Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 2015 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 2015 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, nato a GENOVA il DATA_NASCITA, nella qualità di legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE
avverso l’ordinanza del 10/07/2023 del Tribunale di Genova visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale del riesame di Genova, con l’ordinanza impugnata in questa sede, ha rigettato l’istanza di riesame proposta nell’interesse della società RAGIONE_SOCIALE, avverso il decreto del G.i.p. del Tribunale di Genova in data 10 luglio 2023, che aveva convalidato il sequestro preventivo, ai sensi degli artt. 19 e 53 d. Igs. 231/2001, in via diretta (e, in mancanza, per equivalente) del profitto del reato presupposto di cui all’art. 416 cod. pen., quantificato in euro 461.654,48.
Ha proposto ricorso la difesa della società deducendo, con unico motivo, violazione di legge, per apparenza della motivazione, circa la sussistenza del necessario requisito del periculum in mora.
Risultava insufficiente la motivazione dimostrativa del periculum, che faceva riferimento alla sola caratteristica del denaro, senza alcun fatto sintomatico della propensione alla dispersione; non veniva considerato che nei bilanci di verifica degli anni 2021 e 2022 vi erano riserve (fondi rischi), implementati e aumentati in quegli anni, circostanza che si poneva in totale contrasto con tale ipotesi.
La prosecuzione dell’attività d’impresa, anche con l’affidamento a terzi di parte delle attività di trasporto e assistenza doganale, smentiva l’assunto (congetturale) della contrazione dei proventi e del patrimonio. Le pretese risarcitorie di terzi truffati, diversi dalla società RAGIONE_SOCIALE individuata come parte lesa, che si assumevano costituire indice di pericolo di ulteriori dispersioni patrimoniali, non erano individuate e, comunque, dovevano esser escluse sulla scorta delle imputazioni cautelari (in cui persona offesa risultava la sola società CUKI, peraltro integramente risarcita); il debito da rivalsa, per le sanzioni che avrebbero potuto esser irrogate alla RAGIONE_SOCIALE, è un dato che difettava per precisione e quindi non poteva essere evocato per sostenere la prognosi del pericolo nel ritardo; infine, le eventuali ulteriori pretese della persona offesa RAGIONE_SOCIALE dovevano prevalere sul diritto dello Stato ad acquisire il profitto attraverso la confisca; errata era la valutazione della consistenza patrimoniale della società e dell’ammontare dei debiti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Secondo il costante insegnamento della Corte, il ricorso per cassazione avverso le ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo (o probatorio) è ammesso solo per violazione di legge; in tale nozione vanno ricompresi sia gli errores in iudicando o in procedendo, sia i vizi della motivazione «così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice» (Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017, COGNOME, Rv. 269656). Per tale ragione, è ammissibile il ricorso per cassazione quando la motivazione del provvedimento impugnato sia del tutto assente o meramente apparente, perché sprovvista dei requisiti minimi per rendere comprensibile la vicenda contestata e l’ “iter” logico seguito dal giudice nel provvedimento impugnato (Sez. 6, n. 6589 del 10/01/2013, COGNOME, Rv. 254893), mentre non rilevano l’illogicità o la incompletezza di motivazione (Sez. 5, n. 8434 del 11/01/2007, Ladiana, Rv. 236255), né l’illogicità
manifesta della motivazione, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lettera e), cod. proc. pen. (Sez. 2, n. 5807 del 18/01/2017, COGNOME, Rv. 269119; Sez. 6, n. 7472 del 21/01/2009, Vespoli, Rv. 242916).
La motivazione del provvedimento impugnato, in ordine alla sussistenza del periculum in mora, è stata articolata (pag. 3) evidenziando una pluralità di elementi fattuali, alcuni già documentati dagli atti di indagine (la natura dei beni sottoposti a cautela, la condizione di limitata operatività della società sottoposta a misura interdittiva, il livello di esposizione debitoria), altri formulati su previsi non sfornite di base logica (quali l’esistenza di ulteriori condotte fraudolente in danno di altri clienti della società, attesa la natura organizzata dell’attività illeci la contrazione dei ricavi conseguente alla limitazione dell’attività d’impresa; la riduzione dei margini di profitto, venendo meno i “risparmi di spesa” connessi alle pregresse condotte illecite), che complessivamente considerati forniscono un apparato argomentativo che non può definirsi inesistente né meramente apparente.
Rispetto a quel contenuto, la società ricorrente sollecita una rilettura di fatti storici, di apprezzamenti valutativi, su base tecnico-aziendale, che non possono trovare ingresso nel giudizio di legittimità; né può lamentarsi il difetto d motivazione rispetto a singoli aspetti (quali l’esistenza di riserve) di cui non è dimostrata la decisività nel destrutturare la motivazione dell’ordinanza impugnata (trattandosi peraltro di eventi che, in difetto di espressi vincoli di destinazione, non comportano da sé il venir meno del pericolo di sottrazione delle disponibilità in denaro).
Al rigetto del ricorso, consegue la condanna della società ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 10/11/2023