Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 12224 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 12224 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
INTERDONATO NOME, nato a Caltagirone il DATA_NASCITA;
avverso la ordinanza n. 167/2023 del Tribunale di Salerno del 25 maggio 2023;
letti gli atti di causa, la ordinanza impugnata e il ricorso introduttivo;
sentita la relazione fatta dal AVV_NOTAIO COGNOME;
letta la requisitoria scritta del PM, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME, il quale ha concluso chiedendo la dichiarazione di inammissibilità ricorso;
letta, altresì, la memoria rassegnata dalla difesa del ricorrente, con la qu insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza pronunziata in data 25 maggio 2023 il Tribunale di Salerno, decidendo in funzione di giudice del riesame cautelare dei provvedimenti reali, ha dichiarato inammissibile l’istanza di riesame presentata avverso l’ordinanza di sequestro preventivo, avente ad oggetto la somma di euri 67.746,59, emesso in data 14 marzo 2023 dal Gip del Tribunale di Vallo della Lucania, nell’ambito di una inchiesta giudiziaria coinvolgente, unitamente ad altre persone, COGNOME NOME, in qualità di legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, cui era stato imputato, fra l’altro, il reato di all’art. 10-quater del dlgs n. 74 del 2000, per avere costui, nella indicata qualità, al fine di evadere le imposte, portato in compensazione – attraverso l’utilizzo di modelli di pagamento F24 – con riferimento all’anno di imposta 2021 crediti fittizi intestati alla predetta società.
Avverso tale provvedimento ha interposto ricorso per cassazione l’COGNOME, in proprio, difeso dal suo avvocato di fiducia, affidando le proprie doglianze a 4 motivi di impugnazione.
Con il primo motivo il ricorrente si è doluto del fatto che l’ordinanza del Tribunale di Salerno presenti una motivazione solo apparente in ordine alla sussistenza del fumus commissi delictir; in particolare il ricorrente rileva che il testo della ordinanza sia in ampia parte dedicato alla dimostrazione della sussistenza del fumus quanto al reato associativo ad a condotte delittuose poste in essere fra il 2017 ed il 2020, mentre la posizione del ricorrente e della RAGIONE_SOCIALE riguardante l’anno 2021, viene esaminata esaminata solo in poche righe.
Il successivo motivo di ricorso è articolato con riferimento alla contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione relativamente alla riscontrabilità quanto al caso di specie del fumus commissi delicti; in particolare si rileva che uno dei presupposti reggenti l’accusa di frode fiscale è dato da fatto che la società RAGIONE_SOCIALE non aveva un struttura aziendale né era autorizzata a fornire un servizio di formazione dei dipendenti di altre imprese, avendo conseguito tale autorizzazione solo in data 16 luglio 2020; non si sarebbe, però, tenuto conto del fatto che l’epoca del reato che sarebbe stato commesso dal ricorrente è fissata al 2021, quando, cioè, la RAGIONE_SOCIALE era dotata della autorizzazione necessaria.
Il terzo motivo di impugnazione concerne la circostanza che in sede di riesame era stata lamentata la carenza di motivazione della primigenia ordinanza applicativa della misura cautelare emessa dal Gip di Vallo della
Lucania in ordine alla sussistenza del periculum in mora, essendo richiamata a tal proposito la recente sentenza n. 36959 del 2021 delle Sezioni unite di questa Corte di cassazione, in base alla quale, invece, è necessario che tale elemento, condizionante l’adozione del provvedimento cautelare, sia oggetto di specifica motivazione quanto alla sua sussistenza fin dalla adozione della genetica ordinanza applicativa della misura.
Infine, con il quarto motivo di impugnazione è contestata la violazione di legge per essere stato eseguito il sequestro preventivo nella forma strumentale alla confisca per equivalente in danno dell’attuale ricorrente non a seguito del preventivo insoddisfacente tentativo di eseguire il sequestro sui beni della RAGIONE_SOCIALE, ma immediatamente apprendendo i beni dell’COGNOME.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, essendo risultato lo stesso fondato per quanto di ragione, deve essere accolto e, pertanto, l’ordinanza impugnata deve essere a sua volta annullata con rinvio al Tribunale di Salerno.
Ritiene il Collegio di poter esaminare congiuntamente i primi due motivi di impugnazione in considerazione del fatto che la definizione degli stessi, entrambi segnati dallo stigma della inammissibilità, è argomentata sulla base del medesimo ordine di ragioni.
Deve, infatti, rapidamente rammentarsi che, in materia di impugnazione di fronte a questo giudice della legittimità dei provvedimenti cautelarì di carattere reale, è consentita la formulazione di censure aventi ad oggetto la sola violazione di legge in cui possa essere incorso il giudice che ha adottato il provvedimento posto in discussione; in tale senso, infatti, milita l’inequivocabile disposto dell’art. 325, comma 1, cod. proc. pen. il quale, in fine di periodo, precisa che contro le ordinanze emesse ai sensi degli artt. 322-bis e 324 cod. proc. pen. il ricorso per cassazione è proponibile “per violazione di legge”.
In tale ipotesi, per costante giurisprudenza di questa Corte regolatrice, debbono essere compresi – oltre, come è naturale, i casi in cui viene denunziata l’esistenza di errores in procedendo e in iudicando che abbiano inciso sull’adozione del provvedimento impugnato – anche i casi in cui la motivazione del provvedimento sia inidonea a rendere comprensibile quale sia stato l’iter argomentativo che ha condotto il giudicante ad assumere una determinata decisione, posto che – essendo, appunto, lo scopo della motivazione del provvedimento quello di esternare la ragioni di esso – una motivazione che, per
la sua fumosità ovvero per la sua eccessiva stringatezza o, comunque, per vizi inerenti alla sua comprensibilità, anche materiale (si immagini il caso – oramai superato dalla evoluzione tecnica che ha reso sostanzialmente impraticata la redazione manoscritta dei provvedimenti giurisdizionali – di atto redatto con grafia tale da renderlo materialmente illeggibile: Corte di cassazione, Sezione I penale, 2 maggio 2006, n. 18462; Corte di cassazione, Sezione I penale, 2 marzo 1984, n. 1881), non consenta di raggiungere l’indicata finalità deve considerarsi, per tale ragione, solo apparente e, pertanto, equivalente ad una motivazione omessa.
Essa, in definitiva, in quanto tamquam non esset, sarà tale da integrare il vizio di violazione di legge, per come previsto dall’art. 125, comma 3, cod. proc. pen., il quale, a pena di nullità, prescrive che le sentenze e le ordinanz debbano essere corredate da una motivazione che, si precisa ora, deve essere idonea al raggiungimento del suo, dianzi indicato, scopo.
Si rileva, tuttavia, che, sebbene ampliato rispetto ad una sua nozione di immediata evidenza, il vizio di violazione di legge non è tale da ricomprendere le altre ipotesi di illegittimità connesse alla motivazione del provvedimento che esulino, da punto di vista sostanziale, dai casi di sua materiale omissione grafica ovvero di sua mera apparenza, nei termini dianzi delineati.
Nel caso che ora interessa il ricorrente ha censurato, con il primo motivo di impugnazione, la motivazione resa dal Tribunale di Salerno in sede di riesame cautelare in quanto la stessa sarebbe solo apparente in ordine alla sussistenza, relativamente alla vicenda ora in esame, del fumus commissi delicti; una tale doglianza – la quale è in particolare sviluppata con riferimento al fatto che, nella sua economia espositiva, la ordinanza censurata sia dedicata per la massima parte alla illustrazione della esistenza di un’associazione dedita, attraverso l predisposizione di false documentazioni, alla perpetrazione di frodi fiscali e, solo per una minima parte, ad illustrare la riconducibilità della condotta dell’COGNOME ad un paradigma comportamentale sanzionato penalmente – è, tuttavia, chiaramente mal posta, atteso che, diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente, nella ordinanza ora censurate sono chiarite le ragioni per le quali si è ritenuto che l’COGNOME, in qualità di legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE abbia portato, tramite lo strumento della compensazione fiscale, attraverso l’utilizzo dei modelli di pagamento F24, in deduzione dei crediti verso l’Erario non sussistenti in quanto riferiti alla pretesa deducibilità di costi, invece, n deducibili in quanto riferiti a corrispettivi di prestazioni erogate da un soggett non “abilitato” ai fini del godimento del beneficio della deducibilità di essi.
Ritiene il Collegio che, al di là della sua efficacia persuasiva, che in questa sede – secondo quanto dianzi rilevato in ordine alle limitazioni di competenza cognitiva che sono imposte nella presente fase del giudizio a questa Corte di legittimità – non deve essere neppure posta in discussione, con il provvedimento da esso redatto il Tribunale di Salerno non si sia sottratto all’oner motivazionale su di esso gravante; di tal che il motivo di impugnazione, che per essere ammissibile avrebbe postulato la mera apparenza della motivazione, è, invece, inammissibile in quanto non tale da prospettare un’effettiva violazione di legge.
Per quanto attiene, poi, al secondo motivo di censura – essendo esso expressis verbis articolato sotto il profilo della contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione della ordinanza impugnata – ne afferma questa Corte con sicurezza la inammissibilità, posto che, ribadito quanto già ampiamente illustrato in ordine ai limiti della impugnabilità in sede di legittimità d provvedimenti cautelari reali, è sufficiente ora richiamare, condividendola, l’indicazione giurisprudenziale secondo la quale, in tema di misure cautelari reali, costituisce violazione di legge deducibile mediante ricorso per cassazione soltanto l’inesistenza o la mera apparenza della motivazione, ma non anche la sua illogicità manifesta, di cui è eventuale espressione la sua intrinseca contraddittorietà, ai sensi dell’art. 606, comma primo, lettera e), cod. proc. pen. (Corte di cassazione, Sezione II penale, 8 febbraio 2017, n. 5807; Corte di cassazione, Sezione V penale, 1 ottobre 2010, n. 35532; Corte di cassazione, Sezione VI penale, 20 febbraio 2009, n. 7472).
Fondato è, viceversa, il terzo motivo di ricorso.
Come già in passato segnalato, in altra analoga vicenda, da questa Corte, anche nel presente caso il tema con esso sollevato si innesta nella tematica di recente trattata dalla sentenza n. 36959 del 2021 dalle Sezioni unite di questa Corte, che, nell’affrontare la vexata quaestio relativa alla motivazione del periculum in mora nell’adozione del sequestro di cui all’art. 321, comma 2, cod. proc. pen. ha affermato, superando il pregresso contrasto interpretativo, che il giudice della cautela è sempre chiamato a dar conto, sia che si tratti de sequestro impeditivo disciplinato dal primo comma della norma citata, sia che si tratti del sequestro finalizzato alla confisca, del periculum in mora che giustifica l’apposizione del vincolo (Corte di cassazione, Sezioni unite penali, 11 ottobre 2021, n. 36959).
E’ stato con tale approdo chiarito che, costituendo il periculum un presupposto necessario all’emanazione della misura cautelare reale, grava sul
giudice emittente la misura uno specifico onere motivazionale, sia pur declinato all’interno della specifica figura di sequestro adottato, e perciò correlato, ne caso di cui all’art. 321, secondo comma – a differenza della finalità impeditiva della protrazione delle conseguenze del reato prevista dal primo comma – alla finalità anticipatoria attraverso la quale vengono assicurati al processo i beni suscettibili, secondo le indicazioni legislative, di confisca.
Ciò sta a significare, secondo le indicazioni delle Sezioni unite, che il provvedimento impositivo della misura deve obbligatoriamente spiegare, in linea con la ratio dello stesso istituto, le ragioni per le quali si ritenga di anticipare gli effetti della confisca che, diversamente, troverebbe applicazione solo a giudizio concluso, dando perciò contezza degli elementi in forza dei quali si pone l’esigenza di sottoporre medio tempore la res al sequestro, non potendo attendersi la definizione del processo di merito stante il rischio che allora l confisca possa non essere più praticabile.
Si sottolinea così la necessità che il provvedimento di sequestro finalizzato alla confisca dia motivatamente conto della sussistenza, oltre che del fumus commissi delicti, anche del requisito del periculum in mora, da intendersi, tuttavia, in una accezione strettamente collegata alla finalità del mezzo, volto alla definitiva apprensione del bene al patrimonio dello Stato, evidentemente diversa da quella impeditiva dello strumento di cui al comma 1 dell’art. 321 cod. proc. pen., e alla natura fisiologicamente anticipatoria che il sequestro deve necessariamente assumere, nel corso del processo, rispetto alla stessa confisca.
Tanto premesso, si precisa che, nella odierna fattispecie, le censure formulate dal ricorrente hanno come loro precipuo bersaglio il fatto che, sebbene la ordinanza con la quale il Gip dì Vallo della Lucania aveva disposto il sequestro preventivo, funzionale alla successiva confisca sia nella forma diretta che in quella per equivalente, fosse difettiva quanto alla valutazione della sussistenza del requisito del periculum in mora, il Tribunale, onde ovviare a tale circostanza e nella implicita convinzione che l’ordinanza del AVV_NOTAIO risultava essere adesiva all’indirizzo interpretativo secondo il quale la pericolosità del remorare nell’adottare il provvedimento cautelare sta già nella esigenza di assicurare la materiale effettività alla confiscabilità del bene, aveva, nei fatti, ritenuto potersi avvalere del proprio potere integrativo, provvedendo, pertanto, ad articolare una compiuta motivazione in punto di sussistenza del periculum.
Una tale modalità procedurale era, però, tacciata dal ricorrente di essere violativa di quanto prescritto dall’art. 309, comma 9, cod. proc. pen., a tenore
del quale in sede di riesame si procede all’annullamento della misura cautelare ove la motivazione del provvedimento impugnato non contenga la autonoma valutazione, fra l’altro, delle esigenze che ne condizionano l’adozione.
Tale censura, ad avviso di questo Collegio, coglie nel segno.
Ed infatti, come più volte segnalato da questa Corte, in sede di riesame avverso misure cautelari reali, il Tribunale non può integrare motivazioni assenti, essendo necessario che il provvedimento genetico di applicazione della misura o di convalida della stessa presenti una motivazione che, anche eventualmente attraverso la tecnica della redazione per relationem, dia comunque conto degli elementi posti a fondamento del vincolo e di quelli a discarico rappresentati dalla difesa, al fine di consentire l’esercizio del funzione di controllo a cui il Tribunale del riesame è deputato, nel rispetto dei parametri identificati dal combinato disposto degli artt. 324, comma 7, e 309, comma 9, cod. proc. pen. (Corte di cassazione, Sezione II penale, 24 febbraio 2020, n. 7258; Corte di cassazione, Sezione VI penale, 8 marzo 2018, n. 10590).
Fatta questa prima considerazione, si osserva che la doglianza formulata dal ricorrente attiene alla circostanza che, il Tribunale del riesame avrebbe, attraverso l’uso dei suoi poteri integrativi, sostanzialmente eluso la risposta a motivo di censura che, in sede di originario ricorso, era stato dedotto avverso l’originaria ordinanza applicativa della misura.
Si lamenta, in altre parole, il fatto che il Tribunale avrebbe, in sostanza, ritenuto innescati i suoi poteri integrativi, senza avere prioritariamente dato atto, pur a fronte di uno specifico motivo di censura al riguardo, che il provvedimento genetico, sia pure in forma “larvata”, conteneva una motivazione che enunciasse le ragioni della cautela, ancorché redatta in forma stringata ed espressa per relationem in adesione alla richiesta cautelare formulata dall’organo della pubblica accusa.
E’, in primo luogo, evidente che la fondatezza di tale censura deve essere soggetta da questa Corte ad un primo vaglio in funzione della ampiezza da attribuirsi ai poteri integrativi spettanti al Tribunale in sede di riesame, posto che, ove questi poteri fossero tali da consentire la surroga di una motivazione mancante, più che la integrazione di una motivazione che, seppure claudicante, ha una sua articolata espressione, la doglianza ora articolata non avrebbe pregio, posto che, in ogni caso, l’eventuale vizio della ordinanza genetica
sarebbe stato sanato dalla motivazione contenuta nel provvedimento del giudice del riesame.
Ritiene il Collegio di dovere aderire, pur nella consapevolezza della esistenza di una recente pronunzia in senso contrario, all’indirizzo più rigoroso, secondo il quale il potere di integrazione del Tribunale del riesame, per essere legittimamente esercitato – lungi dal consentire al giudice del riesame di surrogarsi in toto al giudice della adozione della cautela – presuppone l’esistenza nella ordinanza di una motivazione che, come detto (anche, eventualmente, attraverso la tecnica della redazione per relationem) dia conto degli elementi posti a fondamento del vincolo, al fine di consentire l’esercizio della funzione di controllo a cui il Tribunale del riesame è deputato (Corte di cassazione, Sezione V penale, 10 gennaio 2018, n. 643).
Né ad una diversa decisione ritiene il Collegio che si debba pervenire in funzione della peculiarità della fattispecie, essendo questa relativa ad una materia in relazione alla quale, sino al momento anteriore alla dianzi citata pronunzia delle Sezioni unite di questa Corte n. 36959 del 2022, era presente, come rilevato, un contrasto giurisprudenziale.
Non pare, infatti, condivisibile la tesi, diversa se non contraria a quella ora ritenuta conforme a diritto, posta a sostegno di altra, recente, decisione resa da questa Corte in una del tutto analoga, seppure distinta fattispecie.
In tale occasione la Corte ebbe a precisare che il provvedimento allora in questione reso dal Gip era stato emesso nella convinzione che nessuna motivazione fosse necessaria sul punto concernente il periculum in mora, e, pur tuttavia, ritenne legittima l’attivazione del potere integrativo del Tribunale de riesame sulla scorta del rilevo che il silenzio serbato dal Gip in occasione della adozione della misura cautelare era legato, appunto, al convincimento, peraltro non isolato, secondo il quale nel disporre il sequestro finalizzato alla confisca fosse sufficiente la sola verifica dell’inclusione del bene da sequestrare tra l cose oggettivamente suscettibili di confisca, potendo, in altre parole, la stessa ontologica sua confiscabilità integrare la oggettiva pericolosità della libera conservazione del bene da parte dell’indagato, tanto più ove la confisca fosse prevista, come si verifica anche nel caso che ora interessa, come obbligatoria; da tale rilievo la Corte, nella occasione in discorso, trasse la conclusione che, essendo la motivazione della ordinanza genetica viziata da un errore di diritto giustificato dalla esistenza di un contrasto interpretativo (avendo, in sostanza, il AVV_NOTAIO optato per la ermeneusi normativa poi risultata recessiva) legittimamente il Tribunale del riesame aveva fatto uso dei propri poteri integrativi andando ad (
interpolare, con proprie argomentazioni, la motivazione resa in termini omissivi sul punto ora in esame in occasione della adozione della ordinanza applicativa della misura (nel senso dianzi ampiamente descritto: Corte di cassazione, Sezione III penale, 21 ottobre 2022, n. 39846).
Ritiene il Collegio di non dovere aderire, quanto alla presente fattispecie, alla tesi esposta; invero, in disparte ogni considerazione sulla condivisibilità dei principi appena riportati, occorre rilevare che gli stessi: a) presuppongono un’espressa affermazione nel provvedimento genetico in ordine alla non necessarietà della motivazione in ordine al periculum in mora; b) sono stati espressamente enunziati in riferimento ad un decreto di sequestro preventivo emesso, diversamente da quello ora in discorso, anteriormente alla pronuncia delle Sezioni unite di questa Corte n. 36959 del 2021, ossia in un momento in cui, secondo il convincimento ampiamente prevalente della giurisprudenza, ai fini del sequestro finalizzato alla confisca sarebbe stato sufficiente la sola verifica dell’inclusione del bene da sequestrare tra le cose oggettivamente suscettibili di confisca (così, Corte di cassazione, Sezione III penale, 21 ottobre 2022, n. 39864).
Deve, perciò, ritenersi che l’ampiezza della potestà integrativa del Tribunale del riesame deve essere rapportata, sotto il profilo della completezza motivazionale della ordinanza con la quale sia stata disposta una misura cautelare reale, all’avvenuta espressione, sia pure concisamente resa, delle ragioni, anche riferite alla esistenza del pericolo nel ritardo, che rendono necessaria l’anticipazione dell’effetto ablativo della confisca prima della definizione del giudizio.
Solo ove tale condizione sia stata, sia pure in termini non pienamente soddisfacenti, rispettata, si potrà parlare di potere integrativo, dovendo, altrimenti, parlarsi di illegittima surroga.
A conclusione di tale esposizione, si osserva, che con l’ordinanza sopra impugnata il Tribunale di Salerno ha, in termini apparentemente del tutto nuovi ed autonomi, articolato le ragioni in forza delle quali, stante la sussistenza del pericolo, si imporrebbe la necessità della adozione della misura cautelare.
Così operando esso ha, però, omesso del tutto di verificare, in tal modo eludendo il motivo sulla base del quale la ordinanza genetica era stata assoggettata al riesame, l’esistenza o meno di una qualche – ancorché, come detto, succinta e redatta per relationem rispetto alla originaria richiesta del Pm
motivazione già resa sul punto relativo al pericolo nel ritardo dal Gip di Vallo della Lucania.
Infatti, come detto, solo nel caso in cui siffatta motivazione redatta dal Gip fosse presente – cosa questa che compete al giudice del rinvio controllare – della stessa, ove non pienamente esplicitata, sarebbe legittimamente consentita la meglio articolata esposizione, non potendosi, invece, procedere ad alcun intervento da parte del giudice del riesame, essendo questo sostanzialmente surrogatorio, ove la carenza argomentativa del provvedimento genetico postulasse, invece, illegittimamente, la redazione ex novo della motivazione in punto di sussistenza del periculum in mora.
Il provvedimento impugnato va, pertanto, annullato, essendo assorbito il restante motivo di impugnazione, afferente – quale che ne sia in concreto la ammissibilità – ad un profilo esecutivo della ordinanza applicativa della misura che, ovviamente, ne presuppone la validità ed efficacia, con rinvio, per nuovo esame, al Tribunale di Salerno che, in diversa composizione personale, ovvierà alla omessa motivazione sul punto fondamentale costituito dalla risposta da fornirsi ad una delle ragioni di riesame sollevate dal ricorrente in sede di doglianza cautelare; omissione che, come segnalato, mina la legittimità della ordinanza impugnata.
PQM
Annulla la ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Salerno competente ai sensi dell’art. 324, comma 5, cod. proc. pen.
Così deciso in Roma, il 14 novembre 2023
Il AVV_NOTAIO estensore
GLYPH Il Presi