Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 30109 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 30109 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 09/07/2025
SENTENZA
oggi,
– 2 SETI 2025
sul ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica di Modena nel processo nei confronti di
COGNOME nato a Sassuolo il 24/07/1971
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IL FUNZIONARIO
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RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante
NOME COGNOME
avverso l’ordinanza pronunciata dal Tribunale del riesame di Modena in data 03/03/2025;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio; letta la memoria difensiva con allegati con cui si chiede il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnata ordinanza, il Tribunale di Modena, in funzione cautelare, ai sensi dell’art. 309 cod.proc.pen., ha accolto l’istanza di riesame proposta da COGNOME e della società RAGIONE_SOCIALE avverso il provvedimento del Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Modena di sequestro preventivo in funzione della confisca diretta e per equivalente fino alla concorrenza di C 13.818.385,58, quale profitto dei reati di cui all’art. 2 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74 in relazione ag anni di imposta 2016, 2017, 2018 e 2019, in relazione a quest’ultimo anno di imposta, ai sensi degli artt. 19 e 53 della legge n. 231/2001, nei confronti della
società RAGIONE_SOCIALE, indagata per l’illecito amministrativo ex art. 25 quinquiesdecies del d.Lvo n. 231 del 2001, rilevando l’assenza del periculum in mora e per l’effetto ha annullato il provvedimento di sequestro.
Avverso l’ordinanza il Procuratore della Repubblica europeo ha proposto ricorso per cassazione deducendo due motivi di ricorso.
2.1. Con il primo motivo si deduce la violazione di legge in relazione all’art. 321 cod.proc.pen. e la malintesa equiparazione del periculum in mora con le esigenze cautelari riguardanti il pericolo di recidiva.
Argomenta il ricorrente che l’ordinanza impugnata avrebbe confuso a livello dogmatico la tipologia di sequestro preventivo disposto nei confronti di COGNOME e della società RAGIONE_SOCIALE, in quanto ciò che era stato richiesto era il sequestro finalizzato alla confisca del profitto del reato, ai sensi dell’articolo 321 comma dicod.proc.pen. e art. 12 bis decreto legislativo 74 del 2000, non 1IJ1 sequestro cosiddetto impeditivo. Questa differenza non sarebbe stata colta dall’ordinanza impugnata che avrebbe così valorizzato elementi, ai fini di escludere il pericolo di recidiva, incongrui alla luce del principio delle Sezioni Unite Ellade, dell’esigenza anticipatoria del sequestro che richiede che il provvedimento indichi le ragioni per cui occorre preservare i beni da sequestrare durante lo svolgimento del processo penale. Come già ricordato tale necessità va, innanzitutto, rapportata anche al tipo di bene con riferimento al quale si misura la esigenza in anticipatoria.
Venendo al caso in esame, da un lato vi sarebbe stata l’erronea valorizzazione di tutta una serie di fatti e circostanze che sarebbero, in realtà, del tutto inconferent rispetto alla sussistenza del rischio concreto che i beni non possano più trovarsi all’esito degli esiti processuali. Inconferente sarebbe il riferimento alla lontananza nel tempo dei fatti contestati. Vi sarebbe stata, poi, l’erronea valutazione, ai fi di negare la sussistenza del periculum in mora, di elementi che dimostrano, invece, l’esistenza di una necessità di preservare il profitto del reato diretto p equivalente. Il tribunale, infatti, avrebbe erroneamente ritenuto rilevanti, ai f dell’esclusione del menzionato pericolo, la pendenza di una procedura di composizione negoziata della crisi d’impresa, la concessione di misure di protezione da parte del tribunale fallimentare, nonché le informazioni sulla situazione economico patrimoniale della società. Tali stessi elementi, invero, erano già stati specificamente concretamente valutati dal pubblico ministero ed erano state proprio gli elementi concretamente utilizzati per giustificare la sussistenza del periculum in mora. L’esistenza di una procedura di composizione della crisi e la conseguenza prospettata capacità dissuasiva, non avrebbero nulla a che fare con l’oggetto del periculum, né rileverebbe la circostanza che il COGNOME avrebbe messo a disposizione della società suoi beni e finanze personali. Infine, non sarebbe condivisibile il positivo apprezzamento contenuto nell’ordinanza
impugnata alla possibile cessione dell’azienda che potrebbe essere messa a rischio dal sequestro. Tale elemento valorizzato dal tribunale al contrario comporterebbe la definitiva perdita della possibilità di acquisire il profitto del reato. In sec luogo, la motivazione del tribunale sarebbe del tutto carente con riferimento alla posizione di COGNOME rispetto alla quale non è rinvenibile nel testo dell’ordinanza alcuna motivazione.
2.2. Con il secondo motivo deduce il vizio di motivazione in relazione alla ritenuta assenza del periculum in mora.
Il provvedimento impugnato avrebbe illogicamente argomentato l’esclusione del pericolo in mora in ragione della stabile situazione societaria, ricordando l’utile provvisorio, i crediti e debiti societari giungendo a segnalar anche la possibile vendita dell’azienda che potrebbe portare a una monetizzazione senza deprezzamento.
Contesta il ricorrente l’intrinseca illogicità di tali affermazioni in quan l’esistenza stessa di una procedura di crisi già significa che la società non riesce a pagare i suoi debitori, gli utili societari sarebbero poca cosa, a fronte dell’ingent debito tributario. Infine, incoerente sarebbe il riferimento al principio proporzionalità a fronte di un profitto del reato di oltre 13 milioni di euro. motivazione si manifesterebbe incoerente e illogica in quanto lo stesso Tribunale aveva confermato il sequestro preventivo della somma di denaro contante rinvenuta nell’auto del COGNOME sul rilievo del rischio di dispersione, mentre avrebbe escluso tale rischio nei confronti del sequestro disposto nei confronti della società e del COGNOME.
Il Procuratore Generale ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso del Pubblico Ministero è inammissibile.
Va premesso che il ricorso per cassazione avverso le ordinanze emesse in sede di riesame contro i provvedimenti di sequestro preventivo è proponibile – ai sensi del combinato disposto dell’art. 325 cod.proc.pen. – solo per violazione di legge, e che costituisce di “violazione di legge”, legittimante il ricorso p cassazione a norma dell’art. 325, comma primo, cod. proc. pen. sia l’omissione assoluta di motivazione sia la motivazione meramente apparente (Sez. 3, n. 28241 del 18/02/2015, P.M. in proc. COGNOME e altro, Rv. 264011; Sez 1, n. 6821 del 31/01/2012 Chiesi, Rv. 252430; Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, P.C. COGNOME in proc. COGNOME, Rv. 226710).
Non possono essere conseguentemente dedotti con il predetto mezzo di gravame i vizi della motivazione, quali la mancanza o la manifesta illogicità della stessa, che sono separatamente previsti come motivi di ricorso dall’art. 606 lett. e) cod. proc. pen.
Così individuato il perimetro del sindacato di legittimità, sono inammissibili le censure del ricorrente sull’asserita illogicità della motivazione adottata da Tribunale di Modena, di cui al secondo motivo di ricorso, che denuncia a chiare lettere “una motivazione totalmente incoerente ed illogica rispetto ai presupposti di fatto evidenziati”.
Anche il primo motivo di ricorso che censura la valutazione dell’assenza del periculum in mora operata dal Tribunale di Modena in relazione al sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta e per equivalente del profitto del reat è inammissibile.
Dietro l’apparente deduzione del vizio di violazione di legge, e segnatamente dell’art. 321 comma 2 cod.proc.pen. e art. 12 – bis d.lgs 10 marzo 2000, n. 74, il ricorrente censura la motivazione, che non condivide, dell’ordinanza impugnata che ha escluso la ricorrenza del periculum in mora, nella interpretazione data dalle Sezioni Unite Ellade, dell’esigenza anticipatoria della misura cautelare in vista del pericolo di dispersione nelle more del giudizio.
L’ordinanza impugnata, con articolate e diffusa motivazione ha escluso la sussistenza del periculum in mora valorizzando, quali elementi significativi: 1) la circostanza che la società RAGIONE_SOCIALE è stata ammessa ad una procedura di composizione della crisi, avviata su richiesta della società validata dal Tribunale che ne ha autorizzato la continuità aziendale, 2) l’ultimo provvedimento di proroga del Tribunale civile di Modena che dà atto che la continuità aziendale ha assicurato la non dispersione di risorse, all’attualità, e consente di conservare il valor dell’azienda che altrimenti ne risulterebbe deprezzato, 3) dalla relazione redatta dall’esperto nominato dal Tribunale fallimentare che ha analizzato la situazione patrimoniale e reddituale della società ed ha rilevato la produzione di un’utile segno che la società ha potuto conseguire un discreto margine sulle vendite e quanto allo stato patrimoniale, la società presenta più di un milione di euro di crediti, 4) che, infine, la consistenza patrimoniale del COGNOME e della società è rimasta nel biennio 2022 2020 quattro del tutto analoga senza che si siano registrati episodi sottrattivi o dispersivi, escludendo altresì il pericolo di dispersione anch nei confronti del COGNOME.
A fronte di tale motivazione, che non può dirsi apparente, il ricorrente argomenta l’inconferenza degli elementi evidenziati dal Tribunale secondo una diversa chiave interpretativa, deducendo l’erronea valutazione di elementi che, al contrario, secondo la sua prospettazione, avrebbero dovuti essere letti in chiave alternativa ovvero avrebbe dimostrato la sussistenza del menzionato pericolo.
La motivazione che non è condivisa dal ricorrente, non può dirsi apparente e si pone in linea con gli enunciati ermeneutici alla luce delle Sezioni Unite Ellade.
Nella citata pronuncia le Sezioni Unite di Questa Corte hanno affermato la necessità che il provvedimento di sequestro finalizzato alla confisca dia
motivatamente conto della sussistenza, oltre che del fumus commissi delicti,
anche del requisito del periculum in mora,
da intendersi, tuttavia, in una accezione strettamente collegata alla finalità “confiscatoria” del mezzo, evidentem
diversa da quella “impeditiva” dello strumento del comma 1 dell’art. 321 cod. p pen., e alla natura fisiologicamente anticipatoria che il sequestro
necessariamente assumere, nel corso del processo, rispetto alla stessa conf
(S.U. n. 36959 del 24/06/2021, NOME, Rv. 281848).
Secondo la citata pronuncia “se, infatti, il decreto di sequestro spiegare, in linea con la ratio della misura cautelare reale in oggetto, p
ragioni si ritenga di anticipare gli effetti della confisca che, divers nascerebbero solo a giudizio concluso, la valutazione del periculum non potrà n
riguardare esattamente un tale profilo, dando cioè atto degli elementi indic del fatto che la definizione del giudizio non possa essere attesa, post
diversamente, la confisca rischierebbe di divenire, successivamente, impraticab criterio su cui plasmare l’onere motivazionale del provvedimento di sequestro
oggetto va rapportato alla natura anticipatrice della misura cautelare, ritenersi corretto, con riferimento, come nel caso di specie, al sequestro che ad oggetto cose profitto del reato, l’indirizzo che afferma la necessità, facendola impropriamente rientrare nell’alveo dell’esigenza di evitar protrazione degli effetti del reato (in realtà già insita nel sequestro impe che il provvedimento si soffermi sulle ragioni per le quali il bene potrebbe, more del giudizio, essere modificato, disperso, deteriorato, utilizzato od ali (S.U. Ellade cit.).
Si tratta, conclude la Corte di legittimità, di un’esigenza rapportata ap alla ratio della misura cautelare volta a preservare, anticipandone i tempi, effetti di una misura che, ove si attendesse l’esito del processo, potrebbero vanificati dal trascorrere del tempo.
Ciò detto, l’ordinanza impugnata ha argomentato l’assenza del periculum in mora con una motivazione che non può dirsi assente e/o apparente avendo analizzato specifici e puntuali elementi di fatto per escluderlo.
Il ricorso del Procuratore della Repubblica deve essere dichiar inammissibile.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso. Così deciso, il 09/07/2025