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Periculum in mora: quando il sequestro è illegittimo

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso del Pubblico Ministero contro l’annullamento di un sequestro preventivo di oltre 13 milioni di euro. Il Tribunale del riesame aveva escluso il periculum in mora, ovvero il rischio di dispersione dei beni, basandosi sulla procedura di composizione della crisi e sulla stabilità patrimoniale della società. La Cassazione ha confermato che la motivazione del Tribunale, seppur contestata nel merito dal PM, non era né assente né meramente apparente, rendendo il ricorso inammissibile.

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Pubblicato il 1 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Periculum in mora: la Cassazione chiarisce i limiti del sequestro preventivo

Il sequestro preventivo è uno strumento potente, ma non può essere applicato senza una valutazione concreta del periculum in mora, ovvero il reale rischio che i beni oggetto della misura vengano dispersi. Con la sentenza in commento, la Corte di Cassazione ribadisce questo principio fondamentale, dichiarando inammissibile il ricorso di un Pubblico Ministero che contestava l’annullamento di un maxi-sequestro da oltre 13 milioni di euro. La decisione sottolinea come la valutazione del Tribunale del riesame, se ben motivata, non possa essere messa in discussione in sede di legittimità solo perché la Procura interpreta i fatti in modo diverso.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da un’indagine per reati fiscali a carico dell’amministratore di una società. Il Giudice per le indagini preliminari aveva disposto un sequestro preventivo, finalizzato alla confisca diretta e per equivalente, per un valore di quasi 14 milioni di euro, corrispondente al presunto profitto dei reati contestati per diverse annualità d’imposta.

Contro tale provvedimento, l’indagato e la società avevano presentato istanza di riesame. Il Tribunale di Modena, in accoglimento dell’istanza, annullava il sequestro, ritenendo insussistente il requisito del periculum in mora. Il Tribunale basava la sua decisione su una serie di elementi concreti: la società era stata ammessa a una procedura di composizione negoziata della crisi, la continuità aziendale era stata autorizzata e garantiva la conservazione del valore, e la situazione patrimoniale, analizzata da un esperto, mostrava stabilità e persino la produzione di un utile. Non erano emersi, inoltre, episodi di dispersione patrimoniale.

I Motivi del Ricorso del Pubblico Ministero

Il Pubblico Ministero ricorreva in Cassazione, lamentando una violazione di legge e una motivazione illogica. Secondo il ricorrente, il Tribunale avrebbe erroneamente confuso il periculum in mora con il pericolo di recidiva, valorizzando elementi irrilevanti. Anzi, proprio la procedura di crisi d’impresa, secondo la Procura, avrebbe dovuto essere interpretata come un segnale di allarme, indicativo di una difficoltà finanziaria che aumentava il rischio di dispersione del patrimonio per soddisfare altri creditori a discapito dell’erario. La Procura sosteneva che il Tribunale avesse omesso di considerare la sproporzione tra l’ingente debito tributario e gli utili societari, rendendo la sua valutazione illogica.

La valutazione del periculum in mora nella decisione della Cassazione

La Corte di Cassazione ha respinto completamente la tesi della Procura. Ha innanzitutto ricordato che il ricorso in Cassazione contro le ordinanze in materia di misure cautelari reali è consentito solo per violazione di legge. Questo vizio include non solo l’errata applicazione di una norma, ma anche la motivazione totalmente assente o meramente apparente, ovvero quella che si limita a formule di stile senza un’analisi concreta del caso.

Nel caso specifico, la Corte ha stabilito che la motivazione del Tribunale del riesame non era né assente né apparente. Al contrario, era articolata e diffusa, basata sull’analisi di elementi fattuali specifici:

1. La procedura di composizione della crisi: Lungi dall’essere un mero sintomo di pericolo, era una procedura validata dal Tribunale civile proprio per garantire la continuità aziendale e la conservazione del valore patrimoniale.
2. La relazione dell’esperto: Un professionista nominato dal Tribunale fallimentare aveva analizzato la situazione economica, rilevando una produzione di utile e una consistenza patrimoniale positiva (oltre un milione di euro di crediti).
3. La stabilità del patrimonio: Il patrimonio dell’indagato e della società era rimasto sostanzialmente invariato negli ultimi anni, senza alcun atto di dispersione.

Di fronte a una motivazione così strutturata, il ricorso del PM si traduceva, secondo la Corte, in un tentativo inammissibile di sollecitare una diversa lettura dei fatti, un’operazione preclusa al giudice di legittimità.

Le Motivazioni della Decisione

La Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile perché le censure del Pubblico Ministero non riguardavano una reale violazione di legge, ma contestavano nel merito la valutazione operata dal Tribunale del riesame. La Corte ha ribadito che, una volta che il giudice del riesame ha fornito una motivazione logica e coerente per escludere il periculum in mora, analizzando elementi di fatto specifici, il suo giudizio non è sindacabile in sede di legittimità. La Procura, pur non condividendo l’interpretazione del Tribunale, non poteva pretendere che la Cassazione sostituisse la propria valutazione a quella del giudice di merito. La motivazione, per quanto opinabile, esisteva ed era fondata su argomenti concreti, escludendo così il vizio di violazione di legge.

Conclusioni

Questa sentenza offre due importanti spunti di riflessione. In primo luogo, conferma che il periculum in mora non può essere presunto, ma deve essere accertato in concreto, sulla base di elementi fattuali che dimostrino il rischio attuale di dispersione dei beni. Procedure come la composizione negoziata della crisi, se gestite sotto il controllo del Tribunale, possono addirittura rappresentare un fattore di tutela del patrimonio, anziché un indice di pericolo. In secondo luogo, la pronuncia delinea con chiarezza i confini del sindacato della Corte di Cassazione in materia di sequestri: l’appello è limitato alla violazione di legge e non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito dei fatti.

Quando può essere annullato un sequestro preventivo per assenza di periculum in mora?
Un sequestro preventivo può essere annullato quando il Tribunale del riesame, sulla base di elementi di fatto concreti, accerta che non esiste un rischio attuale e specifico che i beni possano essere dispersi, modificati o alienati prima della conclusione del processo. Nel caso di specie, elementi come la stabilità patrimoniale, la continuità aziendale garantita da una procedura di crisi controllata e l’assenza di atti dispositivi hanno portato a escludere tale rischio.

La presenza di una procedura di crisi d’impresa giustifica automaticamente il sequestro?
No, al contrario. La sentenza chiarisce che una procedura come la composizione negoziata della crisi, validata e monitorata da un tribunale, può essere considerata un elemento che mitiga il rischio di dispersione, in quanto mira a conservare il valore dell’azienda e a gestire in modo trasparente il patrimonio sotto la supervisione di un esperto.

Quali sono i limiti del ricorso in Cassazione contro un’ordinanza che annulla un sequestro?
Il ricorso è ammissibile solo per ‘violazione di legge’. Ciò significa che si può contestare un’errata applicazione di una norma giuridica oppure una motivazione totalmente assente o solo apparente. Non è possibile, invece, chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare i fatti e di fornire una diversa interpretazione degli elementi probatori rispetto a quella, logicamente argomentata, del Tribunale del riesame.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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