Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 49 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 49 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nata a Taurianova il 06/09/1981
avverso la ordinanza del 09/08/2024 del Tribunale di Reggio Calabria visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona della Sostituta Procuratrice generale NOME COGNOME che ha chiesto alla Corte di cassazione di voler dichiarare inammissibile il ricorso con le conseguenti statuizioni;
lette le conclusioni del difensore Avv. NOME COGNOME che ha chiesto che l’Ecc.ma Corte, in accoglimento del gravame, si compiaccia di annullare l’ordinanza impugnata; in subordine, voglia annullare il provvedimento gravato in relazione all’applicazione della misura cautelare sul patrimonio personale della ricorrente, con particolare riferimento alla casa civile abitazione, decidendo e disponendo il dissequestro del medesimo. f
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 9 agosto 2024 il Tribunale di Reggio Calabria, in sede di riesame, confermava il decreto con il quale il G.i.p. del Tribunale di Palmi, ai sensi dell’art. 321, comma 1, cod. proc. pen., aveva disposto il sequestro preventivo del complesso aziendale della società RAGIONE_SOCIALE amministrata dalla ricorrente, e di altre due società nonché, ai sensi degli artt. 321, comma 2, cod. proc. pen., 640-quater e 648-quater cod. pen., delle somme appostate nel sistema bancario e dei beni mobili registrati e beni immobili, per un valore equivalente al profitto del reato, indicato in 1.348.920 euro, nella disponibilità di NOME COGNOME e di NOME COGNOME sottoposti a indagini e alla misura cautelare degli arresti domiciliari per i reati previsti dagli artt. 110, 640-bis e n. 7 cod. pen. (capo 1), 110, 648-ter.1 cod. pen. (capo 2), 81, secondo comma, 110, 640 -bis e 61 n. 7 cod. pen. (capo 6), 81, secondo comma, 110, 648 -ter.1 cod. pen. (capo 7).
Il Tribunale dichiarava inammissibile la richiesta di riesame proposta da NOME COGNOME nella sua qualità di legale rappresentante della società RAGIONE_SOCIALE e rigettava la richiesta proposta dalla stessa in proprio.
Avverso l’ordinanza del Tribunale ha proposto ricorso NOME COGNOME in proprio, a mezzo del difensore di fiducia, chiedendone l’annullamento in ragione di due motivi.
2.1. Omessa motivazione in ordine alla sussistenza del periculum in mora e violazione di legge in relazione agli artt. 125 e 321 cod. proc. pen.
La motivazione dell’ordinanza è assente “in ordine alla ‘concreta possibilità’ e ‘ragionevole certezza’ circa la commissione di ulteriori reati, specie con riferimento alla ricorrente, che non annovera a suo carico alcuna condanna né penale, né amministrativa”.
Quand’anche la ritenuta gravità dei fatti contestati valesse a fondare il timore di recidiva, non per questo, in difetto assoluto di motivazione, sarebbe giustificabile il sacrificio del patrimonio personale della ricorrente.
Apoditticamente il Tribunale ha affermato che il denaro, i beni mobili e immobili della indagata costituiscono profitto del reato, senza dimostrare la pertinenzialità di tali beni diversi e ulteriori da quelli delle tre società coinvo smentita dalle produzioni documentali della difesa dalle quali si evince la provenienza lecita degli stessi, acquisiti a distanza di anni dalla percezione dei crediti “bonus facciate” oggetto delle contestazioni.
In secondo luogo, l’ordinanza, evocando genericamente il pericolo di dispersione dei beni diversi da quelli delle tre società, non ha risposto alle doglianze difensive con le quali, sulla base dei principi affermati dalle Sezioni Unite nella sentenza Ellade, si era rimarcato che il parametro della “esigenza anticipatoria” dovrebbe fungere da criterio generale cui rapportare il contenuto motivazionale del provvedimento ablatorio.
2.2. Mancanza di motivazione “in ordine al contestato sequestro conservativo e per equivalente del patrimonio personale dell’indagata, con particolare riferimento alla casa civile abitazione e al locale deposito”. Violazione degli artt. 125 e 321 cod. proc. pen., 2, 42 e 47 della Costituzione, 1 e 8 della CEDU.
Il Tribunale non ha valutato ed esposto le ragioni per le quali è stato sequestrato il patrimonio personale della ricorrente, avuto riguardo, in primo luogo, all’abitazione e al deposito oggetto di una donazione dei genitori dell’indagata avvenuta nel 2023, che “non possono in alcun modo connettersi ai fatti di cui alle contestazioni di reato, risalenti peraltro al 2021, n costituendone strumento né provento”.
Manca, quindi, il vincolo di pertinenzialità dei beni personali, così come la strumentalità del sequestro con riferimento all’abitazione, l’unica nella disponibilità della ricorrente, la cui funzione sociale è riconosciuta dalla Costituzione e dalle convenzioni sovranazionali.
Anche tutti gli altri beni personali dell’indagata, che costituiscono l’unica fonte di reddito della famiglia, sono stati sottoposti a misura ablativa senza alcuna specifica motivazione.
Si è proceduto alla trattazione scritta del procedimento in cassazione, in mancanza di alcuna tempestiva richiesta di discussione proposta ai sensi dell’art. 611, commi 1-bis e 1-ter, del codice di rito.
Il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte, come in epigrafe indicate, alle quali ha replicato il difensore della ricorrente con memoria del 13 dicembre 2024.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, inerente soltanto alla sussistenza del presupposto del periculum in mora in relazione ai beni sequestrati a NOME COGNOME in proprio, è fondato nei termini che seguono.
2. Dal decreto genetico, il cui dispositivo è stato anche riportato nell’ordinanza impugnata (pag. 12), risulta che il G.i.p. dispose, oltre al sequestro impeditivo di tre società (art. 321, comma 1, cod. proc. pen.), una delle quali amministrata dalla ricorrente, anche “il sequestro preventivo finalizzato alla confisca, ai sensi dell’art. 640-quater c.p. e dell’art. 648-quater c.p.: – delle somme appostate nel sistema bancario a diverso titolo nella disponibilità di COGNOME NOME e COGNOME NOME per un valore equivalente al profitto del reato (reati di cui ai capi 1, 2, 6 e 7) fino alla concorrenza dell’importo di in 1.348.920,00 C; – dei beni mobili ed immobili registrati agli stessi riconducibili fino alla concorrenza del predetto importo”.
La motivazione del Tribunale (pagg. 58-60) sul periculum in mora che avrebbe legittimato il sequestro preventivo (il riferimento a quello conservativo, indicato nella rubrica del secondo motivo di ricorso, è frutto di un evidente errore materiale), ha obliterato la netta distinzione fra i due tipi di sequestro innpeditivo e finalizzato alla confisca per equivalente, previsti nei primi due commi dell’art. 321 cod. proc. pen., accomunando altresì beni societari e beni personali.
Il ricorso ha fatto leva sull’erroneo esame nell’ordinanza del nesso di pertinenzialità fra i beni personali dell’indagata e i reati contestati, la c sussistenza ha contestato, quando detto presupposto, pacificamente, non è necessario per la confisca per equivalente (e, quindi, per il sequestro ad essa finalizzato), tesa a privare l’agente di ogni beneficio economico derivante dal fatto illecito, con una indubbia componente sanzionatoria, come più volte affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte (n. 41936 del 25/10/2005, COGNOME, Rv. 232164 – 01; n. 18374 del 31/01/2013, COGNOME, Rv. 255037 – 01; n. 10561 del 30/01/2014, COGNOME, Rv. 258646 – 01; n. 31617 del 26/06/2015, COGNOME, Rv. 264435 – 01; n. 4145 del 29/09/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 284209 – 01).
3. L’impugnazione, però, è fondata là dove ha censurato l’assenza di motivazione in ordine alla ritenuta necessità di un effetto anticipatorio in sede cautelare, alla luce del principio di diritto statuito dalle Sezioni Unite nel sentenza Ellade: «Il provvedimento di sequestro preventivo di beni ex art. 321, comma 2, cod. proc. pen., finalizzato alla confisca di cui all’art. 240 cod. pen., deve contenere la concisa motivazione anche del periculum in mora, da rapportare alle ragioni che rendono necessaria l’anticipazione dell’effetto ablativo della confisca prima della definizione del giudizio, salvo restando che, nelle ipotesi di sequestro delle cose la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione o alienazione costituisca reato, la motivazione può riguardare la sola appartenenza
del bene al novero di quelli confiscabili ex lege» (Sez. U, n. 36959 del 24/06/2021, Ellade, Rv. 281848-01).
Ha evidenziato la sentenza Ellade che «è il parametro della “esigenza anticipatoria” della confisca a dovere fungere da criterio generale cui rapportare il contenuto motivazionale del provvedimento, con la conseguenza che, ogniqualvolta la confisca sia dalla legge condizionata alla sentenza di condanna o di applicazione della pena, il giudice sarà tenuto a spiegare, in termini che, naturalmente, potranno essere diversamente modulati a seconda delle caratteristiche del bene da sottrarre, e che in ogni caso non potranno non tenere conto dello stato interlocutorio del provvedimento, e, dunque, della sufficienza di elementi di plausibile indicazione del periculum, le ragioni della impossibilità di attendere il provvedimento definitorio del giudizio».
Le Sezioni Unite, dunque, hanno stabilito l’obbligo del giudice di motivare sulla sussistenza del periculum in mora anche in caso di sequestro preventivo di cosa confiscabile e tale motivazione non potrà che riguardare il pericolo di dispersione del bene prima della definizione del giudizio, posto che, diversamente, la confisca rischierebbe di divenire impraticabile. Non rilevano, pertanto, né la natura (obbligatoria o facoltativa) della confisca né la funzione concretamente assolta dalla stessa (misura di sicurezza, sanzione, misura amministrativa).
La natura “obbligatoria” della confisca, in sostanza, non rende “obbligatorio” anche il sequestro ad essa funzionale, perché, ai sensi dell’art. 321, comma 2, cod. proc. pen., norma generale e onnicomprensiva, il giudice «può» e quindi non «deve» adottare la misura cautelare.
Va quindi escluso ogni automatismo decisorio che colleghi la pericolosità alla mera natura obbligatoria della confisca, atteso che la necessità di detta motivazione opera, con la sola eccezione delle cose la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione o alienazione costituisca reato, con riguardo sia alla confisca obbligatoria che a quella facoltativa (v., ad es., Sez. 3, n. 9206 del 07/11/2023, dep. 2024, Fiore, Rv. 286021 – 01; Sez. 6, n. 20649 del 15/02/2023, COGNOME, Rv. 284757 – 01; Sez. 6, n. 826 del 29/11/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 284145 – 01; Sez. 3, n. 4920 del 23/11/2022, dep. 2023, Beni, Rv. 284313 01; Sez. 6, n. 48333 del 03/11/2022, COGNOME, Rv. 284073 – 01).
L’ordinanza impugnata ha ipotizzato il pericolo di dispersione dei beni personali in ragione della capacità degli indagati di utilizzare artifici, raggiri “macchinazioni” nonché della prospettiva del processo, con una motivazione riferita al sequestro impeditivo che ha indicato elementi del tutto privi di attinenza con l’esigenza cautelare di cui si è detto.
Il Tribunale, pertanto, si è sottratto all’onere di motivazione circa la “esigenza anticipatoria” e le ragioni della impossibilità di attendere il provvedimento definitorio del giudizio, disattendendo il principio affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte.
L’ordinanza, pertanto, va annullata limitatamente al profilo riguardante la sussistenza dell’esigenza cautelare, per valutare la quale il giudice del rinvio si atterrà al principio statuito nella sentenza Ellade, nei termini sopraindicati.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Reggio Calabria competente ai sensi dell’art. 324, comma 5, cod. proc. pen. Così deciso il 19/12/2024.