Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 4354 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 4354 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a LAMEZIA TERME il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 07/06/2023 del TRIB. LIBERTA’ di CATANZARO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette/SMtite le conclusioni del PG NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 7 giugno 2023 il Tribunale per il riesame di Catanzaro – giudicando in sede di rinvio a seguito di annullamento disposto da questa Corte di Cassazione – ha rigettato la richiesta di riesame proposta nell’interesse di COGNOME NOME avverso il decreto di sequestro preventivo di una quota di beni immobili e di una somma di denaro emesso il 21 giugno 2022 dal G.I.P. del Tribunale di Lamezia Terme, ai sensi dell’art. 321, comma 2, cod. proc. pen., nella ritenuta indiziaria integrazione del reato previsto dall’art. 603-bis, comma 1, n. 2 cod. pen.
1.1. Con precedente ordinanza del 20 luglio 2022 il Tribunale del riesame di Catanzaro, decidendo ai sensi dell’art. 309 cod. proc. pen., aveva confermato il provvedimento di sequestro preventivo emesso a carico di COGNOME NOME, considerando nei suoi confronti sussistente il fumus del reato ascrittogli in ragione di un quadro indiziario comprovante l’intervenuto suo approfittamento dello stato di bisogno, nonché lo sfruttamento delle prestazioni lavorative di numerosi dipendenti, nella rivestita qualità di amministratore di alcune società.
Tale ordinanza era stata annullata da questa Sezione con la sentenza n. 21157/23 del 14 febbraio 2023, di rinvio per nuovo giudizio al Tribunale del riesame di Catanzaro, sul presupposto che il provvedimento con cui era stata rigettata la richiesta di differimento dell’udienza, avanzata ex art. 309, comma 9 -bis, cod. proc. pen. dall’indagato, non fosse suppoitato da adeguata motivazione.
1.2. Il Tribunale di Catanzaro ha, quindi, rigettato la richiesta di riesame del COGNOME, confermando il sequestro preventivo disposto dal G.I.P., stante la ritenuta ricorrenza del fumus commissi delicti, e cioè dei profili obiettivi e soggettivi connotanti la fattispecie prevista dall’art. 603-bis cod. pen.
I giudici del riesame hanno, altresì, ritenuto non rilevante la circostanza, invece dedotta dall’indagato, per cui costui sarebbe stato solo un dipendente delle suddette società, sia pur con mansioni di direttore, e non già il suo legale rappresentante, atteso che il contestato dellitto non costituisce un reato proprio dell’imprenditore, bensì una fattispecie integrabile da chiunque.
Il Tribunale del riesame ha, infine, ritenuto di rilievo, ai fini d collegamento tra il reato ed i beni in sequestro, la circostanza per cui, nel caso di specie, può essere applicata, ai sensi dell’art. 603-bis 2 cod. pen., la confisca per equivalente, con sequestro anche di beni personali.
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione COGNOME NOME, a mezzo del suo difensore, deducendo due motivi di doglianza.
Con il primo ha eccepito violazione degli artt. 309, comma 9-bis, 125, comma 3, e 178, comma 1, lett. c) cod. proc. pen., nonché carenza assoluta di motivazione, lamentando la nullità dell’ordinanza con cui il Tribunale del riesame ha rigettato la sua richiesta di rinvio dell’udienza camerale del 6 giugno 2023, formulata subito dopo aver ricevuto il 2 giugno 2023 la notifica del decreto di fissazione dell’udienza di riesame, non ritenendo giustificato motivo di differimento la prevista assenza, per la fissata data, dell’unico difensore dell’indagato, determinata da un contestuale impegno professionale dinanzi alla Corte di Cassazione. Tale decisione avrebbe violato il disposto dell’art. 309, comma 9-bis, cod. proc. pen., nonché leso i diritti defensionali dell’indagato, peraltro inerenti ad un procedimento cautelare reale, per sua natura non necessitante di una trattazione particolarmente urgente ed indifferibile.
Con la seconda censura il ricorrente ha eccepito violazione degli artt. 125, comma 3, e 321 cod. proc. pen. per mancanza di motivazione in ordine alla ricorrenza del requisito del periculum in mora.
A dire del COGNOME, infatti, il Tribunale per il riesame avrebbe completamente omesso di esaminare la propria attuale situazione fattuale, e quindi la concreta sussistenza del necessario requisito del periculum in mora, mancando di verificare l’eventuale presenza di indici rivelatori (soggettivi o oggettivi) che consentissero di ritenere comprovato il rischio che, nelle more della celebrazione del giudizio, potesse essere vanificata da atti di dispersione del patrimonio la futura esecuzione della confisca. Trattasi di un inadempiuto obbligo motivazionale invece richiesto dalla giurisprudenza di legittimità con riferimento alle ipotesi di sequestro preventivo finalizzato alla confisca obbligatoria, ex art. 321, comma 2, cod. proc. pen.
Il Procuratore generale ha rassegNOME conclusioni scritte, con cui ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.
Il difensore ha depositato successive conclusioni scritte, con le quali ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il secondo motivo di ricorso è fondato, per l’effetto dovendo essere disposto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.
Non accoglibile, invece, è l’introduttiva doglianza, con cui il ricorrente ha lamentato l’intervenuta violazione dei propri diritti difensivi per avere il Tribunale
del riesame rigettato la sua richiesta di rinvio dell’udienza camerale del 6 giugno 2023 senza fornire adeguata motivazione, nonché in virtù di una decisione del tutto erronea ed illegittima, stante l’insussistenza di specifiche ragioni di indifferibilità e di urgenza tali da rendere necessaria l’immediata trattazione del giudizio.
In termini contrari, il Collegio rileva la troncante decisività del principio espresso da questa Corte di legittimità per cui, nel procedimento di riesame di misure coercitive, l’art. 309, comma 9-bis, cod. proc:. pen. attribuisce personalmente all’imputato o indagato, e non al difensore, la facoltà di chiedere il differimento dell’udienza “se vi siano giustificati motivi”, tra i quali non pu essere ricompreso l’impedimento del difensore, tanto più non rilevante versandosi in sede di procedimento camerale ai sensi dell’art. 127 cod. proc. pen. (così, Sez. 3, n. 29980 del 22/02/2019, COGNOME, Rv. 276251-01).
Per come espressamente chiarito nell’indicata pronuncia, la circostanza che l’esercizio della facoltà di chiedere il differimento dell’udienza sia stato personalmente riconosciuto, in modo esclusivo, all’imputato o alla persona sottoposta alle indagini esclude che tra i giustificati motivi possa essere compreso l’impedimento del difensore, costituente fatto proprio di quest’ultimo. D’altro canto, svolgendosi il procedimento in camera di consiglio nelle forme previste dall’art. 127 cod. proc. pen. la partecipazione del difensore è solo eventuale e la sua assenza per concomitante impegno professionale non può assumere alcun tipo di rilievo (così, tra le altre, Sez. 4, n. 14675 del 09/02/2018, Gallo, Rv. 272532-01).
Nel caso di specie, pertanto, il Tribunale del riesame ha correttamente negato la richiesta di differimento dell’udienza, con motivazione adeguata e logica, valorizzando aspetti quali il fatto che, ai sensi dell’art. 127 cod. proc. pen., la presenza del difensore nell’udienza camerale non è indispensabile e che il suo legittimo impedimento non poteva determinare il rinvio dell’udienza, considerato che essa è stata tenuta con rito camerale in assenza di richiesta di trattazione orale.
Con riguardo, poi, alla seconda doglianza, deve essere ribadito come, ai sensi dell’art. 325, comma 1, cod. proc. pen., il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio sia ammesso solo per vizio di violazione di legge. Per come reiteratamente chiarito da questa Corte di legittimità, in tale nozione devono essere compresi sia gli errores in iudicando o in procedendo, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza
e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (cfr., per tutte, Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, COGNOME, Rv. 239692-01),.
Così delimitato il controllo riservato al giudice di legittimità, e ritenuta, pertanto, correttamente posta la dedotta censura, il Collegio ne ravvisa l’intervenuta violazione, riscontrandosi l’eccepita radicale carenza di motivazione in ordine alla sussistenza del requisito del periculum in mora.
In COGNOME proposito, COGNOME infatti, COGNOME assume COGNOME rilievo il COGNOME principio espresso dalla giurisprudenza di legittimità, nel suo più autorevole consesso, per cui il provvedimento di sequestro preventivo di cui all’art. 321, comma 2, cod. proc. pen., finalizzato alla confisca di cui all’art. 240 cod. pen., debba contenere la concisa motivazione anche del “periculum in mora”, da rapportare alle ragioni che rendono necessaria l’anticipazione dell’effetto ablativo della confisca rispetto alla definizione del giudizio, salvo restando che, nelle ipotesi di sequestro delle cose la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione o alienazione costituisca reato, la motivazione può riguardare la sola appartenenza del bene al novero di quelli confiscabili “ex lege” (così, Sez. U, n. 36959 del 24/06/2021, Ellade, Rv. 281848-01; che ha, altresì, chiarito che l’onere di motivazione può ritenersi assolto allorché il provvedimento si soffermi sulle ragioni per cui, nelle more del giudizio, il bene potrebbe essere modificato, disperso, deteriorato, utilizzato od alieNOME).
Orbene, di tale principio non appare esserne stata fatta corretta applicazione nel caso di specie, non avendo il Tribunale del riesame precisato nell’ordinanza impugnata le ragioni di attuale sussistenza di una situazione di periculum tale da rendere necessaria l’anticipazione dell’effetto ablativo della confisca rispetto alla definizione del giudizio.
In ragione delle considerazioni espresse, deve essere disposto, allora, l’annullamento dell’ordinanza impugnata, con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Catanzaro, competente ex art. 324, comma 5, cod. proc. pen.
P. Q. M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Catanzaro competente ai sensi dell’art. 324, comma 5, cod. proc. pen.
Così deciso in Roma il 30 novembre 20:23
Il Consigliere estensore
Il Presidente