di questa Corte (cfr. sentenza n. 36959 del 24/06/2021, Rv. 281848, ricorrente Ellade), secondo cui il provvedimento di sequestro preventivo di cui all’art. 321, comma 2, cod. proc. pen., finalizzato alla confisca ex art. 240 cod. pen., deve contenere la concisa motivazione anche del ‘ periculum in mora ‘, da rapportare alle ragioni che rendono necessaria l’anticipazione dell’ effetto ablativo della confisca rispetto alla definizione del giudizio, salvo restando che, nelle ipotesi di sequestro delle cose la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione o alienazione costituisca reato, la motivazione può riguardare la sola appartenenza del bene al novero di quelli confiscabili ‘ ex lege ‘. Si è infatti sottolineato che il decreto di sequestro deve spiegare, in linea con la ratio della misura cautelare reale in oggetto, per quali ragioni si ritenga di anticipare gli effetti della confisca che, diversamente, nascerebbero solo a giudizio concluso, per cui la valutazione del periculum non potrà non riguardare esattamente tale aspetto, dando cioè atto degli elementi indicativi del fatto che la definizione del giudizio non possa essere attesa, posto che, diversamente, la confisca rischierebbe di divenire
successivamente impraticabile. Ciò comporta, tuttavia, la diversa modulazione del contenuto motivazionale del provvedimento a seconda, non già della diversa tipologia formale della confisca cui il sequestro è finalizzato (se, cioè, definita, dalla legge, come obbligatoria ovvero come facoltativa), ma dei riflessi del necessario giudizio prognostico sull’ an del sequestro. Nessun utile parametro può infatti essere rappresentato dalla qualificazione formale della confisca come obbligatoria o come facoltativa, e ciò non solo perché una tale distinzione appare riposare semplicemente sulla scelta normativa di qualificare in un senso o nell’altro le predette misure non in base alle loro caratteristiche, spesso coincidenti, in ambedue le ipotesi, nei presupposti e nella funzione, bensì in ragione della tipologia di reato cui collegare le stesse, ma soprattutto perché non congruente rispetto al criterio di valutazione rappresentato dall’anticipata apprensione di un bene che, ove il giudizio si definisse favorevolmente, non potrebbe essere confiscato, in tale valutazione ben potendo rientrare anche cose definite dal legislatore come obbligatoriamente confiscabili. Si è quindi chiarito che la distinzione tra confisca obbligatoria e facoltativa rischia in tal senso di essere artificiosa e foriera di conseguenze illogiche, non comprendendosi perché, per restare al caso del sequestro di un bene quale profitto del reato, la prescrizione che imponga la confisca del bene all’esito del giudizio e unicamente a seguito di una pronuncia di condanna o di applicazione della pena dovrebbe, per ciò solo, nel caso di cui all’art. 322 ter cod. pen., esentare il giudice della cautela, a differenza di quanto richiesto dall’art. 240 cod. pen., dall’onere di spiegare perché, ancor prima che tali condizioni si realizzino, il bene debba essere sequestrato, in tal modo finendosi, infatti, per eludere un presupposto posto dal legislatore a garanzia del principio di presunzione di non colpevolezza. Del resto, anche a volersi fondare sulla sola caratterizzazione normativa della misura, il fatto che la confisca sia stabilita come ‘obbligatoria’ non basterebbe, evidentemente, a rendere ‘obbligatorio’ anche il sequestro dell’art. 321, comma 2, cod. proc. pen., se non altro perché, sulla base di detta norma generale e onnicomprensiva, il giudice, come già osservato, ‘può’, e quindi non ‘deve’, adottare la misura cautelare. Se, dunque, il criterio su cui plasmare l’onere motivazionale del provvedimento di sequestro in oggetto va rapportato alla natura anticipatrice della misura cautelare, deve ritenersi necessario, secondo le Sezioni Unite, che il provvedimento, con riferimento al sequestro che abbia ad oggetto cose profitto del reato, si soffermi sulle ragioni per le quali il bene potrebbe, nelle more del giudizio, essere modificato, disp erso, deteriorato, utilizzato od alienato. Un’esigenza, questa, rapportata appunto alla ratio della misura cautelare volta a preservare, anticipandone i tempi, gli effetti di una misura che, ove si attendesse l’esito del processo, potrebbero essere vanificati dal trascorrere del tempo, di cui non si può
non cogliere il parallelismo rispetto al sequestro conservativo ex art. 316 cod. proc. pen. che, analogamente, e con riferimento, tuttavia, alla necessità di garantire l’effettività delle statuizioni relative al ‘pagamento della pena pecuniaria, delle spese di procedimento e di ogni altra somma dovuta all’erario dello Stato’, presenta le stesse caratteristiche di preservazione della operatività di dette statuizioni, anch’esse condizionate alla definitività de lla pronuncia cui accedono. Tale impostazione è stata ripresa dall’evoluzione giurisprudenziale successiva alla citata sentenza delle Sezioni Unite, essendosi ribadito (cfr. Sez. 3, n. 47054 del 22/09/2022, Rv. 283910 e Sez. 3, n. 37727 del 22/06/2022, Rv. 283694) che il provvedimento di sequestro preventivo finalizzato alla confisca obbligatoria ex art. 12 bis del d.lgs. n. 74 del 2000, deve contenere la concisa motivazione anche del ‘ periculum in mora ‘, da rapportare alle ragioni che rendono necessaria l’anticipazione dell’effetto a blativo rispetto alla definizione del giudizio, dovendosi escludere ogni automatismo decisorio che colleghi la pericolosità alla mera natura obbligatoria della confisca, in assenza di previsioni di segno contrario.
Ciò premesso, deve evidenziarsi che il Tribunale ha operato buon governo di tali coordinate interpretative , peraltro richiamate nell’ordinanza impugnata. I giudici del riesame, infatti, hanno legittimamente ritenuto sussistente il pericolo che i beni nella disponibilità di NOME possano essere sottratti alla confisca obbligatoria prevista per il reato contestato, ciò in ragione del fatto che l’indagato , tra il 2019 e il 2021, ha posto in essere per un triennio una sistematica operazione, in sede di dichiarazione dei redditi, di sottrazione delle voci attive e di indicazione di elementi passivi inesistenti, condotta questa che, oltre a comprovare l’esistenza di un ostinato progetto, protratto nel tempo, teso a garantire un rilevante accumulo di profitto illecito attraverso l’evasione dell’ imposta dovuta, vale a rendere concreto il pericolo che il ricorrente, in attesa della definizione del giudizio, possa disperdere le garanzie patrimoniali disfacendosi dei beni di cui è titolare.
Orbene, con le pertinenti considerazioni dell’ordin anza impugnata, il ricorso non si confronta adeguatamente, proponendo censure motivazionali e sollecitando differenti valutazioni di merito che esulano dal perimetro del giudizio di legittimità in materiale cautelare reale, dovendosi in proposito ribadire (cfr. Sez. 2, n. 37100 del 07/07/2023, Rv. 285189) che il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio ez art. 325 cod. proc. pen. è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli ‘ errores in iudicando ‘ o ‘ in procedendo ‘, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ra gionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice, errori e vizi che non appaiono affatto configurabili nel caso di specie.
Alla stregua di tali considerazioni e in conformità con le conclusioni del P rocuratore generale, il ricorso proposto nell’interesse di COGNOME deve essere quindi rigettato, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell’ art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 15.10.2024