Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 23675 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 23675 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato a FIERSHEGAN (ALBANIA) il DATA_NASCITA
avverso l’ordinénza del 11/01/2024 del TRIB. LIBERTA’ di POTENZA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG, in persona del Sostituto procuratore NOME COGNOME,
che ha chiesto il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza dell’Il gennaio 2024 il Tribunale del riesame di Potenza giudicando in sede di rinvio a seguito della sentenza della Corte di RAGIONE_SOCIALEzione del 21 novembre 2023, che aveva annullato una precedente ordinanza di quel Tribunale in data 29 giugno 2023 – ha respinto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME contro il decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Potenza il 7 giugno 2023 e ha confermato il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca diretta, RAGIONE_SOCIALE somme di denaro rivenute nella disponibilità di COGNOME sino al valore di C 4.284.700,00 nonché il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca per equivalente, di beni mobili ed immobili nonché RAGIONE_SOCIALE partecipazioni societarie nella disponibilità del medesimo per un importo pari alla differenza fra la somma di C 4.284.700,00 e quanto oggetto di confisca diretta.
L’ordinanza del Tribunale del riesame del 29 giugno 2023 è stata annullata dalla Terza Sezione penale di questa Corte «limitatamente alla motivazione sul periculum in mora». Sono stati respinti, invece, i motivi di ricorso formulati quanto alla sussistenza del fumus commissi delicti che, pertanto, non è più in discussione.
Secondo la sentenza rescindente – che ha fatto applicazione dei principi affermati dalle Sezioni unite con la sentenza n. 36959 del 24/06/2021, NOME, Rv. 281848 – «Il provvedimento di sequestro preventivo di cui all’art. 321, comma 2, cod. proc. pen., finalizzato alla confisca di cui all’art. 240 cod. pen., dev contenere la concisa motivazione anche del periculum in mora, da rapportare alle ragioni che rendono necessaria l’anticipazione dell’effetto ablativo della confisca rispetto alla definizione del giudizio, salvo restando che, nelle ipotesi di sequestro RAGIONE_SOCIALE cose la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione o alienazione costituisca reato, la motivazione può riguardare la sola appartenenza del bene al novero di quelli confiscabili ex lege». La sentenza di annullamento ha sottolineato che, avendo disposto il sequestro di denaro costituente profitto del reato, i giudici di merito erano tenuti a motivare in ordine alla sussistenza del periculum in mora, ma la motivazione fornita dal Giudice per le indagini preliminari prima e dal Tribunale poi era a tal punto carente da comportare violazione di legge. Il pericolo di dispersione del denaro, infatti, era stato ritenuto insito nella natura fungibile de bene senza dare atto dell’esistenza di elementi da cui desumere in concreto un tale pericolo di dispersione e idonei a giustificarne l’apprensione anticipata rispetto al giudizio e all’affermazione di responsabilità.
Giudicando in sede di rinvio, il Tribunale per il riesame di Potenza ha
confermato il provvedimento cautelare reale osservando:
che sussiste (e non è più controverso) il fumus della partecipazione di COGNOME ad una associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico, composta da non meno di dieci persone, aggravata dalla transnazionalità (capo 1 dell’imputazione provvisoria);
che sussiste (e non è più controverso) anche il fumus del concorso di COGNOME nel reato di cui agli artt. 73, commi 1 e 6, 80, comma 2, d.P.R. 9 ottobre 1990 (capo 5 dell’imputazione provvisoria);
che COGNOME, oltre a provvedere al taglio e al confezionamento dello stupefacente in un laboratorio allestito presso la propria abitazione, risulta essersi occupato anche di trasportare la sostanza, consegnarla a coloro che l’avrebbero commercializzata e riscuoterne il prezzo, recapitato poi agli esponenti di vertice dell’associazione tramite RAGIONE_SOCIALE;
che l’associazione operava tra l’Albania e l’Italia e, oltre a rifornirsi stupefacente in Albania, vi reimpiegava i proventi dell’attività di narcotraffico;
che il pericolo di dispersione del denaro in sequestro è concreto in ragione dell’appartenenza ad una associazione operante su un piano di transnazionalità e della cittadinanza albanese del ricorrente;
che l’accertata incapienza patrimoniale dell’indagato, pur a fronte di una redditizia attività di spaccio protrattasi nel tempo, è significativa della capacità disperdere i profitti dell’attività illecita e impedirne il recupero.
Contro l’ordinanza, il difensore di COGNOME ha proposto tempestivo ricorso,. deducendo violazione di legge per erronea applicazione dell’art. 125 in relazione all’art. 321, comma 3, cod. proc. pen. e sostenendo che la motivazione fornita dal Tribunale quanto alla sussistenza del periculum in mora sarebbe, ancora una volta, solo apparente. La difesa osserva che, al fine di dimostrare il pericolo di dispersione del denaro in sequestro, il Tribunale ha fatto riferimento a condotte di reimpiego dei proventi illeciti del traffico di stupefacenti che non sono state realizzate da COGNOME, ma dai vertici dell’associazione e sostiene che COGNOME sarebbe stato ritenuto consapevole di tali attività di reimpiego solo perché faceva parte della associazione e vi svolgeva un ruolo non secondario. Secondo la difesa, la partecipazione all’associazione non prova la consapevolezza RAGIONE_SOCIALE condotte di reimpiego dei profitti dell’attività illecita compiuta dai vertici della stessa, sicché argomentazioni sviluppate dal Tribunale sono apodittiche e fondate sul «semplicistico teorema del “non poteva non sapere”».
Quanto alla incapienza del patrimonio sequestrato in rapporto al profitto illecito indicato nel decreto, secondo il difensore, questo dato non rileva ai fini dell confisca diretta o per equivalente e può rilevare ai diversi fini del sequestro
conservativo che non viene in considerazione nel caso di specie. La maggiore o minore solidità patrimoniale, infatti, non è di per sé significativa di un pericolo d dispersione che renda necessaria l’apprensione anticipata dei beni.
Il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritt2 chiedendo il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I motivi di ricorso non superano il vaglio di ammissibilità.
Come noto, contro le ordinanze in materia di sequestro preventivo il ricorso per RAGIONE_SOCIALEzione è ammesso solo per violazione di legge. Nel caso in esame una tale violazione sarebbe ipotizzabile se la motivazione del provvedimento impugnato fosse caratterizzata da vizi «così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice» (Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, COGNOME, Rv. 239692), ma così non è.
Il Tribunale si è attenuto ai principi di diritto indicati dalla senten rescindente e ha spiegato per quali ragioni, nel caso concreto, allo scopo di evitare che la confisca possa divenire impraticabile, sia necessario procedere all’immediata apprensione diretta o per equivalente del denaro costituente profitto del reato. Ha sottolineato a tal fine che i reati dei quali sussiste il fumus riguardano un traffico di stupefacenti che si svolgeva tra l’Albania e l’Italia; che l’associazion della quale COGNOME faceva parte aveva canali di riciclaggio in Albania; che il traffico accertato produsse profitti ingenti e di questi profitti l’indagato fu partecipe perché, come emerso dalle indagini, oltre a custodire e lavorare la sostanza, svolgeva anche il ruolo di “esattore” e, in un caso, risulta aver riscosso per conto dell’associazione 11.000 euro trattenendone 400 quale corrispettivo per un singolo viaggio (pag. 44 della motivazione).
La circostanza che il ricorrente potesse non essere informato RAGIONE_SOCIALE attività di riciclaggio accertate nel corso del giudizio non rileva in senso contrario. L’ordinanza impugnata, infatti, fa riferimento alle caratteristiche del narcotraffico al quale COGNOME prese parte e valorizza il dato obiettivo che quel traffico avveniva tra l’Albania e l’Italia e comportava la movimentazione di somme ingenti. Rileva, inoltre, che l’odierno ricorrente contribuì a riscuotere le somme provento dell’attività illecita contribuendo a farle giungere agli esponenti di vertic dell’associazione e sottolinea che, essendo cittadino albanese, egli condivide con i
sodali contatti stabili in quel paese, grazie ai quali la dispersione del profitto d reato può essere concretamente attuata.
2.1. Il Tribunale sviluppa un ulteriore argomento a sostegno della concreta esistenza del periculum in mora sottolineando che COGNOME ha collaborato per lungo tempo (e con ruolo primario) ad un vasto traffico di stupefacenti dal quale sono derivati guadagni elevati, ma, nell’eseguire la confisca per equivalente, è stata accertata una capienza patrimoniale modesta. Le censure formulate dalla difesa riguardo a questa parte della motivazione non colgono nel segno. Nel valorizzare tale circostanza, infatti, l’ordinanza impugnata si pone in un’ottica ben diversa da quella propria del sequestro conservativo: rileva che i profitti conseguiti dall’attività illecita sono stati dispersi e ne desume il concreto pericolo che tal dispersione possa nuovamente avvenire.
In sintesi, la motivazione del provvedimento impugnato è congrua, non presenta profili di contraddittorietà o manifesta illogicità e tiene conto dei princi di diritto affermati dalla sentenza di annullamento perché, pur senza ignorare la natura fungibile del denaro, non fonda esclusivamente su di essa l’affermazione della sussistenza del periculum in mora, che viene dedotto dalle caratteristiche dell’attività illecita oggetto di indagine, dal raffronto tra l’ingente entità del pro conseguito e la capienza patrimoniale concretamente accertata in capo a COGNOME, dai contatti dei quali egli gode fuori dal territorio italiano quale cittadino albanese
All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali. Tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000 e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che il ricorrente non versasse in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, deve essere disposto a suo carico, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere di versare la somma di C 3.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE, somma così determinata in considerazione RAGIONE_SOCIALE ragioni di inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
Così deciso il 8 maggio 2024
Il Co GLYPH re estensore
Il Pres . ente