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Periculum in mora: quando il riesame può integrare?

La Cassazione ha rigettato il ricorso di un’imprenditrice contro un sequestro preventivo per riciclaggio. La Corte ha chiarito che il Tribunale del Riesame può integrare la motivazione del GIP sul periculum in mora se questa non è totalmente assente, ma solo basata su giurisprudenza superata. La decisione si fonda sulla necessità di preservare i beni in vista della confisca, data la sistematicità dei reati contestati.

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Pubblicato il 26 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Periculum in mora: la Cassazione chiarisce i poteri del Tribunale del Riesame

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato un tema cruciale nelle misure cautelari reali: i limiti del potere del Tribunale del Riesame di integrare la motivazione del provvedimento di sequestro, in particolare riguardo al periculum in mora. La decisione offre importanti chiarimenti sulla differenza tra una motivazione mancante, che rende nullo l’atto, e una motivazione semplicemente inadeguata, che può essere invece corretta. Analizziamo insieme i dettagli di questo caso emblematico.

I fatti di causa

La vicenda trae origine da un’ordinanza del Tribunale di Napoli che confermava un provvedimento di sequestro preventivo, anche per equivalente, per un importo superiore ai 2.7 milioni di euro. La misura era stata disposta nei confronti di un’imprenditrice, indagata per il reato di riciclaggio commesso attraverso la sua società di costruzioni. L’obiettivo del sequestro era la futura applicazione della cosiddetta “confisca allargata”.

L’indagata, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando principalmente due vizi nel provvedimento impugnato.

I motivi del ricorso e il nodo del periculum in mora

Il ricorso si concentrava su due aspetti fondamentali:

1. La selezione dei beni: La difesa contestava la scelta di sequestrare beni immobili personali dell’indagata, anziché un specifico immobile di pregio di proprietà della società, che da solo sarebbe stato sufficiente a coprire l’intero importo del sequestro.
2. La motivazione sul periculum in mora: Questo era il punto centrale della controversia. Secondo la ricorrente, il provvedimento originario del GIP (Giudice per le Indagini Preliminari) mancava di una reale motivazione sul pericolo concreto che i beni potessero essere dispersi prima della confisca. Il Tribunale del Riesame, anziché annullare l’atto per questo vizio, ne avrebbe illegittimamente integrato la motivazione, supplendo a una carenza originaria e insanabile.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato entrambi i motivi di ricorso, fornendo una disamina precisa dei principi procedurali.

Sul primo punto, la Corte ha ribadito un orientamento consolidato: la scelta specifica dei beni da sottoporre a sequestro per equivalente è una questione che attiene alla fase esecutiva del provvedimento e non al suo giudizio di legittimità. Pertanto, tale censura non poteva trovare accoglimento in sede di riesame o di Cassazione, ma andava eventualmente sollevata davanti al giudice dell’esecuzione.

Il cuore della sentenza risiede nell’analisi del secondo motivo, quello relativo al periculum in mora. La Cassazione ha richiamato la giurisprudenza delle Sezioni Unite, secondo cui il Tribunale del Riesame non può integrare una motivazione totalmente assente nel provvedimento genetico, poiché tale assenza ne determina la nullità radicale.

Tuttavia, nel caso di specie, la Corte ha rilevato una situazione diversa. Il provvedimento del GIP non era del tutto privo di motivazione, ma si era limitato a richiamare principi giurisprudenziali non recentissimi. Il Tribunale del Riesame, quindi, non ha colmato un vuoto assoluto, ma ha compiuto un “intervento additivo”, rafforzando e attualizzando una motivazione già esistente, seppur sintetica. Questo intervento è stato considerato legittimo.

Il Tribunale ha correttamente valorizzato le modalità esecutive del reato contestato – condotte sistematiche e seriali, pianificazione criminale estesa anche a reati fiscali – per formulare una prognosi di inaffidabilità dell’indagata. Da questa prognosi derivava il concreto pericolo che, in assenza del sequestro, i beni potessero essere occultati o dispersi per sottrarli alla futura confisca. La motivazione, così integrata, è stata ritenuta effettiva, coerente e immune da censure.

Le conclusioni

La sentenza consolida un principio fondamentale in materia di misure cautelari reali: esiste una netta distinzione tra l’assenza totale di motivazione sul periculum in mora, che vizia insanabilmente il provvedimento, e una motivazione esistente ma insufficiente o da aggiornare. In questo secondo caso, il Tribunale del Riesame ha il potere-dovere di integrare e rafforzare le argomentazioni del primo giudice, specialmente quando la pericolosità concreta può essere desunta dalla sistematicità e gravità dei reati per cui si procede. Questa decisione riafferma l’importanza di una valutazione complessiva della condotta dell’indagato per giustificare l’urgenza di misure che ne limitano il patrimonio in vista di una possibile confisca.

Può il Tribunale del Riesame integrare la motivazione di un sequestro preventivo se manca l’indicazione del “periculum in mora”?
No, se la motivazione è totalmente assente, il provvedimento è nullo. Tuttavia, come chiarito in questa sentenza, il Tribunale può integrare una motivazione esistente ma considerata inadeguata o basata su principi giurisprudenziali superati, senza che ciò comporti una nullità.

Perché la Corte di Cassazione ha ritenuto legittima la scelta dei beni da sequestrare?
La Corte ha specificato che la selezione dei beni da sequestrare per equivalente riguarda la fase esecutiva del provvedimento e non il suo giudizio di legittimità. Tale scelta spetta al pubblico ministero e può essere contestata solo davanti al giudice dell’esecuzione, non in sede di riesame o Cassazione.

Su quali basi è stato giustificato il “periculum in mora” in questo specifico caso?
Il pericolo è stato giustificato sulla base di una prognosi di inaffidabilità della ricorrente. Questa prognosi derivava dalle modalità sistematiche e seriali dell’illecito contestato (riciclaggio), che includeva anche la commissione di reati fiscali, elementi che facevano temere una concreta dispersione dei beni prima della possibile confisca definitiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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