Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 20078 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 20078 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 15/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE in persona del procuratore NOME COGNOME avverso l’ordinanza del 06/09/2024, del Tribunale di Milano; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato; udito, per la ricorrente, l’avv. NOME RAGIONE_SOCIALE, anche in sostituzione dell’avv. NOME COGNOME che ha concluso insistendo per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 06/09/2024, il Tribunale di Milano ha rigettato il riesame cautelare proposto dalla società RAGIONE_SOCIALE avverso il decreto di sequestro preventivo del Giudice delle indagini preliminari del predetto Tribunale del 08/07/2024, avente ad oggetto l’immobile intestato alla ricorrente sito nel comune di Villafranca Padovana (PD), INDIRIZZO, nonché i beni oggetto del magazzino contabile della RAGIONE_SOCIALE denominato AT 4 RI area sequestro, beni sui quali era stato eseguito il sequestro preventivo della somma di euro 5.039.260,08, come originariamente disposto, per l’illecito amministrativo di cui all’art. 25sexiesdecies d.lgs. n. 231 del 2001, in relazione agli artt. 292 e 295, comma 2, lett. c) e d-bis), d.P.R. n. 43 del 1973, in dipendenza del reato di sottrazione di merci importate dalla Cina al pagamento dei dovuti dazi antidumping (Reg. UE 1012/2018 e 73/2019), dazi compensativi (Reg. UE 72/2019) e relativa IVA all’importazione, commesso nell’interesse e a vantaggio della società RAGIONE_SOCIALE, da COGNOME NOME, soggetto in posizione apicale in seno alla predetta società.
Avverso l’indicata ordinanza, la società RAGIONE_SOCIALE a mezzo dei difensori di fiducia, propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
2.1 Con il primo motivo, la ricorrente lamenta violazione degli artt. 53 d.lgs. n. 231 del 2001 e 321, comma 2, cod. proc. pen., in relazione all’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., per insussistenza del presupposto del periculum in mora.
In sintesi, la ricorrente deduce che l’ordinanza impugnata si è limitata ad affermare che il rischio di dispersione delle garanzie patrimoniali sarebbe da ravvisarsi nelle condotte fraudolente commesse dagli imputati, nonché nel fatto che la solvibilità di Atala era negativa considerando l’assenza di liquidità, nonostante la giurisprudenza di legittimità sia orientata nel senso che il sequestro preventivo non possa essere disposto in considerazione del rilevante importo del profitto asseritamente conseguito, nè in ragione della incapienza del patrimonio del destinatario del provvedimento ablativo, occorrendo in ogni caso un quid pluris che giustifichi l’effetto ablativo anticipato , rispetto alla condanna che disponga la confisca.
Sostiene, infatti, la ricorrente che non sussiste il rischio di modifica, dispersione, deterioramento, alienazione della cosa suscettibile di confisca, essendo la società ricorrente del tutto solida dal punto di vista reddituale e patrimoniale.
Del resto, nell’ambito del sistema disciplinato dal d.lgs. n. 231 del 2001, la confisca è espressamente qualificata come una sanzione ed il sequestro, conseguentemente, si traduce in una anticipazione della sanzione, e ben può
assumere una incidenza tale da produrre effetti irreversibili rispetto alla sopravvivenza stessa dell’ente, come quando il vincolo ricade su risorse patrimoniali talmente ingenti da determinare l’impossibilità della prosecuzione dell’attività aziendale oppure – come nel caso di specie – su beni strumentali indispensabili per la prosecuzione dell’impresa.
2.2 Con il secondo motivo, la ricorrente lamenta violazione degli artt. 42 Cost., 1 prot. add. Edu ., 125, 321 e 275 cod. proc. pen., in relazione all’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., per inosservanza dei principi di proporzionalità e adeguatezza, omessa motivazione sul punto.
Deduce la difesa che il principio di proporzionalità e adeguatezza è applicabile anche alle misure cautelari reali, al fine di evitare una esasperata compressione del diritto di proprietà e di libertà di iniziativa economica, che quindi non può essere precluso a fronte di risultati positivi di bilancio sotto il profilo patrimoniale e reddituale, basandosi sull’analisi di un indicatore singolo di liquidità, considerato per un solo esercizio, laddove risulti una solidità aziendale destinata a durare nel tempo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso è fondato ed il secondo assorbito.
2. Le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato (n. 36959 del 24/6/2021, Ellade, Rv. 281848) che il provvedimento di sequestro preventivo di cui all’art. 321, comma 2, cod. proc. pen., finalizzato alla confisca di cui all’art. 240 cod. pen., deve contenere la concisa motivazione anche del “periculum in mora”, da rapportare alle ragioni che rendono necessaria l’anticipazione dell’effetto ablativo della confisca rispetto alla definizione del giudizio, salvo restando che, nelle ipotesi di sequestro delle cose la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione o alienazione costituisca reato, la motivazione può riguardare la sola appartenenza del bene al novero di quelli confiscabili “ex lege”.
Tanto in modo da garantire coerenza con i criteri di proporzionalità, adeguatezza e gradualità della misura cautelare reale, evitando appunto un’indebita compressione di diritti costituzionalmente e convenzionalmente garantiti, quali il diritto di proprietà o la libertà di iniziativa economica, la trasformazione della misura cautelare in uno strumento, in parte o in tutto, inutilmente vessatorio. Ed è stato conseguentemente aggiunto come l’indicazione che la definizione del giudizio non possa essere attesa, posto che, diversamente, la confisca rischierebbe di divenire, successivamente, impraticabile, comporti una diversa modulazione del contenuto motivazionale del provvedimento coercitivo, dove «è il parametro della “esigenza anticipatoria” della confisca a dovere fungere
da criterio generale cui rapportare il contenuto motivazionale del provvedimento, con la conseguenza che, ogniqualvolta la confisca sia dalla legge condizionata alla sentenza di condanna o di applicazione della pena, il giudice sarà tenuto a spiegare, in termini che, naturalmente, potranno essere diversamente modulati a seconda delle caratteristiche del bene da sottrarre, e che in ogni caso non potranno non tenere conto dello stato interlocutorio del provvedimento, e, dunque, della sufficienza di elementi di plausibile indicazione del periculum, le ragioni della impossibilità di attendere il provvedimento definitorio del giudizio» (Sez. U, n. 36959 del 24/06/2021, cit., in motivazione).
E’ stato così affermato dal Supremo consesso che nessun «utile parametro» può essere rappresentato dalla qualificazione formale della confisca come obbligatoria (per la quale, secondo un certo indirizzo, nessun obbligo motivazionale si porrebbe) o, invece, come facoltativa (per la quale sola, invece, il giudice sarebbe tenuto a motivare): «e ciò non solo perché una tale distinzione appare riposare semplicemente sulla scelta normativa di qualificare in un senso o nell’altro le predette misure non in base alle loro caratteristiche, spesso coincidenti, in ambedue le ipotesi, nei presupposti e nella funzione, bensì in ragione della tipologia di reato cui collegare le stesse, ma soprattutto perché, appunto, non congruente rispetto al criterio di valutazione rappresentato dalla anticipata apprensione di un bene che, ove il giudizio si definisse favorevolmente, non potrebbe essere confiscato, in tale valutazione ben potendo rientrare anche cose definite dal legislatore come obbligatoriamente confiscabili».
La ratio della misura è, infatti, quella di preservare, anticipandone i tempi, gli effetti di una misura che, ove si attendesse l’esito del processo, potrebbero essere vanificati dal trascorrere del tempo, rendendosi dunque necessario che il provvedimento si soffermi sulle ragioni per le quali il bene potrebbe, nelle more del giudizio, essere modificato, disperso, deteriorato, utilizzato od alienato.
Secondo la sentenza Ellade, pertanto, la motivazione del decreto di sequestro preventivo ex art. 321, comma 2, cod. proc. pen. deve avere ad oggetto il pericolo che, nelle more del giudizio, la cosa, suscettibile di confisca, venga modificata, dispersa, deteriorata, utilizzata o alienata, sicché l’apprensione si rende necessaria perché, diversamente, la confisca rischierebbe di divenire, successivamente, impraticabile, senza che rilevi, di conseguenza, la natura (obbligatoria o facoltativa) della confisca, né la funzione concretamente assolta dalla stessa (misura di sicurezza, sanzione, misura amministrativa), avendo il principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite valenza “trasversale”, dichiaratamente applicabile a tutti i casi di confisca obbligatoria, la cui natura, dunque, non esime il giudice della cautela dall’obbligo di dare conto delle ragioni dell’anticipata apprensione dei bene o del denaro, essendo la natura obbligatoria predicato della
confisca, non anche del sequestro che la precede (Sez.3, n. 4920 del 23/11/2022, dep.06/02/2023, Rv. 284313).
Ed anche in tema di responsabilità da reato degli enti e persone giuridiche, il sequestro preventivo ex art. 53 d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231, dei beni che costituiscono prezzo e profitto del reato dei quali è obbligatoria la confisca, anche per equivalente, deve contenere la concisa motivazione del “periculunn in mora”, da rapportare – nel rispetto dei criteri di adeguatezza e proporzionalità della misura reale – alle ragioni che rendono necessaria l’anticipazione dell’effetto ablativo rispetto alla definizione del giudizio (Sez. 6, n. 14047 del 13/02/2024, Rv. 286297).
3. Tanto premesso, va osservato che, nella specie, il provvedimento impugnato, nel richiamare il provvedimento del giudice delle indagini preliminari, ha evidenziato come gli indici di solvibilità immediata della società (margine di tesoreria e quoziente di tesoreria) deponessero per una solvibilità negativa, considerando l’assenza di liquidità e la discesa degli indici di solvibilità dallo 0,93 del 2022 allo 0,432 del 2023, e come l’esposizione debitoria della società nei confronti degli Istituti di credito, per come emergente dall’analisi dei bilanci della società, si fosse quadruplicata, da 3.752.065,00 a 12.496.320,00 euro, a fronte di un aumento delle disponibilità finanziarie con proporzioni molto meno significative rispetto all’aumento dell’esposizione debitoria.
In tal modo, tuttavia, il Tribunale ha adottato una motivazione con la quale ha ancorato l’affermazione del periculum alla titolarità di un patrimonio societario non tale da garantire in prospettiva quello suscettibile di confisca, senza però valorizzare le ragioni per le quali il bene, nelle more del giudizio, potrebbe essere modificato, disperso, deteriorato, utilizzato od alienato, così individuando sintomi di un concreto pericolo di dispersione del credito fiscale derivante dal mancato pagamento dei dazi doganali sulle merci importate dalla Cina; esigenza, questa, rapportata appunto alla ratio della cautela, volta a preservare, anticipandone i tempi, gli effetti di una misura che, ove si attendesse l’esito del processo, potrebbero risultare vanificati.
Deve, infatti, escludersi ogni automatismo decisorio che colleghi il pericolo di dispersione, utilizzazione o alienazione del bene al generico riferimento all’incapienza della società (Sez. 3, n. 31025 del 06/04/2023, COGNOME, Rv. 285042; nello stesso senso, più di recente, Sez. 3, n. 15487 del 20/11/2024, dep. 2025, COGNOME), vale a dire al caso in cui il patrimonio del soggetto passibile di ablazione sia di consistenza inferiore alla somma sino alla cui concorrenza questa dovrebbe operare, non coincidendo il presupposto applicativo del sequestro preventivo con quello della mancanza o della insufficienza della garanzia patrimoniale, previsto per il solo sequestro conservativo.
In altri termini, se la maggiore o minore solidità patrimoniale del soggetto destinatario della misura è elemento da tenere in debita considerazione nel giudizio in esame, non può farsene tuttavia derivare alcun automatismo, né in un senso, né nell’altro, a pena di vanificare l’obbligo di motivazione che le Sezioni unite hanno inteso rafforzare: se la consistenza e solidità del patrimonio del soggetto passibile di confisca ragionevolmente riduce il pericolo di dispersione dei beni e valori confiscabili, non si può invece ritenere che, a fronte della titolarità di un patrimonio inferiore a quello suscettibile di confisca, il periculum in mora sia per ciò solo esistente, così da esonerare il giudice della cautela dall’obbligo di rendere la necessaria motivazione (Sez. 3, n. 27406 del 16/05/2024, COGNOME).
In tal modo si finirebbe, infatti, con l’equiparare il sequestro preventivo finalizzato alla confisca di una somma di denaro al sequestro conservativo di cui all’art. 316 cod. proc. pen., che, in alternativa al pericolo di dispersione della garanzia patrimoniale esistente al momento dell’adozione della misura, considera anche quello fondato sulla mera mancanza o insufficienza di detta garanzia, in tal caso non occorrendo (Sez. U, n. 51660 del 25/09/2014, COGNOME, Rv. 261118; Sez. 2, n. 51576 del 04/12/2019, COGNOME Rv. 277813) che sia simultaneamente configurabile un futuro depauperamento del debitore, essendo sufficiente un giudizio prognostico negativo in ordine alla conservazione delle garanzie patrimoniali del debitore, essendo irrilevante che le stesse possano essere disperse per effetto dell’attività di quest’ultimo o per ragioni indipendenti dalla sua condotta e dovendo essere valutate in senso negativo anche le operazioni che rendano semplicemente più difficile il recupero del credito (così, Sez. 4, n. 39524 del 21/06/2016, COGNOME, Rv. 268873).
Diversamente nel caso del sequestro preventivo, in ragione della diversa disciplina e della diversa ratio, in cui non appare consentito fondare il presupposto sulla sola mancanza o insufficienza della garanzia patrimoniale.
In conclusione, nell’ambito del perimetro del giudizio di legittimità in tema di misure cautelari reali, limitato ex art. 325 cod. proc. pen. ai soli profili di violazione di legge, la motivazione dei giudici cautelari, omettendo di valorizzare elementi concreti desunti dal contesto operativo descritto, dimostrativi di un reale pericolo di dispersione, in relazione alla futura esecuzione del provvedimento di confisca, tale da legittimare una apprensione anticipata del bene rispetto alla definizione del giudizio, è incorsa nella valutazione automatica non più consentita successivamente alla pronuncia delle Sez. U, Ellade, in tal modo violando l’art. 321 cod. proc. pen. dalle stesse interpretato.
L’ordinanza impugnata deve essere perciò annullata, con rinvio al Tribunale di Milano, perché proceda a nuovo giudizio, tenendo conto dei principi di diritto sopra enunciati.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di
Milano competente ai sensi dell’art. 324, co. 5, cod. proc. pen.
Così deciso nella camera di consiglio del 15/04/2025.