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Periculum in mora: quando il sequestro è illegittimo

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza che confermava un sequestro preventivo per reati fiscali. La decisione si fonda sulla carente motivazione del ‘periculum in mora’, ovvero il rischio concreto che i beni potessero essere dispersi. La Corte ha stabilito che tale rischio non può essere presunto né dalla natura del reato contestato, né dalla semplice conoscenza del procedimento da parte degli indagati, ma deve essere provato con elementi specifici e attuali.

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Pubblicato il 7 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Periculum in mora: Se il Rischio non è Concreto, il Sequestro è Nullo

L’applicazione di una misura cautelare reale come il sequestro preventivo richiede una rigorosa valutazione da parte del giudice, specialmente riguardo al periculum in mora. Con una recente sentenza, la Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale: il pericolo che i beni provento di reato vengano dispersi non può essere una mera presunzione, ma deve emergere da elementi concreti e attuali, pena l’illegittimità del vincolo. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti: Un Caso di Sequestro per Frode Fiscale

Il caso trae origine da un’indagine per reati tributari a carico degli amministratori di una società. L’ipotesi accusatoria li vedeva indagati per aver utilizzato fatture per operazioni inesistenti e aver indebitamente compensato crediti d’imposta fittizi, generando un’ingente evasione fiscale.

Sulla base di queste accuse, il Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) emetteva un decreto di sequestro preventivo, finalizzato alla confisca diretta o per equivalente, per un importo pari al profitto dei reati contestati. Il GIP motivava il provvedimento ravvisando un ‘pericolo attuale e concreto di dispersione’ basato su due elementi: la facilità di circolazione del denaro e la conoscenza del procedimento penale da parte degli indagati.

Il Tribunale del Riesame, adito dagli indagati, confermava il sequestro, integrando la motivazione del GIP. Sosteneva che la ‘acclarata capacità truffaldina’ degli indagati rendesse concreto il rischio di dispersione dei beni. Contro questa decisione, gli amministratori e la società proponevano ricorso in Cassazione.

La Questione Giuridica: Il Periculum in Mora nel Sequestro Preventivo

Il cuore della questione legale ruota attorno alla corretta interpretazione e motivazione del periculum in mora. Questo requisito è essenziale per giustificare l’anticipazione degli effetti di una confisca prima che sia intervenuta una sentenza di condanna definitiva. La difesa sosteneva che sia la motivazione del GIP che quella del Tribunale del Riesame fossero carenti e illogiche, in quanto non indicavano alcun atto concreto, posto in essere dagli indagati, volto a disperdere il proprio patrimonio.

Il sequestro, infatti, non può essere una conseguenza automatica dell’accusa. È necessario che il giudice spieghi perché, nel caso specifico, esista un pericolo imminente che, senza l’intervento cautelare, la futura confisca sarebbe resa impossibile o più difficile.

Analisi della Cassazione sul periculum in mora

La Corte di Cassazione accoglie le doglianze dei ricorrenti, censurando l’apparato argomentativo dei giudici di merito. La Suprema Corte chiarisce che la motivazione sul periculum in mora deve essere specifica e non può basarsi su clausole di stile o presunzioni assolute.

Secondo gli Ermellini, né la generica ‘facilità di circolazione del denaro’ né la mera ‘conoscenza del procedimento’ costituiscono, da soli, una prova del rischio di dispersione. Valorizzare la conoscenza dell’indagine, senza che a questa seguano specifici atti distrattivi, risulta una motivazione arbitraria. Se così fosse, il sequestro sarebbe giustificato in quasi tutti i casi, svuotando di significato il requisito del periculum.

Le motivazioni

La Corte ha ritenuto errato anche il ragionamento del Tribunale del Riesame. Far discendere la necessità del sequestro dalla ‘capacità a delinquere’ desunta dalle stesse condotte che integrano il reato contestato costituisce un’argomentazione circolare e tautologica. In pratica, si afferma che chi è indagato per un reato è, per definizione, propenso a disperdere i beni, rendendo il sequestro una misura automatica e non un provvedimento da motivare caso per caso.

La fungibilità del denaro e la natura dei beni non possono, da sole, giustificare la misura cautelare. È necessario un ‘quid pluris’, un elemento fattuale specifico che dimostri l’intenzione o il tentativo degli indagati di sottrarre i propri beni alla garanzia patrimoniale dello Stato. In assenza di tale prova, l’anticipazione dell’effetto ablativo della confisca si traduce in una violazione dei principi di legge.

Le conclusioni

Con questa pronuncia, la Corte di Cassazione rafforza le garanzie difensive nel procedimento cautelare. Viene ribadito che il sequestro preventivo non è uno strumento punitivo anticipato, ma una misura eccezionale che richiede una motivazione puntuale e non apparente sul rischio di dispersione patrimoniale. La decisione sottolinea che l’onere della prova di tale pericolo spetta all’accusa e deve essere vagliato con rigore dal giudice, che non può limitarsi a formule generiche o a deduzioni logiche basate sulla stessa ipotesi di reato.

Quando è legittimo un sequestro preventivo finalizzato alla confisca?
Un sequestro preventivo è legittimo solo se il giudice fornisce una motivazione concisa ma specifica sul ‘periculum in mora’, ovvero sul rischio concreto e attuale che i beni vengano dispersi prima della fine del processo, rendendo vana un’eventuale confisca.

La conoscenza del procedimento penale da parte dell’indagato giustifica il sequestro?
No. Secondo la sentenza, la sola conoscenza del procedimento penale da parte dell’indagato non è sufficiente a dimostrare il rischio di dispersione dei beni, se non è associata a specifici e concreti atti volti a nascondere o alienare il patrimonio.

La presunta ‘capacità a delinquere’ dell’indagato è sufficiente a dimostrare il periculum in mora?
No. La Corte ha stabilito che far derivare il rischio di dispersione dalle stesse condotte che costituiscono il reato è un ragionamento errato e circolare. La pericolosità non può essere presunta, ma deve emergere da elementi fattuali distinti e specifici che indichino un concreto pericolo per i beni.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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