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Periculum in mora: necessario per il sequestro

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8388/2025, ha dichiarato inammissibile il ricorso del Pubblico Ministero, confermando che il sequestro preventivo di un bene, anche se finalizzato a una confisca già disposta in primo grado, richiede sempre una motivazione specifica sul periculum in mora. La Corte ha stabilito che l’urgenza di anticipare gli effetti della confisca deve essere dimostrata con elementi concreti e attuali, assenti nel caso di specie dove lo stato del bene era immutato da anni.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Periculum in Mora: La Cassazione Ribadisce la sua Imprescindibilità nel Sequestro Preventivo

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, torna a pronunciarsi su un tema cruciale della procedura penale: i presupposti per l’applicazione del sequestro preventivo. Il fulcro della decisione ruota attorno alla necessità di dimostrare il periculum in mora, ovvero il concreto pericolo che la disponibilità del bene possa pregiudicare l’esecuzione di una futura confisca. Questa pronuncia chiarisce che tale requisito non può mai essere dato per scontato, neppure quando esista già una sentenza di condanna di primo grado che dispone la confisca.

La Vicenda Processuale

Il caso trae origine dal ricorso del Procuratore generale presso la Corte di appello avverso un’ordinanza del Tribunale del riesame. Quest’ultimo aveva negato il sequestro preventivo di un immobile, ritenuto profitto di un reato di turbata libertà degli incanti (art. 353 c.p.), per il quale l’imputato era già stato condannato in primo grado. Sia la Corte d’appello che il Tribunale del riesame avevano rigettato la richiesta del PM per l’assenza di una prova concreta del periculum in mora, cioè del rischio di dispersione del bene.

Il Procuratore ricorrente sosteneva che, essendo già stata disposta la confisca in sentenza, il requisito del pericolo non fosse più necessario o, comunque, fosse implicito nell’esistenza stessa della pronuncia di condanna.

L’Analisi della Corte di Cassazione e il periculum in mora

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato, cogliendo l’occasione per ribadire principi fondamentali in materia di misure cautelari reali. Il sequestro preventivo finalizzato alla confisca, spiegano i giudici, è un provvedimento che incide sul diritto di proprietà prima che la sentenza diventi definitiva (ante iudicatum). Per questa ragione, la sua adozione deve essere supportata da una motivazione che dia conto non solo della confiscabilità del bene (fumus boni iuris), ma anche delle ragioni di urgenza che ne giustificano l’applicazione immediata.

La Regola Generale e le Eccezioni

La Corte ha sottolineato che la necessità di motivare sul periculum in mora è una regola generale che si applica a quasi tutte le forme di confisca, sia essa facoltativa o obbligatoria, diretta o per equivalente. L’unica eccezione, non pertinente al caso di specie, riguarda i beni la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione o alienazione costituisce di per sé reato (es. armi clandestine o droga). Per un immobile, invece, è sempre indispensabile dimostrare il rischio che possa essere venduto, donato o sottratto in altro modo all’esecuzione della confisca.

Le motivazioni della decisione

Nel caso specifico, la Cassazione ha ritenuto corretta e non illogica la valutazione del Tribunale del riesame. Erano trascorsi ben nove anni dai fatti contestati e la situazione dell’immobile era rimasta invariata: era ancora intestato alla stessa società (riconducibile all’imputato) e vi risiedeva la moglie di quest’ultimo. La Procura, d’altro canto, non aveva fornito alcun elemento concreto e attuale che potesse far temere una imminente dispersione del bene. La semplice esistenza di una sentenza di condanna non è, di per sé, sufficiente a creare una presunzione di pericolo. La motivazione del provvedimento cautelare deve basarsi su fatti, non su astratte possibilità.

Le conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza consolida un orientamento garantista, in linea con i principi costituzionali (art. 14 Cost.) che tutelano la proprietà privata. Le implicazioni pratiche sono significative:

1. Onere della Prova: L’onere di dimostrare il periculum in mora grava sempre sulla pubblica accusa, che deve fornire al giudice elementi specifici e attuali, non potendo fare affidamento su presunzioni.
2. Motivazione Rafforzata: I giudici che dispongono un sequestro preventivo devono motivare in modo conciso ma puntuale non solo sul ‘perché’ il bene è confiscabile, ma anche sul ‘perché’ è necessario sequestrarlo subito, anticipando gli effetti della sentenza definitiva.
3. No ad Automatismi: Non esiste alcun automatismo tra condanna (anche se con confisca) e sequestro. La misura cautelare rimane uno strumento eccezionale, da attivare solo in presenza di un’urgenza concreta e dimostrata.

È necessario dimostrare il ‘periculum in mora’ per un sequestro preventivo se è già stata disposta la confisca in una sentenza di primo grado?
Sì, la Corte di Cassazione afferma che il sequestro preventivo, essendo un provvedimento cautelare che incide sulla proprietà prima della sentenza definitiva, richiede sempre una motivazione specifica e concreta sul periculum in mora, anche in presenza di una sentenza di condanna che già dispone la confisca.

Per quale motivo il requisito del ‘periculum in mora’ è così importante?
Perché il sequestro preventivo è una misura che limita il diritto di proprietà prima di un accertamento definitivo della responsabilità (‘ante iudicatum’). Tale requisito rappresenta una garanzia fondamentale, prevista dall’art. 14 della Costituzione, che richiede un atto motivato dell’Autorità giudiziaria per giustificare un’incisione così rilevante sui diritti patrimoniali.

Nel caso specifico, perché la Corte ha ritenuto che non ci fosse il ‘periculum in mora’?
La Corte ha ritenuto insussistente il pericolo perché, a distanza di nove anni dai fatti, la situazione dell’immobile era rimasta invariata: era ancora intestato alla stessa società e vi risiedeva la moglie dell’imputato. La Procura non ha fornito alcun elemento concreto e attuale per dimostrare un rischio di dispersione del bene, rendendo l’appello infondato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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