Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 30667 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 30667 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 31/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME, nato a Latina il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 11/01/2024 del Tribunale di Roma visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona della Sostituta Procuratrice generale NOME COGNOME, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso; udito, per il ricorrente, l’AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza emessa 1’11 gennaio 2024 e depositata il 19 gennaio 2024, il Tribunale di Roma, pronunciando in materia di misure cautelari reali, ha respinto la richiesta di riesame presentata nell’interesse di NOME COGNOME avverso il decreto di sequestro preventivo ai fini di confisca del profitto dei reati al medesimo contestati.
Il sequestro è stato disposto con riferimento ai reati di cui agli artt. 2 e 10 quater d.lgs. n. 74 del 2000, ipotizzandosi, a carico di NOME COGNOME, in qualità di amministratore e socio unico della “RAGIONE_SOCIALE“, le condotte di utilizzo di fattur per operazioni inesistenti, indicate nelle dichiarazioni fiscali relative agli anni imposta 2019 e 2020, ai fini di evadere VIVA, e di indebita compensazione mediante crediti inesistenti con riferimento a debiti tributari e contributivi matura negli anni 2020 e 2021.
Ha presentato ricorso per cassazione avverso l’ordinanza indicata in epigrafe NOME COGNOME, con atto sottoscritto dall’AVV_NOTAIO, articolando un unico motivo.
Con il motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento all’art. 309, comma 9, cod. proc. pen., e vizio di motivazione, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., avendo riguardo all’assenza di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza del periculum in mora.
Si deduce, in primo luogo, che il giudice del riesame ha motivato solo in maniera apparente la sussistenza delle esigenze cautelari, ritenendole implicite nella modalità della condotta dell’indagato e nella consistenza del suo patrimonio, considerata la modesta entità e la natura dei beni che ne fanno parte (25.000,00 euro in contanti, un’autovettura del 2016, un autocaravan del 2007, un immobile destinato ad abitazione familiare intestato al 50% con bassa rendita catastale e un piccolo terreno).
Si deduce, in secondo luogo, che la motivazione del provvedimento genetico, adottato dal G.i.p., è meramente apparente, perché si limita a rappresentare l’appartenenza dei beni al novero di quelli confiscabili, che, però, non si versa in un’ipotesi di confisca di beni costituenti profitto del reato, in quanto gli stes come documentato dalla difesa, erano stati acquisitati dall’imputato prima di diventare amministratore della società, e che, quindi, il Tribunale avrebbe dovuto annullare il decreto di sequestro, senza poter integrare le argomentazioni esposte dal primo giudice
Si deduce, in terzo luogo, che il pericolo di dispersione dei beni è stato affermato in via del tutto presuntiva, senza alcuna indicazione di fatti concreti e congrui rispetto alla indicata conclusione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per le ragioni di seguito precisate.
Manifestamente infondate sono le censure che contestano la mera apparenza, o comunque l’illegittimità, della motivazione dell’ordinanza impugnata.
Occorre premettere che, secondo un principio ripetutamente affermato in giurisprudenza, il provvedimento di sequestro preventivo finalizzato alla confisca ex art. 240 cod. pen. deve contenere la concisa motivazione del periculum in mora, che può essere desunto sia da elementi oggettivi, attinenti alla consistenza quantitativa o alla natura e composizione qualitativa dei beni attinti dal vincolo, sia da elementi soggettivi, relativi al comportamento dell’onerato, che lascino fondatamente temere il compimento di atti dispositivi comportanti il depauperamento del suo patrimonio, senza che gli stessi debbano necessariamente concorrere (cfr., tra le tante, Sez. 3, n. 44874 del 11/10/2022, COGNOME, Rv. 283769 – 01, nonché Sez. 2, n. 17352 del 28/03/2024, COGNOME, non mass., nonché ancora, Sez. 3, n. 3740 del 05/12/2023, dep. 2024, COGNOME, non mass.).
E, nella specie, l’ordinanza impugnata, per affermare la sussistenza del periculum in mora, ha indicato sia elementi relativi alla consistenza quantitativa e alla composizione qualitativa dei beni sottoposti a vincolo, sia elementi concernenti il comportamento inaffidabile dell’indagato, soggetto destinatario della misura cautelare reale.
Il Tribunale, infatti, da un lato, ha evidenziato che, a fronte di un profit confiscabile pari a 1.374.654,00 euro, i beni rinvenuti sono di modestissimo valore e facilmente occultabili o comunque soggetti a deterioramento per l’uso. In particolare, ha segnalato che detti beni sono costituiti da 25.000,00 euro in contanti, da un’autovettura Range Rover del 2016, da un autocaravan del 2007, da un immobile destinato ad abitazione familiare intestato al 50%, e con bassa rendita catastale, nonché da un piccolo terreno.
Sotto l’altro profilo, poi, ha rimarcato che il reiterato ricorso, da par dell’indagato, a schemi fraudolenti di evasione di imposta è anch’esso elemento idoneo a concretizzare il pericolo di dispersione del compendio in sequestro. E, in proposto, va rilevato come, nel procedimento in esame, è stato ravvisato il fumus commissi delicti con riferimento a più reati di cui all’art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000, siccome relativi alle dichiarazioni fiscali relative agli anni 2019 e 2020, e a più reat di cui all’art. 10-quater d.lgs. n. 74 del 2000, in quanto riferiti a compensazioni indebite di debiti tributari e contributivi maturati negli anni 2020 e 2021.
Il Tribunale, inoltre, ha anche esaminato la prospettazione difensiva, secondo il periculum in mora non sarebbe configurabile perché l’attuale ricorrente, pur avendo ricevuto notifica della richiesta di proroga delle indagini nell’aprile 2022, non avrebbe compiuto atti di dispersione e di occultamento. In proposito, infatti, ha osservato che: a) la circostanza dell’assenza di atti di dispersione o di
occultamento di beni è semplicemente allegata in modo assertivo; b) la notificazione dell’avviso di proroga delle indagini preliminari, siccome contenente una scarna indicazione della pendenza del procedimento, non rendeva concretamente prevedibile l’emissione di un provvedimento di sequestro; c) l’assenza di una concreta previsione di un sequestro rendeva fortemente inopportuni atti di occultamento del denaro e di alienazione di beni, comportando questi, come conseguenza, obiettivi disagi per l’indagato nello svolgimento delle attività quotidiane.
Manifestamente infondate sono anche le censure che contestano la mera apparenza, o comunque l’illegittimità, della motivazione del decreto genetico.
Invero, come precisato nell’ordinanza impugnata, il G.i.p., nel provvedimento impositivo del sequestro, non ha solo indicato la sproporzione tra i beni da sottoporre a vincolo e il profitto confiscabile, ma ha anche evidenziato l’esistenza del concreto rischio di iniziative fraudolente dell’indagato al fine di disperdere alienare od occultare denaro, beni mobili e immobili per sottrarli all’ablazione, desumendola dal reiterato ricorso, da parte del medesimo a schemi fraudolenti al fine di evasione di imposte.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al versamento a favore della cassa delle ammende, della somma di euro tremila, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in data 31/05/2024.